IL “FENOMENO” VENDOLA

di Renzo Penna

4 novembre 2010

Nichi Vendola, dopo il primo Congresso di “Sinistra Ecologia e Libertà” che si è tenuto a Firenze dal 22 al 24 ottobre, concede una intervista al “Sole-24 Ore, il giornale degli imprenditori, nella quale non lesina le critiche a Marchionne per i pochi investimenti della Fiat in innovazione e per la messa in discussione, nelle sue fabbriche, del diritto alla salute o allo sciopero con l’alibi dell’assenteismo. Esorta la Confindustria ad essere meno timida nei confronti di un Governo che non ha una politica industriale, che taglia 8,5 miliardi alla scuola e 1,4 all’università e, da parte sua, propone finanziamenti in favore delle imprese che incentivino la crescita dimensionale, lo sviluppo qualitativo, la formazione permanente e l’ambientalizzazione degli apparati produttivi.

Nella sostanza una visione della competitività che sappia coniugare sapere e lavoro cercando un compromesso avanzato tra economia ed ecologia in grado di favorire una nuova politica industriale. E come concreto esempio di una politica capace di responsabilizzare gli imprenditori e il sistema produttivo, cita la legge approvata nella sua regione sui finanziamenti per i distretti industriali di filiera e la creazione di quelli tecnologici messi al servizio delle imprese.

Alberto Statera, che per “la Repubblica” si occupa del caso, registra i giudizi di un gruppo rappresentativo di imprenditori sui contenuti dell’intervista e, un po’ a sorpresa, constata che molti sono positivi e apprezzano – al di là dell’appartenenza politica – il pragmatismo dimostrato dal presidente nella gestione della regione Puglia. E si interroga su cosa sia questo fenomeno che rischia di scombussolare i luoghi comuni della politica italiana:“Operai di Pomigliano e imprenditori del nord, cassintegrati e banchieri, proletari e rentiers, tutti pazzi per Vendola?”. Negli stessi giorni “L’espresso” mette Vendola in copertina e lo intervista sul fondamentale dilemma se debba o meno togliersi l’orecchino. 

La risposta non è semplice. Avendo preso parte come delegato ai lavori del Congresso di SEL mi limito a qualche personale considerazione sul suo andamento e sulle impressioni ricavate in un appuntamento che ha registrato un interesse non consueto e una palpabile partecipazione emotiva.

Vendola è oggi il leader indiscusso di SEL. La manifestazione è stata contrassegnata il venerdì dalla sua  relazione in apertura del congresso – due ore di un impegnativo e completo intervento a braccio – e l’attesa per le conclusioni della domenica. Quando il teatro tenda Saschall sul Lungarno si è riempito oltre la capienza e una parte di pubblico ha dovuto seguire i lavori dagli schermi posti all’esterno. Questo sta a significare che tutti in “Sinistra Ecologia e Libertà” la pensano come il riconfermato presidente della Puglia? Molto probabilmente no. In particolare, sul ruolo, la struttura e le prospettive del partito. Che Vendola vede come uno strumento – come “un seme”- per una politica della sinistra proiettata nel futuro, paventando, a ragione, gli atteggiamenti difensivi, solo protestatari, le chiusura in vecchie appartenenze ideologiche da abbandonare e che spesso si mantengono solo per giustificare pretese su ruoli e  incarichi.

Un partito che vuole guardare avanti, con curiosità al nuovo e al quale non basta e non è sufficiente il solo termine di “sinistra”, a cui serve affiancare il senso e il significato profondo delle parole “ecologia” e “libertà” che non sempre e non ovunque sono andate d’accordo con le azioni e i comportamenti della sinistra. Quindi non un piccolo partito isolato nelle sue certezze, minoritario e incapace di influire sulle decisioni che ormai vengono prese in una dimensione sovranazionale, ma la necessità per la sinistra di grandi formazioni nazionali collegate a movimenti internazionali. Da qui l’attenzione di Vendola a ciò che capita nei partiti socialisti europei: alle novità in atto tra i laburisti inglesi e in Germania alla Linke, ma anche al dibattito presente nella SPD.

In questa impostazione nel nostro paese l’ambizione di SEL è costituita dalla sfida per l’egemonia nei confronti di un centro sinistra segnato da una compatibilità subalterna che non ha contrastato, ma subito se non assecondato le politiche liberiste. Che da quindici anni è sotto scacco, incapace di reagire e contrastare l’onta del leghismo e del berlusconismo. E che: “…d’istinto tra Marchionne e gli operai pensa di dover comunque stare con Marchionne”.  Una sfida che si basa su alcune precise e trasparenti priorità:

a) la centralità del lavoro manuale e intellettuale come questione decisiva che non deve peggiorare sull’altare di una modernità regressiva. Fermando la deriva e la disarticolazione della scuola e dell’università pubblica;

b) i diritti, la democrazia nei posti di lavoro, la dignità e la sicurezza, il superamento della precarietà e l’intransigenza nei confronti di un ritorno allo sfruttamento e alla mercificazione;

c) l’ambiente e la sua tutela, la salvaguardia dei beni comuni, il rispetto dei limiti per uno sviluppo basato sulla qualità e la sostenibilità di processi e prodotti. Nell’energia il risparmio e la diffusione di fonti rinnovabili compatibili con il territorio;

d) la radicalità della non violenza e la vita umana come valore assoluto.

E su questo impianto l’apertura di un confronto di merito con tutto il centro sinistra e l’insieme delle forze associative sociali, sindacali e ambientali.

Particolarmente consonante con questa impostazione è risultata la mattina di sabato del congresso con gli interventi davvero molto apprezzati dai delegati del Segretario uscente della Cgil Guglielmo Epifani e di quello della Fiom Maurizio Landini. Interventi che hanno posto l’accento non su dispute ideologiche, ma sulle concrete condizione dei lavoratori oggi e sulle incertezze per il futuro soprattutto dei più giovani. Nell’assenza completa del ruolo e dell’azione del governo, nella disattenzione di gran parte della politica e dell’informazione impegnata a rappresentare un mondo virtuale, con troppi “esperti” che parlano di produttività, di pause e di salari senza aver mai varcato i cancelli di una fabbrica, o mai visto in funzione una catena di montaggio. Dai loro interventi è emersa la necessità e il bisogno, in primo luogo per i lavoratori che vivono le conseguenze di una crisi gravissima, di un sindacato autonomo e unitario. Utile alla democrazia e all’unità del Paese.

Non quindi una fenomenologia – è la mia risposta –  quella del personaggio Nichi Vendola, ma una importante risorsa, in primo luogo, per SEL, ma a disposizione di tutti coloro che nel centro sinistra che non si accontentano delle sconfitte onorevoli, ma vogliono cimentarsi nel governo del paese con un proprio progetto. Senza ritenere che si possa vincere nascondendo o facendo a meno dei valori di fondo della sinistra: l’eguaglianza, la giustizia sociale, la legalità, la questione morale, o pensando al Nord di fare un po’ come la Lega per ridurre la sua presa e la sua influenza sui ceti popolari.

La proposta, insomma, di una sinistra per l’oggi e per il domani che dice le cose che pensa e che fa quello che dice, senza infingimenti e che ha bisogno, più di ogni altra cosa, del ritorno della passione nella politica.

Alessandria, 4 novembre 2010

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