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Ciafaloni: “La resa culturale che ci sommerge”

Di Francesco Ciafaloni – 6 Agosto 2019, pubblicato dall’Associazione dalla parte del torto”.
“Mi è capitato di recente di leggere o rileggere alcuni testi sulla riduzione e la redistribuzione dell’orario di lavoro scritti più o meno un quarto di secolo fa, quando si discuteva di 35 ore, di autori che mi sono familiari, come Giovanni Mazzetti1 o Giorgio Lunghini.2 Mi sono reso conto che alcune delle tesi sostenute dagli autori, che avevo ben presenti venti anni fa, erano come sparite dal mio orizzonte mentale negli ultimi tempi. Avevo smesso di fatto di usarle per cercare di capire quello che succede tutti i giorni. Mi sono accorto di essermi come addormentato, intontito dalla eterna ripetizione delle tesi correnti: l’eccesso di spesa pubblica, la necessità di puntare sull’innovazione tecnica, sull’industria 4.0, la possibilità che si crei, all’interno del sistema produttivo, occupazione sostitutiva di quella distrutta dall’automazione, l’ossessione e la necessità della crescita del Pil. Venti anni fa erano vivi De Cecco, Graziani, Gallino, non c’era la resa culturale che ci sommerge ora.

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Tronti: “La produttività se la prende l’impresa”


A luglio sono scaduti i contratti di un milione e mezzo di lavoratori. Nei rinnovi bisognerebbe tener conto della funzione macroeconomica dei salari che, se da una parte sono un costo per la singola impresa, dall’altra alimentano la crescita attraverso i consumi, generando domanda per l’insieme delle imprese. L’esame di alcuni settori mostra che i guadagni di produttività non si sono divisi equamente tra profitti e retribuzioni, con svantaggio di queste ultime a volte notevole

Di Leonello Tronti da “Eguaglianza & Libertà”

“Secondo l’Istat (Contratti collettivi e retribuzioni contrattuali), i contratti nazionali di lavoro che vengono a scadenza nel mese di luglio 2019 sono pari all’8,7% del monte delle retribuzioni di primo livello del settore privato. Più precisamente, i contratti da rinnovare riguardano il 6,6% del monte retributivo dell’industria e il 10,9% di quello dei servizi privati: nell’insieme quasi un milione e mezzo di lavoratori. A fronte delle difficoltà economiche in cui versa il Paese, bloccato com’è da ormai un anno su di uno scomodo crinale che su un versante porta alla recessione e sull’altro alla stagnazione, come affrontare questa stagione di rinnovi?

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Lettieri: “Con le elezioni sconfitta la politica europea”

Antonio Lettieri da “Eguaglianza & Libertà”

Uno dei meriti più evidenti di un regime democratico è che il periodico svolgimento delle elezioni consente di definire la continuità o l’alternanza dei governi. Ciò è particolarmente evidente nel sistemi bipartisan come negli Stati Uniti e, con alcune variazioni, in Giappone e, fino in tempi recenti, in Germania nel Regno Unito, dove uno dei due partiti principali può, da solo o in coalizione con un secondo partito, formare un nuovo governo.
Nel caso dell’Unione europea, la maggioranza del Parlamento europeo è stata stabilmente formata, nel corso di 40 anni, da due partiti dominanti: il conservatore e il socialdemocratico. La novità è che con le elezioni di maggio questi due partiti per la prima volta non hanno più la maggioranza assoluta. Una svolta storica importante. Ma che non impedisce la creazione di una nuova maggioranza, ricorrendo a uno o due partiti collaterali su una piattaforma comune sostanzialmente orientata alla continuità della vecchia politica europea. Tomasi di Lampedusa, autore del “Gattopardo”, avrebbe potuto ribadire, riferendosi alle elezioni europee di maggio, che “se vogliamo che le cose rimangano come sono, le cose dovranno cambiare”. Ma i risultati elettorali ci forniscono effettivamente un quadro in grado di avvalorare una prospettiva di pura continuità? Se diamo uno sguardo ai principali quattro paesi dell’Unione europea, che da soli comprendono la maggioranza della sua popolazione, i colori diventano molto più sfumati e il futuro molto meno certo.

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Ferrari: “Per una nuova alternativa socialista e di sinistra”

di Sergio Ferrari – Come è noto, l’Associazione Labour-Riccardo Lombardi, ha curato, con il dott. Bufarale come autore, la pubblicazione di un volume sulla vita politica di R. Lombardi a partire dagli anni iniziali sino ai primi anni ‘60. Gli anni successivi, il periodo che va dagli anni ’60 al 1984, rappresentano per il nostro paese un periodo storico che avrebbe portato alla seconda repubblica.
In quegli anni il PSI, nonché, ovviamente, il PCI e la DC, praticamente tutte le forze politiche, erano di fatto bloccate su una condizione di conservazione politica in coerenza con gli equilibri politici tra USA e URSSS. Mentre sul piano economico si andava esaurendo la spinta keynesiana e si affermava la cultura liberista, in un contesto di progressiva e grave crisi economica nazionale e internazionale, Riccardo Lombardi sviluppava la sua proposta di alternativa di sinistra, che non solo avrebbe dovuto dar seguito all’ormai esaurito centro-sinistra, ma anche affrontare in termini strutturali e profondi la crisi sociale ed economica da tempo in atto nella società capitalistica. Quel “progetto” alternativo di Lombardi si incrociò con vicende straordinarie: a livello mondiale, il crollo del muro di Berlino, e a livello interno, Tangentopoli.

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PENNA: “UNA NUOVA IDENTITA’ SOCIALISTA”

di Renzo Penna – Questa volta il compito dell’Istituto Cattaneo nel calcolare i flussi dei voti riguardanti le Elezioni Europee 2019 non è risultato particolarmente gravoso. La Lega “pigliatutto” di Salvini ha conquistato voti dall’alleato di governo, dai partiti di centrodestra, in particolare Forza Italia (10%), e (qualche volta) anche dal Pd; Il M5S ha “traghettato” in maniera consistente voti verso la Lega (17%) ed è stato fortemente penalizzato dall’astensione; Il Pd ha limitato le perdite, ma non attratto nuovi elettori.
La Lega, che nei confronti delle elezioni politiche dello scorso anno ha raddoppiato la sua percentuale passando dal 17,4 al 34,3%, vede crescere i propri consensi attingendo sia dalla generazione dei “Baby Boomers” (persone nate dal 1946 al 1964), che dalla generazione “Z” (persone maggiorenni nate dopo il 1997), rispettivamente +19 e +21%. Analogamente il M5S li vede ridursi del -11 e del -25%. Da questi due gruppi di votanti il PD raccoglie il 25% (+1%) e il 23% (+9%). Per quanto riguarda i flussi delle categorie sociali e considerando solo le tre principali forze politiche, circa la metà degli operai, il 48%, vota la Lega (+29%), il 19% sceglie il M5S (-20%), e solo il 13% il PD (-1%). Anche i cittadini più poveri premiano il partito di Salvini con il 47% (+18%), scelgono con il 20% il M5S (-17%) e con il 9% il PD (+6%). Più equilibrata la distribuzione del voto del ceto medio: il 35% vota la Lega (+15%), il 20% il M5S (-14%), il 18% il PD (+2%).

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Negri: “Ventitré anni fa moriva LUCIANO LAMA”

Sergio Negri – Alle 16,55 di venerdì 31 maggio del 1996 si spegneva LUCIANO LAMA. Qualche ora prima, in quello stesso giorno, il Governo Prodi otteneva nell’aula di Montecitorio la fiducia definitiva del Parlamento.
Forse per la prima volta nelle vicende umane conosciute, il destino si era piegato alla volontà di un uomo.
Sì perché Luciano Lama aveva scelto, nel corso della sua vita straordinaria, di lavorare alla “missione” riformista la quale prevedeva il riscatto dei lavoratori dall’antico servaggio riconoscen-do a loro però anche il diritto e il dovere di aspirare al Governo del Paese. In un libro intervista dal titolo “Cari Compagni” Luciano Lama diceva di sé: <<Direi che sono un riformista unitario, o, se si vuole, un riformatore unitario. Unitario nel senso pieno del termine – unità dei lavoratori, unità delle forze politiche che si riconoscono nella causa di emancipazione del mondo del lavoro – perché si raccolgano tutte le energie disponibili attorno agli obiettivi che vogliamo realizzare. Obiettivi che oggi sono quelli di un programma riformatore, per cambiare questa società democraticamente, dando concretezza ai valori storici del socialismo: l’uguaglianza, la libertà, lo sviluppo, la conoscenza, la giustizia, la salute, la pace>>
Aveva inseguito a lungo il sogno di vedere affidare ai “suoi amici e compagni” il compito di go-vernare l’Italia.

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Tronti: “Lavorare meno, la lezione di Carniti sempre più attuale”

Il presidente dell’Inps Tridico ha rilanciato la proposta tante volte avanzata da Carniti e Tarantelli: non si dovrebbe lasciarla cadere, in una situazione in cui i salari reali non hanno tenuto il passo nemmeno con il modesto aumento della produttività e in cui una riduzione generalizzata delle ore lavorate, non contrattata, si è realizzata di fatto. Il recente contratto dei metalmeccanici tedeschi mostra che è possibile

Leonello Tronti – “Rilanciare oggi lo slogan di Pierre Carniti ed Ezio Tarantelli, come ha fatto recentemente Pasquale Tridico in visita alla Sapienza, è certamente uno stimolo importante e non va lasciato cadere. Oltre al valore macroeconomico, di cui discuto più avanti, il punto fondamentale della riproposizione è oggi quello della volontarietà della riduzione di orario, su cui un notevole passo avanti è stato fatto dal contratto dell’IG-Metall del Baden-Württemberg (qui il mio articolo su Industriamoci, il mensile della Uiltec, di febbraio 2018). E all’opposto, a proposito di riduzione di orario non contrattata collettivamente, va ricordato che in Italia una riduzione generalizzata – ma involontaria – dell’orario di lavoro è in corso dal 4° trimestre del 2008: -4,1% per i dipendenti, -4,6% per tutti gli occupati.

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Ferrari: “L’attualità del progetto politico di Lombardi”

Sergio Ferrari – L’Associazione “Labour – Riccardo Lombardi” ha in programma con il dott. Luca Bufarale, come autore, la pubblicazione di un nuovo volume sulla vita politica di Riccardo Lombardi. Il libro dovrà affrontare il periodo che va dai primi anni ’60 al 1984. Si tratta di un periodo centrale per il nostro paese, un periodo che avrebbe portato alla seconda repubblica.
In quegli anni tutte le forze politiche – il PSI, nonchè ovviamente il PCI e la DC – erano di fatto bloccate su una condizione di conservazione politica. Mentre su piano economico si andava esaurendo la spinta neokeynesiana e si affermava la cultura liberista, in un contesto di progressiva e grave crisi economica nazionale e internazionale, R. Lombardi sviluppava la sua proposta di alternativa di sinistra, che non solo avrebbe dovuto dar seguito all’ormai esaurito centro-sinistra, ma anche affrontare in termini strutturali e profondi la crisi sociale ed economica in atto.

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Penna: “La Festa della Liberazione è ‘divisiva’ solo per i nostalgici dell’uomo ‘forte’”

Renzo Penna – Cerco di dare una risposta, sotto il profilo storico, a due questioni ricorrenti che si pongono, entrambe, un obiettivo strumentale: la prima di mettere in discussione la Festa del 25 aprile, la seconda di considerare in maniera benevola il Fascismo e l’opera di Mussolini.
a) – Periodicamente c’è chi punta a considerare il 25 aprile una festa di parte, ritenendola ‘divisiva’. Vediamo, allora, perché si celebra il 25 aprile come “Festa Nazionale della Liberazione” e chi lo ha deciso. L’occupazione tedesca e fascista in Italia non terminò in un solo giorno, ma si ritiene il 25 aprile come la data simbolo della Liberazione perché quel giorno del 1945 coincise con l’inizio della ritirata da parte dei militari della Germania nazista e dei fascisti della Repubblica di Salò dalle città di Torino e di Milano; dopo che la popolazione si era ribellata e i partigiani avevano organizzato un piano coordinato per riprendere le città.
La nostra Provincia, ad esempio, si liberò completamente il 29 aprile ’45 con la resa dei tedeschi a Valenza, mentre il pomeriggio del 28 venne firmata la resa ad Alessandria – all’interno della Cattedrale – dal generale tedesco Hildebrand e, per i partigiani, da Luigi Longo, l’ammiraglio Girosi e il prefetto Livio Pivano. Ma per la vera pace si dovette attendere l’8 maggio con la definitiva resa della Germania. La decisione di scegliere il 25 aprile come “Festa Nazionale della Liberazione” fu presa il 22 aprile del 1946, quando il governo italiano provvisorio, guidato da Alcide De Gasperi, propose la data che fu stabilita con decreto da Filippo II di Savoia, in quanto era ancora in vigore la monarchia. La data fu fissata in modo definitivo nel maggio 1949, sempre su proposta di De Gasperi come presidente del Consiglio e dopo che nel giugno 1946 gli italiani con un referendum avevano deciso la fine della monarchia e l’inizio della Repubblica. Con la firma del liberale Luigi Einaudi, primo Presidente della Repubblica eletto secondo la Costituzione (Camera e Senato in seduta congiunta, senza, ancora, i rappresentanti delle Regioni). Enrico De Nicola, come Einaudi un liberale, in assoluto il primo Presidente, era stato indicato dall’Assemblea Costituente e rimasto in carica solo quattro mesi. Quindi la proposta del 25 aprile come Festa Nazionale è stata proposta per due volte dal Democratico Cristiano Alcide De Gasperi, nel ruolo di capo del Governo, e condivisa, la prima volta, dal monarchico Filippo II di Savoia e la seconda dal liberale Luigi Einaudi, dopo l’unanime approvazione del Parlamento.
b) – Il secondo argomento, anch’esso strumentale, si propone di dimostrare che “Mussolini e il Fascismo hanno fatto anche cose buone” e la guerra sia stata una sorta di incidente di percorso. Un luogo comune di recente ripreso anche da un politico con importanti responsabilità in sede europea che è stato, poi, costretto a precisare e smentire. Perché in Europa non ci perdonano d’essere stati il Paese che, per primo, ha ‘inventato’ il Fascismo.
Chi fa queste affermazioni giustifica, nella sostanza, la dittatura come forma di governo e considera ‘normale’ la mancanza della libertà. Il Fascismo in Italia, con la responsabilità della Monarchia e il sostegno degli agrari, si è imposto con la violenza, mettendo fuori legge tutti i partiti, sciogliendo i sindacati, assaltando le Società operaie e le Camere del Lavoro. Gli avversari politici sono stati incarcerati, o mandati al confine politico, sin dai primissimi anni del regime: Antonio Gramsci, Sandro Pertini, Vittorio Foa, Don Luigi Sturzo (fondatore del Partito Popolare, esiliato nel 1924), Piero Gobetti (liberale, morto nel ’26 in Francia).
La dittatura ha eliminato chi denunciava i misfatti del Fascismo: Giacomo Matteotti, assassinato nel giugno del 1924; Giovanni Amendola, aggredito da una squadraccia nel ‘25 e morto, in conseguenza delle percosse, nel 1926, esule in Francia; I fratelli Rosselli (Carlo e Nello) assassinati in Francia nel 1937; Leone Gisburg, più volte arrestato, torturato e morto in carcere nel ’44. Nel ventennio 42 oppositori politici della dittatura sono stati fucilati su sentenza del tribunale Speciale.
E la guerra con la Germania nazista non è stata un incidente, ma perseguita e voluta sin dall’inizio: “libro e moschetto” era ciò che il regime proponeva ai ragazzi sin dalle prime scuole. E poi sono del 1935-’37 i fatti tragici di cui si parla meno: – gli 80.000 libici sradicati dal Gebel con le loro famiglie e condannati a morire di stenti nelle zone desertiche della Cirenaica dal generale Graziani; – i 70.000 abissini barbaramente uccisi nel corso della impresa Etiopica anche con l’utilizzo dei gas asfissianti. Responsabilità, condivisa con Graziani, anche dal maresciallo Badoglio.
E, ancora, le leggi razziali approvate nel 1938.
La stragrande maggioranza degli storici, non solo italiani, al contrario di chi, a tutti i costi, vuole trovare cose buone nel Fascismo, ritengono che: Mussolini fu un pessimo amministratore, un modestissimo stratega, tutt’altro che un uomo di specchiata onestà, (per non parlare della corruzione dei Gerarchi), un economista inetto e uno spietato dittatore. Il risultato del suo regime ventennale fu un generale impoverimento della popolazione italiana, un aumento vertiginoso delle ingiustizie, la provincializzazione del paese e, infine, una guerra disastrosa.
Una guerra che ha avuto come conseguenza: – 350.000 militari e ufficiali italiani caduti o dispersi; – 45.000 deportati politici e razziali nei campi di sterminio, 15.000 dei quali non hanno fatto più ritorno; – 640.000 militari italiani internati militari nei lager tedeschi. Tra costoro 40.000 moriranno nei campi, mentre il resto dei prigionieri di guerra languiranno per anni patendo la fame e il freddo rinchiusi tra i reticolati, sparsi nei diversi paesi europei; – decine di migliaia i civili (circa 150 mila) sepolti vivi tra le macerie dei bombardamenti delle città.
Alessandria, 26 aprile 2015

Penna: “A sinistra i partiti non si improvvisano”

Renzo Penna – “Le forze politiche che hanno formato la lista di LeU (‘Liberi e Uguali’) non sono riuscite a costruire – come avevano promesso agli elettori – un nuovo partito socialista, di sinistra, pluralista e si stanno presentando in ordine sparso all’appuntamento delle Elezioni Europee. Dove, in presenza di uno sbarramento al 4%, con ogni probabilità, disperderanno i voti e la loro azione risulterà, in ogni caso, pressoché ininfluente. Mentre la necessità di una formazione alla sinistra del PD risulta, anche dopo l’elezione a Segretario di Nicola Zingaretti, quanto mai necessaria. Anche perché il nuovo responsabile del PD, al di là di una maggiore disponibilità alle alleanze e al confronto con le parti sociali, non ha modificato in nulla l’indirizzo economico e politico.

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