Il voto alla FIAT

di Mauro Beschi

16 gennaio 2011

Il voto dei lavoratori a Mirafiori, dopo settimane di scontri, polemiche, mistificazioni,  ripropone una serie di riflessioni riguardo la attuale condizione del lavoro.

In primo luogo il voto pone una questione etica e politica: di fronte ad una drammatizzazione che vuole mettere sulle loro spalle decisioni che assumerebbero addirittura dimensioni epocali, i lavoratori esprimono un orientamento che riporta in primo piano la concreta materialità dei processi produttivi e del lavoro, le cui condizioni venivano espunte da ogni discussione, e un livello di dignità e  coscienza di se che dovrebbe essere di esempio a classi dirigenti sempre più pompose quanto insignificanti.

Verrebbe da dire che più ancora che l’esito del voto sia impressionante come la dinamica degli avvenimenti abbia riportato al centro del palco il merito dei problemi con le sue articolazioni e contraddizioni. Ritorna il lavoro, ritorna la politica industriale (che non c’è), ritorna il conflitto sulle impostazioni alternative di politica economica, ritorna la contraddizione tra capitalismo e democrazia, ritornano soggetti sociali in carne ed ossa, con le loro ansie, paure ma anche con la loro straordinaria domanda di giustizia, eguaglianza, solidarietà, umanità e civiltà.

Inoltre, la vicenda Fiat ripropone altre considerazioni:

  • Quando il sindacato è diviso il potere contrattuale diminuisce e si rendono praticabili attacchi alla condizione di lavoro, all’ esercizio della rappresentanza, alla dignità delle persone e persino a  diritti considerati fino a prima non disponibili;
  • Quando i modelli contrattuali diventano lo strumento non per regolare condizioni e prerogative ma, essenzialmente, per consentire la loro deroga, il processo che si può innescare è tale da non poter essere più governato dalle stesse Parti che lo hanno condiviso;
  • Se non si ricostruisce un sistema di regole non esiste alcuna possibilità di invertire il declino del Paese o di realizzare quelle riorganizzazioni dell’ economia e dell’apparato produttivo necessarie per la competitività e la coesione sociale.

I lavoratori della Fiat ci hanno detto, con il loro voto, che il ritorno all’ ottocento non è inevitabile; che le ristrutturazioni aziendali e le innovazioni non sono praticabili senza una relazione con le concrete condizioni dei lavoratori, se non parlano alla  loro intelligenza, alla loro fatica e alla loro dignità.

Se, nelle prossime settimane, gli attori politici e sociali trarranno spunto da ciò che è accaduto, se lo sapranno correttamente interpretare, questo sarà da attribuire all’equilibrio ed alla saggezza di quei lavoratori che, caricati strumentalmente di enormi  responsabilità, hanno fatto riemergere la questione lavoro e l’hanno loro consegnata per trovare nuove e più coerenti strade di iniziativa, tutela e rappresentanza.

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