Penna: “La Festa della Liberazione è ‘divisiva’ solo per i nostalgici dell’uomo ‘forte’”

Renzo Penna – Cerco di dare una risposta, sotto il profilo storico, a due questioni ricorrenti che si pongono, entrambe, un obiettivo strumentale: la prima di mettere in discussione la Festa del 25 aprile, la seconda di considerare in maniera benevola il Fascismo e l’opera di Mussolini.
a) – Periodicamente c’è chi punta a considerare il 25 aprile una festa di parte, ritenendola ‘divisiva’. Vediamo, allora, perché si celebra il 25 aprile come “Festa Nazionale della Liberazione” e chi lo ha deciso. L’occupazione tedesca e fascista in Italia non terminò in un solo giorno, ma si ritiene il 25 aprile come la data simbolo della Liberazione perché quel giorno del 1945 coincise con l’inizio della ritirata da parte dei militari della Germania nazista e dei fascisti della Repubblica di Salò dalle città di Torino e di Milano; dopo che la popolazione si era ribellata e i partigiani avevano organizzato un piano coordinato per riprendere le città.
La nostra Provincia, ad esempio, si liberò completamente il 29 aprile ’45 con la resa dei tedeschi a Valenza, mentre il pomeriggio del 28 venne firmata la resa ad Alessandria – all’interno della Cattedrale – dal generale tedesco Hildebrand e, per i partigiani, da Luigi Longo, l’ammiraglio Girosi e il prefetto Livio Pivano. Ma per la vera pace si dovette attendere l’8 maggio con la definitiva resa della Germania. La decisione di scegliere il 25 aprile come “Festa Nazionale della Liberazione” fu presa il 22 aprile del 1946, quando il governo italiano provvisorio, guidato da Alcide De Gasperi, propose la data che fu stabilita con decreto da Filippo II di Savoia, in quanto era ancora in vigore la monarchia. La data fu fissata in modo definitivo nel maggio 1949, sempre su proposta di De Gasperi come presidente del Consiglio e dopo che nel giugno 1946 gli italiani con un referendum avevano deciso la fine della monarchia e l’inizio della Repubblica. Con la firma del liberale Luigi Einaudi, primo Presidente della Repubblica eletto secondo la Costituzione (Camera e Senato in seduta congiunta, senza, ancora, i rappresentanti delle Regioni). Enrico De Nicola, come Einaudi un liberale, in assoluto il primo Presidente, era stato indicato dall’Assemblea Costituente e rimasto in carica solo quattro mesi. Quindi la proposta del 25 aprile come Festa Nazionale è stata proposta per due volte dal Democratico Cristiano Alcide De Gasperi, nel ruolo di capo del Governo, e condivisa, la prima volta, dal monarchico Filippo II di Savoia e la seconda dal liberale Luigi Einaudi, dopo l’unanime approvazione del Parlamento.
b) – Il secondo argomento, anch’esso strumentale, si propone di dimostrare che “Mussolini e il Fascismo hanno fatto anche cose buone” e la guerra sia stata una sorta di incidente di percorso. Un luogo comune di recente ripreso anche da un politico con importanti responsabilità in sede europea che è stato, poi, costretto a precisare e smentire. Perché in Europa non ci perdonano d’essere stati il Paese che, per primo, ha ‘inventato’ il Fascismo.
Chi fa queste affermazioni giustifica, nella sostanza, la dittatura come forma di governo e considera ‘normale’ la mancanza della libertà. Il Fascismo in Italia, con la responsabilità della Monarchia e il sostegno degli agrari, si è imposto con la violenza, mettendo fuori legge tutti i partiti, sciogliendo i sindacati, assaltando le Società operaie e le Camere del Lavoro. Gli avversari politici sono stati incarcerati, o mandati al confine politico, sin dai primissimi anni del regime: Antonio Gramsci, Sandro Pertini, Vittorio Foa, Don Luigi Sturzo (fondatore del Partito Popolare, esiliato nel 1924), Piero Gobetti (liberale, morto nel ’26 in Francia).
La dittatura ha eliminato chi denunciava i misfatti del Fascismo: Giacomo Matteotti, assassinato nel giugno del 1924; Giovanni Amendola, aggredito da una squadraccia nel ‘25 e morto, in conseguenza delle percosse, nel 1926, esule in Francia; I fratelli Rosselli (Carlo e Nello) assassinati in Francia nel 1937; Leone Gisburg, più volte arrestato, torturato e morto in carcere nel ’44. Nel ventennio 42 oppositori politici della dittatura sono stati fucilati su sentenza del tribunale Speciale.
E la guerra con la Germania nazista non è stata un incidente, ma perseguita e voluta sin dall’inizio: “libro e moschetto” era ciò che il regime proponeva ai ragazzi sin dalle prime scuole. E poi sono del 1935-’37 i fatti tragici di cui si parla meno: – gli 80.000 libici sradicati dal Gebel con le loro famiglie e condannati a morire di stenti nelle zone desertiche della Cirenaica dal generale Graziani; – i 70.000 abissini barbaramente uccisi nel corso della impresa Etiopica anche con l’utilizzo dei gas asfissianti. Responsabilità, condivisa con Graziani, anche dal maresciallo Badoglio.
E, ancora, le leggi razziali approvate nel 1938.
La stragrande maggioranza degli storici, non solo italiani, al contrario di chi, a tutti i costi, vuole trovare cose buone nel Fascismo, ritengono che: Mussolini fu un pessimo amministratore, un modestissimo stratega, tutt’altro che un uomo di specchiata onestà, (per non parlare della corruzione dei Gerarchi), un economista inetto e uno spietato dittatore. Il risultato del suo regime ventennale fu un generale impoverimento della popolazione italiana, un aumento vertiginoso delle ingiustizie, la provincializzazione del paese e, infine, una guerra disastrosa.
Una guerra che ha avuto come conseguenza: – 350.000 militari e ufficiali italiani caduti o dispersi; – 45.000 deportati politici e razziali nei campi di sterminio, 15.000 dei quali non hanno fatto più ritorno; – 640.000 militari italiani internati militari nei lager tedeschi. Tra costoro 40.000 moriranno nei campi, mentre il resto dei prigionieri di guerra languiranno per anni patendo la fame e il freddo rinchiusi tra i reticolati, sparsi nei diversi paesi europei; – decine di migliaia i civili (circa 150 mila) sepolti vivi tra le macerie dei bombardamenti delle città.
Alessandria, 26 aprile 2015

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