Articolo 99: “L’impatto del Covid-19 sulla popolazione anziana”

ARTICOLO NOVANTANOVE –  Associazione per il Dialogo Sociale   dei già Consiglieri CNEL

Gli insegnamenti dell’impatto avuto sulla popolazione anziana dal Covid–19 in relazione alla efficienza ed efficacia del sistema sanitario e assistenziale. Giugno 2020

Premessa e sintesi – Il Paese sta tentando di uscire dalla emergenza del Covid-19. Una esperienza durissima che richiederà tempo e cure per superare l’eredità che lascia. In particolare il bilancio degli anziani morti a causa del virus, un pesantissimo debito sulle spalle della collettività per non aver saputo proteggere adeguatamente la parte più fragile della popolazione. Su questo drammatico argomento, che ha messo in evidenza tutti i limiti del sistema italiano di assistenza sanitaria e sociale, Articolo 99 – Associazione per il dialogo sociale, vuole dare il suo contributo di idee e proposte ben sapendo che si potrà onorare il debito contratto solo se il Paese saprà attivare tempestivamente tutte quelle riforme tese a evitare che quanto accaduto si possa ripetere. Consideriamo che questo sia anche il messaggio dei recenti importanti indirizzi maturati dalla Commissione europea riguardo alle misure di sostegno per i Paesi più colpiti dalla pandemia. Riteniamo che se le eventuali condizionalità saranno finalizzate a prevenire il ripetersi di una eventuale pandemia è un dovere morale accettarle e, coerentemente, tenerne conto.

Le osservazioni che Articolo 99 avanza alle misure contenute nei provvedimenti del Governo, pur riconoscendo e apprezzando il consistente sforzo finanziario, si fondano sulla esigenza di un salto di qualità nel sistema di cure domiciliari delle persone anziane come da tempo sollecitano le organizzazioni del mondo del lavoro e del terzo settore. Riteniamo che il cardine su cui fondare una profonda riforma della Long Term Care (LTC) nel nostro Paese sia la tutela del diritto degli anziani di invecchiare a casa propria. Per rendere questo diritto pienamente esigibile è necessari compiere, come ampiamente illustrato nel documento, decisi passi avanti sui seguenti punti:

1) riallineare le competenze nazionali e regionali in materia sanitaria e sociale;

2) fare del territorio il motore del sistema socio-sanitari attuando quanto prevedono le leggi istitutive per la piena integrazione tra distretti sanitari e distretti sociali;

3) finalizzare i LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) alla misurazione della cogenza, esigibilità, qualità degli interventi e tempestività, dei servizi sanitari, integrandoli con i LEPs (Livelli Essenziali delle Prestazioni) al fine di una lettura integrata della condizione di benessere dei cittadini;

4) procedere ad un piano di assunzioni per un corretto rapporto tra addetti ai servizi socio-sanitari e bisogni dei cittadini (infermiere di quartiere, geriatri, assistenti sociali, ecc);

5) approvare la legge sui caregiver al fine di tutelate il lavoro di cura di milioni di familiari;

6) favorire l’evoluzione del lavoro di cura privato (badanti) verso una rete di servizi in grado di fornire alle famiglie un servizio trasparente e qualificato;

7) riformare il sistema delle RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali). Altri modelli sono possibili: in particolare sviluppando forme di abitazione o coabitazione protetta;

8) promuovere un vasto programma di adeguamento delle condizioni abitative degli anziani, a partire da quelli in edilizia residenziale pubblica;

9) recuperare i ritardi nell’innovazione tecnologica ospedaliera e territoriale/domiciliare;

10) rimuovere gli ostacoli che limitano il dispiegamento del contributo del volontariato prevedendo, in caso di necessità, rapporti diretti con gli organismi decisionali. Infine, in una prospettiva di latente rischio clinico/ambientale globale non sfugge la possibilità del ripetersi nel futuro di casi pandemici e dei rischi che comportano per il nostro Paese tenuto conto del livello di longevità della sua popolazione. Per questo si ritiene necessario che il paese si doti di un effettivo sistema di contrasto al rischio pandemia e che si faccia promotore di un sistema internazionale di allarme precoce da concordare in sede di UE, verificando a questo scopo l’efficacia del sistema che si incentra nella OMS.

DOCUMENTO (*) I presidi di assistenza socio-sanitaria territoriale per la tutela della popolazione longeva.

In progress al 3 giugno 2020

Ci avviamo verso il superamento della emergenza Covid-19. Una esperienza durissima per il Paese che richiederà tempo e cure per superare l’eredità che ci lascia. Tra queste il bilancio degli anziani morti a causa del virus, un pesantissimo debito sulle spalle della collettività per non aver saputo proteggere adeguatamente la parte più fragile della popolazione. Su questo drammatico argomento, che ha messo in evidenza tutti i limiti del sistema italiano di assistenza sanitaria e sociale dei longevi, in numerosi hanno espresso le opinioni e dato consigli.

Anche Articolo 99 – Associazione per il dialogo sociale, con questa nota vuole dare il suo contributo di idee e proposte ben sapendo che si potrà corrispondere al debito contratto solo se sapremo attivare tempestivamente tutte quelle riforme tese a evitare che quanto accaduto si possa ripetere. Consideriamo che questo sia anche il messaggio, più o meno implicito nei recenti importanti indirizzi maturati dalla Commissione europea riguardo alle misure di sostegno economico finanziarie per i Paesi più colpiti dalla pandemia. Riteniamo che se le eventuali condizionalità saranno finalizzate a prevenire il ripetersi di una eventuale pandemia è un dovere morale accettarle e, coerentemente, tenerne conto.

Le misure del Governo  – Innanzitutto è doveroso ricordare che il Governo nazionale con il D. L. Rilancio Italia interviene sulla sanità territoriale e sulla rete ospedaliera. Malgrado che il sistema sanitario italiano sia considerato tra i migliori è indubbio che, nonostante l’impegno dei suoi operatori, numerose sono state le falle venite alla luce. Segnatamente riteniamo che il punto di maggiore crisi si sia manifestato nel sistema dei presidi di assistenza socio sanitaria territoriali. Che questo potesse avvenire era del tutto prevedibile in quanto da tempo le organizzazioni sociali e del volontariato denunciano la poca attenzione che viene prestata ai distretti sociosanitari con particolare riguardo alle cure domiciliari. È quindi quanto mai opportuna, anche se tardiva, l’attenzione contenuta nel DL a questo livello di servizi. Per la sanità territoriale è previsto, infatti, un investimento complessivo pari a 1 miliardo e 256 milioni di euro, destinato a finanziare le aree che si sono rilevate di maggiore criticità. Qui di seguito riportiamo alcune delle misure contenute nel DL:

assistenza domiciliare– Verranno implementate sul territorio, con personale dedicato, le azioni terapeutiche e assistenziali domiciliari. L’assistenza ai pazienti ultra 65enni passerà dagli attuali 610.741, pari al 4% della popolazione over 65, a 923.500, pari al 6,7%. Risorse stanziate per personale e servizi: 733.969.086 euro;

rete territoriale e USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale) – In tutte le Regioni e Province autonome verrà potenziata l’attività di sorveglianza attiva a cura dei Dipartimenti di prevenzione, in collaborazione con i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta. Viene disposto l’incremento dei controlli nelle residenze sanitarie assistite (RSA), anche attraverso la collaborazione di medici specialisti. Sul territorio sarà aumentata la funzionalità delle USCA, deputate al supporto dei servizi di assistenza domiciliare, anche reclutando al loro interno medici specialisti ambulatoriali convenzionati. Risorse stanziate per personale e servizi: 61 milioni di euro;

infermiere di famiglia– É’ previsto il rafforzamento dei servizi infermieristici territoriali, per potenziare l’assistenza domiciliare integrata ai pazienti in isolamento domiciliare e ai malati cronici, disabili, persone con disturbi mentali o in situazioni di fragilità. Con questo obiettivo viene introdotta la figura dell’infermiere di quartiere, 9.600 nuovi infermieri, 8 ogni 50mila abitanti, anche a supporto delle USCA. Risorse stanziate per le nuove assunzioni: 332.640.000 euro. Si aumenta inoltre, con 10 milioni di euro, la disponibilità del personale infermieristico a supporto degli studi di medicina generale, per fronteggiare l’emergenza;

monitoraggio domiciliare – Per una maggiore sorveglianza sanitaria domiciliare verrà potenziato il monitoraggio, anche attraverso l’uso di App di telefonia mobile. Tutto ciò permetterà di coordinare al meglio i servizi d’assistenza necessari ai pazienti, che riceveranno in dotazione anche i saturimetri per misurare i livelli di ossigenazione, e di individuare subito un eventuale peggioramento clinico di un assistito a domicilio o in una residenza assistenziale, mettendo in moto una tempestiva ospedalizzazione. A questo scopo saranno attivate centrali operative regionali, dotate di apposito personale e di apparecchiature per il telemonitoraggio e telemedicina. Risorse stanziate per personale, infrastrutture e strumentazioni: 72.271.204 euro.

assistenti sociali – Per la valutazione complessiva dei bisogni dei pazienti e l’integrazione con i servizi socio-sanitari, le USCA saranno integrate dalla figura degli assistenti sociali regolarmente iscritti all’Albo professionale. Risorse stanziate: 14.256.000 di euro.

strutture territoriali di isolamento – Laddove per applicare le misure di isolamento domiciliare e di quarantena, o per ospitare pazienti dimessi dagli ospedali, sia necessario disporre temporaneamente di immobili alternativi al domicilio privato, Regioni e Province autonome potranno stipulare contratti d’affitto con strutture alberghiere o di tipologia analoga. Verranno stanziati fondi per infermieri, operatori tecnici assistenziali, sanificazione, formazione del personale alberghiero, lavanderia, manutenzione delle strutture. Risorse stanziate: 32.497.693 euro.

Il DL interviene anche sulla rete ospedaliera, messa a dura prova nei mesi più caldi dell’emergenza coronavirus, con un investimento complessivo pari a 1 miliardo e 467 milioni di euro. La logica di base è quella di garantire un’assistenza pronta e adeguata ai pazienti più gravi che necessitano di cure intensive rendendo possibili percorsi rigorosamente distinti per pazienti Covid o non Covid. Qui di seguito alcune delle misure previste:

Covid-Hospital – Verrà incrementata e resa stabile la realizzazione di Covid-Hospital, un pezzo fondamentale nella strategia contro il virus, dal momento che gli ospedali misti facilmente moltiplicano il contagio. Saranno strutture ad alto valore aggiunto in termini di innovazione, tecnologia e competenze, dedicate esclusivamente ai pazienti Covid-19 che saranno curati da personale adeguatamente formato, all’interno di spazi strutturalmente distinti;

terapie intensive e ospedali mobili – Vengono consolidati stabilmente 3.500 posti in più in terapia intensiva. Si passa da un numero di 5.179 (pre-emergenza) a 8.679, con un incremento del 70%. A questi si aggiunge la predisposizione alla terapia intensiva, con la sola implementazione di ventilazione meccanica e monitoraggio, di 2.112 posti letto di terapia semintensiva. Inoltre si aggiungono 300 posti letto di terapia intensiva suddivisi in 4 strutture movimentabili, pronte per essere allestite in breve tempo nelle zone ad accresciuto fabbisogno. Questo porta la disponibilità di terapie intensive a 11.091 posti letto di terapia intensiva, +115% rispetto alla disponibilità in pre-emergenza.

terapie semintensive– Si incrementano stabilmente su tutto il territorio nazionale 4.225 posti letto di terapia semintensiva, di cui il 50%, come sopra detto, prontamente convertibile in terapia intensiva. Potranno cioè essere trasformati immediatamente in vere e proprie postazioni di rianimazione con la sola integrazione di apparecchiature di ventilazione e monitoraggio.

pronto soccorso– I pronto soccorso e Dea verranno ristrutturati e riorganizzati, prevedendo la separazione delle strutture, l’acquisto di attrezzature, la creazione di percorsi distinti per i malati Covid-19 e di aree di permanenza per i pazienti in attesa di diagnosi.

Covid-ambulance- Verranno acquistati mezzi di soccorso h24 ad alto biocontenimento, da utilizzare per trasferimenti di pazienti Covid-19, per dimissioni protette o per trasporti interospedalieri. Prevista anche la dotazione di personale dedicato con medico, infermiere e autista/barelliere.

Il terzo asse del DL è relativo a nuove assunzioni, incentivi, formazione. Gli interventi previsti per supportare i professionisti del Servizio Sanitario Nazionale dopo la fase più acuta della crisi coronavirus sono sostenuti da un investimento complessivo pari a 526 milioni di euro così ripartiti:

– incentivi al personale del SSN – Incremento delle risorse per straordinari del personale ospedaliero, indennità contrattuali, produttività e risultato. Risorse stanziate: 190 milioni di euro;

– risorse per ulteriori assunzioni – Altri 241 milioni serviranno per ulteriori assunzioni in ambito ospedaliero;

– formazione – un incremento di 4.200 borse di specializzazione in area medica. In particolare, saranno aumentate le borse in Anestesia e rianimazione, Medicina d’urgenza, Pneumologia, Malattie infettive e loro specialità equipollenti. In questo quadro di interventi del Governo vanno anche ricondotte le misure di sostegno previste per la emersione del lavoro di cura (art. 103) e l’incremento dei finanziamenti per il Fondo non autosufficienza (art.104).

Le osservazioni che avanziamo a questo insieme di misure, nel quadro di un generale apprezzamento per il consistente sforzo nei finanziamenti previsti, sono fondamentalmente riconducibili alla esigenza di un salto di qualità nel sistema di cure domiciliari delle persone anziane. Se l’esito della rinnovata attenzione tributata ai servizi domiciliari consisterà nel reiterare – fedelmente ma su più ampia scala, grazie ai maggiori finanziamenti – le attuali criticità del settore, sicuramente un maggior numero di anziani verrà seguito a casa propria, ma altrettanto certamente si sarà persa un’occasione fondamentale per rendere più adeguate le risposte ai loro bisogni.

Il parere delCNEL

Su questa complessa e delicata materia anche il CNEL ha ritenuto opportuno esprimersi con un Documento di osservazioni e proposte “Per la ricostruzione dopo la crisi Coronavirus” approvato nella Assemblea del 22Aprile 2020.

Con riferimento al sistema sanitario il CNEL si esprime nel modo seguente: “La capacità di risposta del sistema sanitario nazionale in occasione di questa straordinaria pressione epidemica, se da un lato ha confermato la solidità, professionalità e qualità complessiva del sistema, ha purtroppo anche messo in evidenza le disomogeneità tra regioni, le scoperture dei presidi di primo livello, le carenze di pianificazione e coordinamento in caso di emergenze a carattere nazionale. Occorre quindi cogliere questa occasione per investimenti che rafforzino il sistema sanitario nazionale perché sia in grado di garantire effettivamente i livelli essenziali di assistenza e di fronteggiare in futuro eventuali emergenze sanitarie in condizioni di sicurezza e non con decretazioni d’urgenza. Le risorse investite nell’emergenza non riallineano i finanziamenti al fabbisogno standard dopo i tagli dell’ultimo decennio. Lo Stato deve garantire un maggior presidio territoriale. Bisogna potenziare l’assistenza continua con una maggiore integrazione tra medici convenzionati e servizi pubblici, sviluppare l’integrazione tra sanità e sociale. Occorre definire i livelli essenziali dell’assistenza sociale (LEPS) anche come passo indispensabile per l’attuazione dei nuovi LEA sanitari. Bisogna assicurare coincidenza tra i Piani Sociali e quelli Sanitari nonché la centralità del distretto sociosanitario. Occorre investire in prevenzione (rispettando il vincolo di destinazione del finanziamento al 5% del FSN) per dare al sistema la capacità di cogliere le evoluzioni epidemiologiche e riorganizzarsi. Occorre recuperare il gap di personale, perché la qualità del lavoro è qualità dei servizi.”

Con riferimento alle politiche e servizi sociali il CNEL sottolinea come: ““La pandemia ha posto in drammatica evidenza la scarsa attenzione che le istituzioni riservano al tema degli anziani e dei disabili, evidenziando l’aumento delle diseguaglianze sociali e territoriali tanto da richiedere da subito interventi straordinari di sostegno alimentare e al reddito. È di tutta evidenza che chi era in difficoltà precedentemente lo sarà ancor di più e molte persone si troveranno nel medio periodo a richiedere supporto. Vanno quindi rafforzate le reti di contrasto alla povertà aumentando in particolare i servizi sociali territoriali e i servizi domiciliari per accogliere l’aumento delle richieste di aiuto che perverranno in primo luogo da persone anziane e soggetti con disabilità a cui si chiede di non uscire per periodi lunghi, e che non potranno usufruire di centri diurni o aggregativi per le norme di contenimento. Inoltre, occorre trovare risposta alle richieste delle famiglie con compiti di cura e accudimento che non chiedono sostegno economico, ma soprattutto assistenziale, e che già prima dell’emergenza attendevano supporto. Assieme a queste fasce di popolazione particolarmente esposte è evidente la situazione di rischio, anche per la tenuta sociale, legata alle persone che non possono contare su sostegni familiari o di comunità, come le persone senza dimora, gli assistenti familiari e le persone dimesse dal carcere. Diventa quindi fondamentale investire e strutturare le reti degli Enti locali del terzo settore presenti per intercettare le nuove richieste, e continuare ad erogare i servizi precedentemente attivi. Vanno previste risorse ulteriori per poter strutturare i servizi e gli interventi previsti dalla legge 328/2000 al fine di garantire la migliore integrazione sociosanitaria e con le istituzioni scolastiche. Infine, occorre non abbassare l’intensità di intervento diretto allo sviluppo del Mezzogiorno del Paese”.

Le osservazioni e proposte del CNEL sono nel complesso condivisibili, sia nelle analisi che nelle proposte, tuttavia non mettono adeguatamente in luce gli elementi di novità derivanti dalla straordinarietà del Covid-19, ma si limitano a riproporre, sia pure giustamente, l’esigenza di recuperare i ritardi su numerose riforme del sistema socio-sanitario che le organizzazioni del mondo del lavoro e del terzo settore da tempo richiedono. Inoltre il documento del CNEL si muove ancora all’interno di una visione in cui persiste la separatezza tra la dimensione sanitaria e quella sociale, quando da tempo l’esperienza ha dimostrato che questa separatezza, nel caso della longevità, sia un limite nocivo che deve essere rapidamente superato. Infine non viene fatto nessun riferimento, sia in termini di analisi che di proposta, allo scenario internazionale da considerare il vero teatro per affrontare in modo adeguato l’attuale e le possibili future pandemie.

Il contributo di Articolo 99

Tenuto quindi conto dei limiti delle misure del Governo e delle osservazioni alle proposte del CNEL, si avanzano i seguenti temi per un necessario lavoro di approfondimento, precisando che nel loro insieme sono commisurati a politiche di adeguamento del sistema socio-sanitario in favore delle persone over65 anni.

1.Dimensione europea e internazionale – La dimensione europea e internazionale nelle politiche della sicurezza sanitaria in una prospettiva di rischio clinico/ambientale globale richiede di essere sottoposta ad attenta verifica. I tempi di reazione dell’OMS e le modalità di reazione dei diversi Stati si sono dimostrate del tutto inadeguate, così come si sta verificando nella ricerca del vaccino. Qui credo si debba richiedere un serio impegno dell’UE in particolare nella creazione di un sistema di allarme internazionale capace di agire in tempo reale. Non dimentichiamo che il Covid-19 non è il primo caso di pandemia e che nel passato si sono verificate altre situazioni che avrebbero richiesto maggiore tempestività e coordinamento. Inoltre, come suggerito da fonti autorevoli, va posta maggiore attenzione alla connessione tra dimensione socio-sanitaria e dimensione ambientale e, quindi, va data reale e tempestiva attuazione, garantendone il continuo monitoraggio, ai 17 obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030.

2. Piano pandemico nazionale – La capacità di risposta ad un evento emergenziale, al di là della sua dimensione, sta nell’organizzazione preventiva in tempo di pace e nella flessibilità di adattamento/allocazione delle risorse disponibili per evitare il propagarsi degli effetti negativi. Nel caso specifico sarebbe stato possibile evitare errori evidenti (quali p. es., soprattutto nella Regione con maggiori focolai, tardivo lockdown o dislocamento dimessi nelle RSA, solo per dirne un paio). Sarebbe stato indispensabile poter disporre, con immediatezza, di modalità flessibili per gestire mezzi, attrezzature e personale sanitario là dove era prioritariamente necessario. Detto in altri termini l’assenza di un Piano Pandemico ha gravemente condizionato l’assetto organizzativo evidenziando numerose falle nel sistema che hanno avuto inesorabili drammatiche ripercussioni. I Piani Pandemici predispongono i Paesi ad affrontare al meglio le epidemie dal punto di vista precauzionale e organizzativo. In effetti l’Italia ha un Piano Pandemico, ma il Piano Pandemico nazionale Italiano risale al 2006, aggiornato nel 2010 e in ogni caso si tratta di un piano obsoleto. É inevitabile pertanto sollecitare una rapida stesura di un Piano Pandemico aggiornato e soprattutto adeguato alle caratteristiche delle nuove epidemie, che fissi nel contempo regole certe particolarmente in tema di dispositivi di protezione individuale la cui assenza, in una prima fase della recente epidemia, è stata la principale causa della rapida diffusione del vir us e dei conseguenti decessi.

3. Longevità e rischio clinico epidemiologico – È del tutto evidente come la dimensione internazionale del rischio clinico-epidemiologico trova nell’Italia un punto di particolare criticità in considerazione del livello di longevità della sua popolazione. È questo un dato di fatto, lo stanno a dimostrare il numero dei morti over 65 a causa del Covid-19,su cui ancora non si è avviato la necessaria riflessione al fine di prefigurare comunque un sistema di allerta e sicurezza almeno nella dimensione nazionale. Come misura minima si dovrebbe realizzare un aggiornamento tecnologico che colleghi le varie banche dati in grado di fornire informazioni collaterali (condizioni di lavoro, ambientali, ecc.) utili ai fini sanitari in un sistema informatico nazionale con accesso differenziato per operatori sanitari, medici di famiglia, cittadini. Preoccupa quanto il Paese sia in ritardo su questo tema dimostrato tanto dal sistema di monitoraggio della pandemia, quanto dagli avvenimenti nelle RSA.

4. Governance – Il rapporto Governo centrale/Regioni/Comuni richiede di essere ridefinito dal punto di vista delle tempestività ed efficacia. Rimettere in discussione il Titolo V della Costituzione è una esigenza da tempo matura in via generale, che si è dimostrata urgentissima con l’esplosione dell’emergenza sanitaria e sociale. Quanto è avvenuto e sta avvenendo non solo compromette l’efficacia delle misure attivate ai diversi e confusi livelli istituzionale, ma compromette la salute dei cittadini, le prospettive di ripresa delle attività produttive, il rapporto di fiducia tra cittadini e istituzione con le inevitabili conseguenze sull’ordine democratico. Per non dire poi degli spazi enormi che si aprono all’infiltrazione mafiosa.

5. Resilienza del sistema- La resilienza del Sistema Sanitario Nazionale e del Sistema di Assistenza Sociale non può essere affidata alla “buona volontà”. Si tratta dei due punti in cui maggiormente si è manifestata la fragilità dei due pilastri del nostro welfare. Le ragioni per cui questo è avvenuto sono numerose e risalgono negli anni, comunque non è questa la sede per analizzarli. Quello che però si deve dire è che: occorre evitare il rischio dell’autarchia regionale; la rete di assistenza pubblica si è dimostrata eccessivamente fragile e pressoché inesistente quella privata; è necessario sviluppare forme assistenziali meno rigide e più velocemente riconfigurabili; in particolare occorre una radicale modifica del sistema delle ASL sul piano della strutturazione e della governance superando l’attuale concezione aziendalistica per sostituirla con quella di una realtà pubblica funzionale erogatrice di servizi essenziali di qualità; i LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) devono essere meglio finalizzati alla misurazione della cogenza, esigibilità, qualità degli interventi e tempestività, dei servizi sanitari, integrandoli con i LEPs (Livelli Essenziali delle Prestazioni) al fine di una lettura integrata della condizione di benessere dei cittadini. Dovrebbe anche essere più evidenziato e potenziato il ruolo delle rappresentanze delle parti sociali che, specie attraverso gli Enti Bilaterali con l’utilizzo dei fondi interprofessionali, possono fornire un contributo non marginale nel campo dell’assistenza sanitaria e sociale integrativa di quella pubblica.

 6. I presidi socio-sanitari – Dalla esperienza del Covid-19 è emerso con tutta chiarezza la debolezza del sistema dei presidi socio-sanitari territoriali. È questo un punto importantissimo da tempo messo in evidenza dalle organizzazioni sindacali e del volontariato che si interessano delle condizioni di vita degli anziani. Probabilmente se il sistema dei presidi socio- sanitare territoriali avesse raggiunto i livelli di presenza come sono previsti dalle leggi istitutive tanto del servizio sanitario nazionale, quanto dalla legge quadro sulla organizzazione del sistema integrato dei servizi sociali, il governo della pandemia sarebbe stato decisamente meno impattante. Qui credo ci sia da intervenire prevedendo che: il rapporto dei presidi ospedalieri/ presidi territoriali deve essere fortemente riequilibrato a favore del territorio; la coincidenza tra presidi sanitari e presidi sociali sia ormai da rendere effettiva su tutto il territorio nazionale; una migliore organizzazione e il potenziamento dei servizi per la domiciliarità è utile anche in caso di crisi sanitaria acuta in particolare per i non autosufficienti che sono i più esposti.

7. Il lavoro di cura e assistenza pubblico– Sfortunatamente c’è voluta la pandemia per scoprire quanto sia importante il lavoro di cura sanitaria e di assistenza sociale. É auspicabile che questo serva di lezione a quanti assistevano con malcelata indifferenza alla emigrazione dei tanti giovani in cerca della opportunità di svolgere la loro professione e a coloro che inveivano contro gli addetti al pronto soccorso. L’assillo economicistico, che ha portato a tagli lineari, esternalizzazioni, privatizzazioni si è dimostrato devastante nel momento di crisi acuta. Occorre un piano di assunzioni che recuperi un idoneo rapporto tra personale e bisogni dei cittadini rivedendo attentamente i profili professionali in rapporto alla domanda territoriale: ad esempio è stupefacente come in un paese con tantissimi anziani non sia reso disponibile il servizio di geriatria così come avviene per la pediatria.

8. Caregiver – Da anni sono in discussione in Parlamento proposte per il riconoscimento del lavoro di cura dei caregiver. Si tratta di milioni di persone, soprattutto donne, che si dedicano a tempo pieno ad assistere un proprio familiare anche rinunciando ad un lavoro ed al reddito corrispettivo. Alcune Regioni (Emilia Romagna) già sono intervenute sulla materia. Considerando lo stato avanzato del confronto parlamentare e l’importanza dell’argomento, sarebbe opportuno che il si procedesse speditamente al varo di una normativa condivisa che disciplini il tema della sostenibilità e della tutela dell’impiego per chi vuole mantenere vivo un rapporto domiciliare con i propri cari.

9. Il lavoro di cura privato – In considerazione dell’importanza assunta dal lavoro di cura privato (badante) è ragionevole prendere in considerazione una sua evoluzione verso una rete di servizi anche privato-cooperativi capaci di fornire alle famiglie un servizio qualificato anche liberandole dalla incombenza di gestire i rapporti di lavoro. Una rete di servizi di questo genere si è sviluppata spontaneamente, ma per la grande parte, a sua volta, gestita sulla base di rapporti di lavoro irregolari. É necessario fare in modo che tutto il processo, sia nel rapporto di lavoro mediato che in quello diretto, avvenga nel massimo della trasparenza a garanzia delle famiglie e dei lavoratori coinvolti.Una riforma dell’indennità di accompagnamento potrebbe contribuire a questo processo.

10.Residenze sanitarie – Quanto avvenuto nelle RSA sta a dimostrare tutta l’inadeguatezza di questo modello di accoglienza delle persone più fragili della nostra società. Al di la delle vicende giudiziarie quello che interessa mettere in luce è l’inadeguatezza del loro modello organizzativo che non solo è di poco gradimento per gli ospiti, ma anche molto costoso sia per le famiglie che per le casse pubbliche. Altri modelli sono possibili solo che lo si voglia. In particolare sviluppando forme di abitazione o coabitazione protetta a patire dal patrimonio residenziale pubblico.

11.Condizione abitativa – La stragrande maggioranza degli anziani italiani vivono in case di proprietà. La cosa è certamente positiva, ma si deve osservare che queste case sono in genere eccessivamente grandi per persone sole, prive di servizi adeguati alle loro esigenze (mancanza di ascensore), onerose per le spese di manutenzione e gestione, tendenzialmente emarginanti per persone con limiti di mobilità. L’esperienza di alcuni paesi europei dimostra che modelli residenziali per anziani con una adeguata rete di assistenza territoriale-domiciliare sono la soluzione ottimale per le persone, le famiglie la collettività e le finanze pubbliche. Assumere questa linea di intervento tesa all’adeguamento del patrimonio immobiliare degli anziani si configura come una politica capace di dare una pluralità di risposte positive a numerose esigenze del Paese.

12.Innovazione tecnologica – Il ritardo nell’innovazione tecnologica sia ospedaliera e sia territoriale/domiciliare ha fatto sentire tutto il suo peso in queste settimane di emergenza. Il problema, che ha toccato picchi gravissimi nel caso degli apparati per la respirazione, è molto più pervasivo di quanto può apparire. Qui è necessario un progetto organico d’investimenti finalizzati all’ ammodernamento di vecchie strutture o alla costruzione di nuove, tenendo conto di criteri di duttilità capaci di fronteggiare l’insorgere di esigenze eccezionali. Analogo intervento sistematico di aggiornamento su tutto il territorio dovrebbe riguardare la dotazione di attrezzature, soprattutto diagnostiche. Inoltre dovrebbe essere messo all’ordine del giorno un programma di telemedicina e teleassistenza a supporto delle politiche per la domiciliarità. Importanti sono le economie che ne potrebbero derivare per il SSN.A questo riguardo è bene evidenziare che gli anziani in solitudine e costretti nelle proprie abitazioni potrebbero in qualche modo essere condizionati e non rivolgersi al pronto soccorso o ad altre strutture sanitarie anche in caso di reale necessità. Questo comportamento rischia di creare un “sommerso” sanitario di cui non si hanno ancora dati precisi e che può emergere solo attivando efficaci strumenti alternativi di contatto medico-paziente sfruttando le metodologie, come detto, della telemedicina e l’impiego di tecnologie innovative domotiche e robotiche che permettono il monitoraggio e la cura a distanza dei pazienti. Gli anziani non sono oggi preparati a sfruttare pienamente le tecnologie: in questo ambito importante è il ruolo dei caregivers e di ogni altro familiare che possono accompagnare e aiutare l’anziano ad accostarsi alla tecnologia in modo costruttivo e attivo e non passivo come attualmente per lo più viene proposto anche dai media televisivi.

13.Managerialità – Altra criticità emersa con l’emergenza Covid-19 è l’evidenza di un deficit di capacità organizzativa e gestionale che, se accentua il grande merito e talora l’eroicità dei medici e degli operatori sanitari, mostra pecche e limiti sui risultati. Un rilievo, questo, determinante soprattutto se si arrivasse a riprogettare il sistema socio- sanitario in una visione più integrata, tecnologicamente più evoluta e più uniforme sull’intero territorio nazionale. I buoni medici per fortuna li abbiamo, ma non possiamo caricarli di compiti impropri; mancano, o comunque sono carenti, all’interno del sistema figure con spiccate competenze manageriali in grado di organizzare e gestire al meglio le risorse umane e materiali.

14.Volontariato- Da ultimo non si può non sottolineare il ruolo importante svolto dalle organizzazioni del volontariato. Questo deve essere di sollecitazione affinché vengano rimossi tutti quegli ostacoli che limitano il dispiegamento pieno del contributo del volontariato in particolare prevedendo, in caso di necessità, canali per un rapporto più diretto ed efficace con gli organismi decisionali;

Infine non sfugge la necessità di risorse per realizzare quanto detto. A fronte di questa ineludibile esigenza, che in prospettiva trova una risposta adeguata nel meccanismo di sostegno in corso di definizione da parte della Commissione Europea, il dibattito che si sta svolgendo intorno alla opportunità di utilizzare il Meccanismo europeo di stabilità (MES) è a dir poco viziato da opportunismo politico. Accertato che il prestito sarà gravato dalle sole condizionalità tendenti a vincolarne l’impegno sul fronte della risposta agli effetti socio-sanitari del coronavirus, non si vede perché non utilizzare quelle risorse che verrebbero a costare molto meno del ricorso ad altri canali di finanziamento.

(*) Il Documento per il Consiglio Direttivo è stato elaborato dal Gruppo di lavoro formato da Claudio Falasca (che ha curato anche la stesura finale), Aldo Amoretti, Renato Matteucci, Giuseppe Taddei 

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