Ferrari: “Un uomo di grandi qualità”
Mauro Beschi
Sergio è stato un uomo di grandi qualità, di vivace intelligenza e cultura, socialista con grande rigore e passione, di specchiata moralità. Ho avuto modo di incrociarlo spesso sia per i rapporti con Fausto Vigevani, sia per il mio lavoro in Cgil (faceva parte con autorevolezza del Forum dell’economia CGIL), e infine nei numerosi incontri che avevamo, da ultimo, con Paolo Leon. Ovviamente ha dato un grande contributo anche alla attività politica di Labour.
Sergio è stato un importante dirigente dell’Enea nella quale ha sviluppato riflessioni e ricerche sulle dinamiche dello sviluppo italiano, della ricerca e del loro rapporto.
La sua visione e il suo impegno possono essere riassunti in una sua frase: “Per noi la sola valenza scientifica non era sufficiente perché dietro a qualunque conoscenza scientifica ci sembrava che esistesse comunque, prima o poi, anche una dimensione pratica, economica o sociale che fosse.”
Linea guida che avrebbero orientato il lavoro dell’Osservatorio su L’Italia nella Competizione Tecnologica Internazionale che lui dirigeva e attraverso il quale aveva intessuto rapporti con personaggi di grande livello come Alessandro Roncaglia, Paolo Sylos Labini e Paolo Leon (cui era legato dall’appartenenza alla corrente Lombardiana del PSI).
Gustoso il ricordo del suo rapporto con Paolo Sylos Labini: “Questa collaborazione continuò per alcuni anni e ad un certo punto presi il coraggio di fare delle osservazioni partendo dalla descrizione di Sylos relativamente alle due linee dell’innovazione tecnologica da lui descritte e cioè la linea di “grandi innovazioni che hanno luogo in modo discontinuo e che di solito risultano da progressi scientifici non direttamente correlati ad impulsi economici …. e da piccole innovazioni che prolungano le grandi e dipendono da impulsi economici inseriti nell’equazione della produttività.” Le prime frutto delle attività di ricerca condotte autonomamente e, quindi, innovazioni esogene e le seconde sostanzialmente endogene. In sostanza mi sembrava che, da un lato, queste due grandi categorie d’innovazioni fornissero una suddivisione troppo ridotta di un fenomeno molto complesso che ormai comprendeva anche la categoria delle innovazioni programmate e, dall’altro che mentre le piccole innovazioni si collegavano ad un preesistente sistema di mercato, le grandi erano in buona misura prive di vincoli, anche dal punto di vista dei prezzi praticati, essendo, inoltre, difficilmente confrontabili i valori relativi delle rispettive produttività. Mi parve che Sylos apprezzasse queste osservazioni sino al punto di ricordare come fosse una sua convinzione che alle volte coinvolgere un interessato privo dei pregiudizi forniti dalla formazione, poteva risultare utile.“
La sua configurazione dei problemi del Paese lo portarono ad essere un fiero sostenitore della Programmazione economica. “PROGRAMMARE LO SVILUPPO PER RISPONDERE ALLE SFIDE DEL NOSTRO TEMPO” era la sua parola d’ordine.
E Sergio difendeva questa impostazione sia nel suo lavoro che nel dibattito pubblico come testimonia la sua risposta ad un articolo di Giavazzi 2015 su Cassa Depositi e Prestiti: “Si dà il caso che nel nostro Paese proprio le precondizioni necessarie per uno sviluppo competitivo e qualificato sono non solo fortemente carenti, ma anche tali da aver dato luogo ad un accumulo di ritardi rispetto ai paesi nostri partner europei, ormai difficilmente recuperabili se non immaginando uno specifico e importante piano di intervento: le risorse in uomini o in mezzi finanziari dedicate alla R&S da parte del nostro sistema manifatturiero sono pari alla metà di quelle investite dagli altri paesi avanzati – quando va bene – e, come accennato, questa differenza tende a crescere con il passare degli anni. Inoltre anche le politiche recentemente adottate dal Governo, di incentivare la spesa in R&S fatta dalle imprese, non sono in grado di superare le riflessioni critiche sulla loro efficacia, riflessioni peraltro confermate da varie indagini condotte dai ricercatori della Banca d’Italia (G. de Blasio, F. Lotti – La valutazione degli aiuti alle imprese. Ed. Mulino – 2008). La scelta sottesa a questi dati è quella di un sistema produttivo che gioca sul piano della competitività di costo, non certo su quello di una competitività di qualità. Il declino specifico del nostro Paese in questi vari lustri è segnato da questi andamenti.”
“Molte di queste osservazioni critiche sembrano ricalcare quelle formulate allora – cioè oltre quaranta anni fa – da Lombardi. La battuta su una “società più ricca perché diversamente ricca”, viene ancora sovente ripresa come rappresentativa di una sintesi progettuale valida, ma che oggi è impossibile rintracciare.”
Nel quadro delle scelte di sviluppo Sergio aveva affrontato il tema delle politiche energetiche che hanno segnato parte importante del suo impegno che era sempre documentato. Su questi temi aveva collaborato con Fausto Vigevani e con la CGIL.
La sua analisi era concreta, non amava chi girava in tondo o strumentalizzava, per cui era spesso sferzante il suo giudizio, come nel caso delle scelte sul fotovoltaico: “Negli anni passati si è commesso il gravissimo errore di incentivare la produzione del kwh fotovoltaico, indipendentemente dall’origine dell’impianto, con il che si è persa una grande occasione, oltre a gravare la nostra bilancia commerciale di un onere di alcune decine di miliardi di dollari per l’acquisto all’estero di tali impianti. Un’operazione talmente ‘idiota’ da rimanere inspiegata se non ricorrendo ai Poteri Ignoranti descritti nel suo omonimo libro da Paolo Leon. Poiché tuttavia la tecnologia del fotovoltaico non è una tecnologia arrivata alla fine del proprio potenziale innovativo, ma è fortemente connessa a possibili e articolati miglioramenti, la partita non può essere considerata conclusa allo stato attuale.”
Labour
Nel 1993 Vigevani insieme a altri sindacalisti della CGIL appartenenti alla cosiddetta “Sinistra lombardiana” del PSI fonda l’Associazione Labour. Sergio partecipa fin dall’inizio.
Lo scopo di Labour era di mantenere l’onore del progetto socialista e più concretamente promuovere la unificazione dei tanti spezzoni che si erano formati dopo l’implosione del PSI. Inoltre, insieme a Ruffolo, Spini, Carniti, che avevano lo stesso nostro obbiettivo, cercare di far vivere le idee socialiste nel processo di riunificazione che si prefigurava, a metà degli anni 90, con la cosiddetta “cosa due”.
Non andò bene. Così, come Labour, consapevoli della nostra parzialità e dei nostri limiti, ci siamo concentrati sulla ricerca di riflessioni, approfondimenti, proposte e iniziative sulla crisi della sinistra.
Sergio era uno dei più attivi e motivati in questa ricerca: “Sono oltre 20 anni che nel nostro paese la voce socialista non ha più la forza di una presenza sociale, culturale, e politica. Tra le varie conseguenze c’è anche quella per cui dell’esistenza di una storia, di un pensiero socialista si è persa la memoria. Le nuove generazioni dovrebbero essere prese da una strana curiosità storica per – se non condividere – ma almeno conoscere questa storia.
Paradossalmente nel momento in cui i socialisti potevano finalmente dire di aver vinto, pensarono bene di occuparsi d’altro. Tutto questo offrì il destro agli ex comunisti per concludere che se era vero che il comunismo era morto, la socialdemocrazia stava molto male, scambiando – non so con quanta buona fede – il caso Craxi, opportunamente alimentato, ma non certo privo di colpe pesanti, con il movimento socialista. La conclusione logica di stampo liberista, le vediamo oggi al Governo, è il risultato di quelle vicende e della soluzione elaborata secondo il modello, senza storia e senza memoria, in stile “veltroniano”.
Il punto di forza di questo modello sta nel fatto di avere sposato la teoria secondo la quale un partito di sinistra potrà andare al governo solo se si espande al centro e a destra. Una specie di canto delle sirene per tutti gli opportunismi, la approssimazione e quant’altro. Un’altra anomalia italiota sulla quale si potrebbe chiosare nel senso che in Italia una sinistra sarà al governo solo quando non sarà più tale. Come, dunque, uscire da questa situazione è la questione che dovremmo affrontare ma che attualmente non sembra che abbia ancora una linea maestra d’uscita. Forse dovremmo mettere giù alcuni punti e incominciare a scambiarci delle libere riflessioni, costruire tra di noi una specie di Agorà. Ma purtroppo i tempi e le scadenze delle crisi non sono favorevoli ad un’ ipotesi del genere. Forse potremmo costituire un “sito” Agorà, critico verso tutte le scemenze che circolano e verso quei linguaggi che pensano di compensare la leggerezza del pensiero con la pesantezza delle parole.”
Occorre una proposta alternativa, questa era la sua fissazione. “Affrontare i singoli problemi con un approccio liberomercantilistico è, a dir poco, contraddittorio con la natura macroeconomica delle questioni.
Uno dei punti di vantaggio di queste posizioni errate deve essere riconosciuto nella forte debolezza delle proposte alternative, molto spesso formulate più come ripetizione dei problemi da correggere che come interventi definiti nei tempi, nei modi e nei costi. Il che naturalmente non rende né convincenti né positive le ricette proposte.”
Un’ ultima nota che mi ha sempre colpito.
Sergio ha sempre sostenuto le sue tesi con competenza, lucidità e tenacia, ma non ricordo di averlo mai sentito, di fronte a dissensi o critiche, alzare la voce o, peggio, irridere o insultare.
Era un uomo gentile, pur con qualche profilo burbero.
Le sue problematiche di salute ci hanno privato da alcuni anni del suo contributo attivo, ma ricordo l’ultima visita che Renzo, Renato ed io gli facemmo. Una chiacchierata che per noi voleva significare soprattutto una testimonianza affettiva e che è diventata una discussione sulla necessità di rilancio del socialismo.
Uomini di altri tempi, ci mancherai Sergio.
Roma, 30 maggio 2025