La giovinezza politica di Riccardo Lombardi (1919-1049) di Luca Bufarale

COP Bufarale Lombardi 2014E’ in stampa il libro “La giovinezza politica di Riccardo Lombardi” di Luca Bufarale – Viella Editore, 416 pagine. Di seguito la Presentazione dell’Associazione LABOUR.

Con il documentassimo studio di Luca Bufarale su Riccardo Lombardi si ripropone con evidenza la questione “Lombardi”, non solo per la forte componente etica e morale dei suoi comportamenti e del suo carattere
– che al giorno d’oggi sarebbero, da soli, più che sufficienti per indicare un modello – ma con riferimento altresì alla crisi attuale della sinistra. Sul primo aspetto è sufficiente ricordare – come fa l’autore – la rivendicazione di autonomia che Lombardi afferma, per conto del Comitato di Liberazione, nei confronti del generale alleato Hume, che a Milano, nel 1945, lo nomina prefetto e, con analoga motivazione, il rifiuto, nel maggio dello stesso anno, ad incontrare il luogotenente del regno Umberto di Savoia. Molti personaggi – non solo in Italia – si sono posti la questione della transizione verso una società socialista assumendo i principi della libertà e dell’eguaglianza non solo come buoni propositi per il dopo, ma come strumenti, essi stessi, dell’azione politica quotidiana per quella transizione.
È sulla spinta di questi valori che Lombardi compare nelle cronache
politiche sin dai primi anni Venti, spesso con un’attività molto vicina alle
iniziative del sindacato e ancora prima di manifestare un’adesione ad una
organizzazione politica.
In definitiva il periodo storico affrontato nello studio di Luca Bufarale
– dal 1919 al 1949 – comprende il mondo della formazione politica di
Lombardi e della sua affermazione come personaggio politico di grande
prestigio. Lo sforzo di “liberarsi”, appena uscito dalla giovinezza, dai limiti
della cultura cattolica, che era stata la base seria ed approfondita dell’educazione
familiare, attraverso il doppio indirizzo di Croce e della letteratura
marxista. E l’insegnamento di Marx, si sostiene, risulterà fondamentale a
Lombardi per comprendere le origini della crisi economica del ’29 e per
inquadrare storicamente fenomeni come l’imperialismo, il colonialismo e
lo stesso fascismo. Emergono, infatti, le straordinarie doti di analisi e di elaborazione programmatica, con una capacità di guardare l’azione politica non nei limiti
temporali ristretti, ma con una lungimiranza straordinaria e insolita per il
nostro paese. Un periodo del tutto particolare della storia d’Italia, un periodo
dove anche la formazione politica rappresenta una scelta culturale non
certo agevolata dal contesto. Il giovane Lombardi partecipa alle attività
della Resistenza entrando in contatto con i suoi maggiori esponenti presenti
sul territorio nazionale, compresa la cerchia familiare di Gramsci, sino
alla costituzione del Comitato di Liberazione Nazionale. Dall’adesione a
formazioni politiche di stampo cattolico, in linea con l’educazione familiare,
Lombardi si sposta verso posizioni nelle quali l’impegno sociale si
collega in maniera più razionale all’elaborazione e all’iniziativa politica
sino alla costituzione del Partito d’Azione, di cui diviene uno degli esponenti
di maggior prestigio.
Questa storia, nel racconto di Bufarale, si conclude negli anni 1948-
1949 con la fine del Partito d’Azione, la sua adesione al Psi e l’elaborazione
in quel partito del progetto di autonomia socialista, ancora in presenza
del prevalere delle posizioni del fronte comune con il Partito comunista.
Un passaggio essenziale sostenuto da Lombardi come precondizione per la
costruzione di una società socialista nel nostro paese. È da quel momento
che si può far iniziare un nuovo capitolo della storia di questo paese. Come
ci ricorda l’autore: «il 1948-1949 appare, in genere, nelle ricostruzioni
di storia italiana, come il biennio che segna l’uscita del paese dal dopoguerra
». Una novità segnata a sinistra dalla fine del Fronte e, a destra, dal
«consolidamento del potere democristiano, dalla restaurazione liberista e
dall’ingresso nell’alleanza occidentale». Anche nella vicenda personale di
Lombardi il 1949 può essere visto come un’importante cesura, non tanto
per la scelta – di fatto già presa tre anni prima – di dedicarsi totalmente alla
politica abbandonando l’attività professionale, quanto per la decisione di
rimanervi pur nella consapevolezza del mutamento del clima politico e del
diverso tipo di impegno che la prolungata militanza nel Partito socialista
gli richiederà.
L’autonomismo lombardiano non è una dichiarazione di indipendenza
dal Pci di allora o una polemica con il prevalente frontismo dello stesso
Psi, ma la traduzione di una strategia e di una conseguente elaborazione
progettuale sviluppata negli anni, che non intendeva rinviare ad un tempo
indeterminato il ruolo e l’iniziativa politica del Psi. La posizione di
subordinazione del Pci all’Urss era evidentemente incompatibile con tale
prospettiva e, peraltro, le critiche sia all’Unione Sovietica che a Stalin erano
tali da costituire una divergenza su aspetti di principio. Si tratta della
linea dell’alternativa socialista la quale avrà come primo obiettivo la realizzazione
di un governo di centro-sinistra. Una linea che indica nel compromesso
con la Dc una scelta tattica valida nei limiti in cui consentiva la
realizzazione di riforme di struttura tali da spostare gli equilibri economici
e sociali interni. E che avrebbe avuto al suo termine e come sviluppo, l’alternativa
di sinistra.
La distinzione dal Pci in Lombardi indica una posizione dialettica che
non comprenderà mai l’anticomunismo e lo porterà, anzi, a difendere in
più occasioni la piena legittimità del Pci come forza di governo. Se mai di
quel partito egli critica, come riporta l’autore, i «cedimenti verso destra»
che conseguono dalla sua politica di unità dei partiti di massa. È soprattutto
la “spregiudicatezza” di certe iniziative di Togliatti, tesa a mettere le
altre forze di sinistra di fronte al fatto compiuto, ad essere percepita come
foriera di rischi.
Il rapporto con il sindacato e l’unità sindacale resterà per Lombardi un
valore politico permanente, come testimonia l’attenta ricostruzione di quegli
anni presentata da Bufarale. In particolare la scissione della corrente democristiana
che nel ’48 porterà alla fine dell’unità sindacale viene definita
una «vera sciagura» che i socialisti, d’accordo con Di Vittorio, hanno fatto
il possibile per scongiurare. Ma è con la Lettera aperta alla Confederazione
Generale del Lavoro che Lombardi, nel 1946, da segretario del Partito
d’Azione, propone in maniera esplicita al sindacato confederale di farsi
carico dell’elaborazione di una politica economica, di superare una linea
ancora troppo “corporativista”, adagiata sulla difesa dei settori meglio protetti
a scapito delle categorie più svantaggiate e dei disoccupati e di diventare,
addirittura, un soggetto politico autonomo. Superando le mediazioni
fra le correnti politiche che paralizzano la confederazione e rappresentano
un forte limite alla libertà d’azione e di scelta degli stessi lavoratori. Sono
i concetti, le posizioni, i principi che quarantatré anni dopo – a Firenze nel
novembre del 1989 – Fausto Vigevani sosterrà alla Conferenza di Organizzazione
della Cgil, in quello che probabilmente è stato il suo intervento
più bello: «Penso a una Cgil che fa il suo mestiere […]. Un lavoro guidato dai valori della solidarietà, dell’eguaglianza, è un grande mestiere per
una grande politica! […]. Con un sindacato generale, cioè non subalterno,
non corporativo, non residuale, forte perché si radica nei luoghi di lavoro,
perché assume il lavoro e il Sud come questione generale […]. Insomma
una Cgil unita perché autonoma, autonoma perché unita, unita e autonoma
perché profondamente democratica».1
Con la strategia di Lombardi si ripropone concretamente nella scena
politica italiana di oggi una questione storica: come realizzare le condizioni,
attraverso le quali, un partito di sinistra possa e debba partecipare
al governo del paese senza trasformarsi in un supporto alla conservazione
dei rapporti economici e sociali di partenza. E senza, nel contempo,
venir meno al rispetto dei valori e dei principi che sono alle fondamenta
del movimento socialista, ma realizzando quelle trasformazioni dell’economia
capitalistica tali da correggerne la struttura classista e gli squilibri
economici e sociali sui quali si regge. Una questione che sino ad allora
aveva avuto due risposte: quella presente nella versione dell’Urss e quella
socialdemocratica. Due risposte insoddisfacenti per motivi notoriamente
molto diversi ed opposti. La prima – già in partenza contraddittoria con le
premesse – si sarebbe conclusa nell’89 con la caduta del Muro di Berlino,
la seconda, coinvolta nelle politiche keynesiane e nelle sollecitazioni politiche
della sinistra e del sindacato, ma sovente utilizzata come supporto per
la risoluzione delle difficoltà e degli errori del sistema, piuttosto che come
forza di cambiamento.
L’attualità della figura di Lombardi nasce da queste due crisi, ma soprattutto
dal fatto che dal fallimento della prima non ne è risultato un rafforzamento
della seconda, come “logicamente” avrebbe dovuto avvenire.
Si è invece avuta l’invenzione di una terza ipotesi che ha ben pochi riferimenti
storici e culturali, sia in Italia che in Europa. Una risposta che si
colloca a destra dell’alternativa immaginata da Lombardi, ma che si deve
misurare con la sostanziale accettazione del liberismo, in un momento,
oltretutto, nel quale tale teoria economica sta maturando una crisi tra le
più pesanti della sua storia. La ragione di un simile ottuso “errore” resta
tutt’ora in attesa di un chiarimento, mentre di fatto lascia sul terreno, più
naturale per la sinistra, solo la proposta dell’ingegnere di Regalbuto.
1. Pasquale Cascella, Giorgio Lauzi, Sergio Negri, Fausto Vigevani: la passione, il
coraggio di un socialista scomodo, Roma, Ediesse, 2004.
Forse questo paese non avrebbe perso un paio di decenni, non avrebbe
vissuto le vicende della fine della Prima Repubblica e quelle della Seconda,
con i drammatici effetti sociali e culturali che stiamo vivendo, se si fosse
accettato il rigore intellettuale e il terreno della riflessione riformatrice
di Riccardo Lombardi. Una ricerca mai compiaciuta dei risultati raggiunti,
sempre ansiosa del rinnovamento necessario, di nuove strade, di più giusti
ed avanzati equilibri sociali e politici.
Un terreno e una proposta tutt’ora attuali e a disposizione.”

Associazione Labour «Riccardo Lombardi» – Roma
www.labour.it

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