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Colla: “Vigevani, oggi, sarebbe molto di sinistra”

Renzo Penna – Nel suo intervento di sabato 2 marzo 2019 a Castel Sangiovanni (PC) Vincenzo Colla, il Vice Segretario nazionale della CGIL, nel ricordare la figura di Fausto Vigevani, i suoi incarichi impegnativi e di prestigio nel sindacato, ha fatto presente come Fausto si confrontasse con personalità, sia del sindacato che della politica, del livello di Luciano Lama, Bruno Trentin, Vittorio Foa, Giorgio Ruffolo, Sylos Labini, Paolo Leon. E, registrando le differenze con l’attuale situazione, ha auspicato di poter essere all’altezza nella nuova responsabilità che lo riguarda, decisa dall’ultimo Congresso. Secondo Colla, Vigevani ha continuato ad essere e comportarsi da sindacalista anche quando è stato eletto Senatore e designato Sottosegretario alle Finanze. Così come la rinuncia al vitalizio, di recente scoperta e ripresa dai media, non ha nulla a che vedere con le attuali scelte delle forze politiche, ma è stata una decisione personale, condivisa solo con i propri famigliari, di chi ha considerato quegli incarichi un servizio per il Paese in sé bastante. Ricordo che la notizia è diventata di dominio pubblico dieci anni dopo la scomparsa di Fausto quando, per realizzare il secondo volume a lui dedicato, Davide Vanicelli e Sergio Negri hanno intervistato la figlia Valentina. Anche in questa scelta Vigevani si è confermato un uomo interessato all’assere e non all’avere.

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Tronti: “Dieci obiettivi contro la recessione”

Di Leonello Tronti – “Rispondo volentieri alla richiesta di Keynes Blog segnalando anzitutto la piattaforma unitaria per la legge di bilancio 2019 che CGIL, CISL e UIL hanno consegnato al Governo il 22 ottobre 2018, che mi sembra abbia sinora trovato ben poca disponibilità all’ascolto da parte della politica, come del resto ben poca pubblicità e ancor minore approfondimento sui mezzi di comunicazione di massa. La piattaforma è un documento molto utile e interessante, innovativo nel metodo e del tutto condivisibile. Tuttavia, non si può negare che essa susciti anche la sensazione di un eccesso di dettaglio e possa presentare quindi qualche difficoltà di comunicazione a un largo pubblico, che ne può indebolire la capacità di raccogliere un sostegno forte e combattivo da parte anzitutto dei lavoratori. Anche se questi hanno indubbiamente dimostrato con la manifestazione del 9 febbraio una rilevante e non prevedibile disponibilità alla mobilitazione.  Come che sia, propongo qui un compendio personale e molto sintetico della piattaforma, che ne riprende alcuni elementi, li integra con altri farina del mio sacco e sintetizza il tutto in due obiettivi sociali irrinunciabili, tre assi fondamentali di politica industriale e cinque punti cardine di riforma delle politiche economiche europee.

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Lettieri: “Per salvare l’Unione torniamo al Trattato”

di Antonio Lettieri da “Eguaglianza & Libertà”Il riconoscimento del fallimento della vecchia politica è la premessa per definire un nuovo quadro politico basato sull’uso della moneta unica e le prossime elezioni europee potrebbero aprire nuovi scenari. Il deficit fino al 3% stabilito a Maastricht potrebbe ridare spazio agli Stati per gestire la politica fiscale.

La lunga controversia tra l’Italia e le autorità della zona euro è stata risolta all’ultimo minuto. Non è stata attivata la procedura per “disavanzo eccessivo” nei confronti dell’Italia, una misura senza precedenti nell’area dell’euro fin dalla sua fondazione. Dobbiamo chiederci se questo scontro sia stato un semplice incidente di percorso o piuttosto la manifestazione di una rottura del motore che ha dominato l’eurozona negli ultimi due decenni. Vale la pena ricordare che il conflitto aperto dalla Commissione europea contro il nuovo governo italiano riguardava alcuni decimali del deficit di bilancio del 2019. Per collocare la disputa in una prospettiva più ampia, bisogna tornare alla natura delle sfide che hanno caratterizzato l’eurozona nell’ultimo decennio dopo la crisi finanziaria prima esplosa negli Stati Uniti e poi in Europa.

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Il reddito di cittadinanza come Jobs Act 2

di Mauro Gallegati – “Sbilanciamoci.info” – 2 Gennaio 2019 |
Per come è stato formulata la misura detta “reddito di cittadinanza” non è altro un sussidio temporaneo di disoccupazione con un certo guadagno per le imprese: in pratica un Jobs act 2. La filosofia è la stessa: come aiutare la flex-security senza usare la leva fiscale a fini redistributivi.

Il 2018 è stato un anno orribile per il reddito di cittadinanza, ritirato in quasi tutti i Paesi che lo avevano sperimentato per via di costi insostenibili se non sono accompagnati da adeguate politiche redistributive. Eppure economisti e imprenditori nelle élite della tecnologia lo considerano una risposta adeguata alla disoccupazione tecnologica – le perdite di posti di lavoro causate dall’automazione.

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Penna: “CAMBIA IL CLIMA E IL PAESE SI SCOPRE FRAGILE”

“I fenomeni atmosferici di questo autunno che hanno flagellato la penisola, mai così estremi per intensità e diffusione, ci dicono che il cambiamento del clima è in atto e riguarda, insieme al bacino del mediterraneo, direttamente il nostro Paese. A lanciare l’allarme è uno studio internazionale, pubblicato dalla rivista scientifica Nature Climate Change, che rappresenta un monito soprattutto per i paesi del sud del Mediterraneo. Secondo l’analisi – la prima a valutare a largo spettro le conseguenze per chi vive nel mare racchiuso tra Europa ed Africa – la temperatura media è già aumentata di 1,4 gradi centigradi rispetto all’era pre-industriale. Ciò significa che nella regione i cambiamenti climatici progrediscono ad un ritmo più veloce rispetto al resto del mondo. A livello globale, infatti, la crescita della temperatura è stata, finora, di un “solo” grado. Questa diversa progressione del fenomeno si registra anche ai due poli della terra. Mentre il riscaldamento dell’Artide procede a velocità doppia, l’Antartide conserva una temperatura più fredda. Nell’estremo nord – nei territori di Russia, Canada e Stati Uniti che circondano il Circolo Polare – con il ritrarsi dei ghiacciai, la terra congelata da millenni tende a sciogliersi (permafrost) e i climatologi temono che si liberi in atmosfera una grande quantità di gas serra rimasta per millenni immobilizzata.

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Lombardi e il piano del lavoro 1949-’50 della CGIL

Riccardo Lombardi: “ Il problema dei finanziamenti e l’obiettivo del Piano del lavoro della CGIL” ( da “Rinascita”, febbraio/1950).
Nel 1950 la CGIL lanciava la campagna per il “Piano del lavoro”. Il Piano presupponeva una messa in discussione del modello di sviluppo perseguito dalla DC e dai suoi alleati nel primo quinquennio repubblicano. Un modello di sviluppo teso a privilegiare l’accumulazione privata e la libertà del mercato nel stabilire le priorità di investimento nel Paese. Contro questa visione si scagliò Riccardo Lombardi, uno dei più attivi e competenti difensori del Piano confederale. Nell’articolo che segue, pubblicato su “Rinascita” nel febbraio del 1950, Lombardi confuta l’impianto liberista delle misure economiche portate avanti dai governi De Gasperi e sottolinea le potenzialità di crescita di un piano di intervento statale. Si tratta di un dibattito che, a distanza di quasi 70 anni, risulta utile a capire la vera natura dello scontro in atto oggi tra i sostenitori dell’austerità e chi propone la necessità dell’intervento pubblico come via privilegiata verso la ricostruzione di un’economia al servizio delle persone.

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Ruffolo: “PD, la crisi di un partito senza identità” (22/09/2010)

di Giorgio Ruffolo, la Repubblica, 22 settembre 2010. “C’è chi dice che il Partito democratico non c’è più. C’è chi dice che non c’è mai stato. Sulla sua esistenza grava un peccato originale. Pur di non riconoscersi in una identità socialista questo nuovo partito ha scelto un non-luogo politico esponendosi al rischio, puntualmente verificatosi, di costituirsi come congerie di gruppi e progetti disparati. Parlai allora, esprimendo le mie riserve, di salade niçoise. Il fatto è che le identità politiche non si inventano con brillanti improvvisazioni. Sono storia e memoria, non slogan che degradano la politica in pubblicità. Questa sua condizione di nomade politico si è subito rivelata nella difficoltà di trovare una collocazione politica precisa in Europa e nella pretesa che fossero i partiti socialisti europei a rinunciare alla loro identità in nome di non si sa che cosa.
Ma c’è di più. Il nobile e ambizioso proposito di realizzare la confluenza in una nuova forza politica di due grandi correnti sociali, una sinistra laica e una sinistra cattolica, avrebbe richiesto la elaborazione di un progetto di società come fondamento ideologico del nuovo partito. Il termine ideologia è stato screditato da Marx come «falsa coscienza». E invece, come Bobbio ricorda, deve essere inteso nel suo significato originario, di interpretazione della storia e di ispirazione ideale ed etica della politica. Ora, non si ha neppure la minima traccia, nella breve e tormentata vita del Partito democratico, di un investimento culturale e politico inteso a costruire una ideologia moderna, una proposta di società, un progetto di riforme economiche, istituzionali e sociali capace di concretarla.

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Lettieri: “L’anno che può sconvolgere l’Europa”

di Antonio Lettieri 16/09/2018 (*) –  Le elezioni del Parlamento Ue in primavera indeboliranno ancora, con ogni probabilità, le coalizioni che hanno tradizionalmente guidato la maggior parte dei paesi, alla vigilia dei rinnovi delle principali cariche di vertice. In Italia, nonostante le ambiguità e contraddizioni, il governo giallo-verde gode dell’appoggio popolare. Se davvero attuerà una politica più espansiva sarà un segnale importante. E’ possibile un cambio di rotta sia da noi che nell’Unione.
Nei sondaggi correnti la maggioranza degli elettori si schiera a favore del governo basato sulla coalizione fra Cinquestelle e Lega. Ma se si chiedesse ai militanti di ciascuno dei due partiti della coalizione quale sarebbe stata la sua scelta preferenziale, almeno una parte avrebbe espresso una scelta diversa: l’una a favore di una coalizione chiaramente di destra; l’altra per un’alleanza fra Cinquestelle e Partito democratico. La ragione è chiara. La lega di Salvini è un partito inequivocabilmente di destra. Mentre in una parte dei Cinquestelle, forse la maggioranza, prevale un’inclinazione di sinistra.

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Penna: “LA SINISTRA SENZA POPOLO”

di Renzo Penna – A fine agosto l’ex segretario del PD Walter Veltroni, con un lungo articolo pubblicato con rilievo da “la Repubblica”, è intervenuto nel dibattito politico denunciando la pericolosità del momento e i rischi che corre la democrazia. “Non chiamiamoli populisti – ha affermato – contro questa destra estrema è l’ora di una nuova sinistra”. L’intervento, come era prevedibile, ha suscitato diversi commenti. Il più entusiasta Eugenio Scalfari per il quale “Veltroni ha scritto uno splendido articolo fondato su tre punti capitali: la democrazia, la sinistra italiana, l’Europa”. Nel lungo pezzo alcuni hanno, in particolare, evidenziato le parti che sono suonate maggiormente critiche nei confronti di Matteo Renzi: la denuncia del partito liquido, l’uso del termine rottamazione che “non è una nostra parola, figlia della nostra cultura” e, soprattutto, il giudizio verso il M5S nei cui confronti “la sinistra ha compiuto gravi errori. Ha cambiato mille volte atteggiamento, ha demonizzato… senza capire che molti dei voti andati il 4 marzo ai cinque stelle erano di elettori della sinistra”. Su quest’ultimo aspetto, considerando ineccepibile l’analisi sul movimento di Grillo e la fuga di massa dal Pd, Antonio Padellaro, però, si domanda se davvero Veltroni “può pensare che a quei tanti ex elettori, per ravvedersi e tornare a casa, sarà sufficiente una bella riverniciata al partito di cui egli è stato il fondatore, magari cambiando nome all’insegna? O rimanendo solo in fervida attesa di una ipotetica dissoluzione dei Cinquestelle?”

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Tronti: “Il Sindacato e la crisi sociale”

di Leonello Tronti (Università degli Studi Roma Tre), intervento al convegno dell’Associazione Labour: “Fausto Vigevani: l’innovazione nel Sindacato e nella politica”, CGIL Nazionale, 11 giugno 2018

1. Premessa
Purtroppo non ho mai la fortuna di conoscere personalmente Fausto Vigevani e, non avendo sufficientemente approfondito la sua opera e la sua figura, non ritengo opportuno parlare di lui direttamente. Vorrei quindi rifarmi al suo impegno in modo indiretto, partendo dal momento storico in cui maturò il decreto di San Valentino: una fase davvero critica per il sindacato italiano e in particolare per la componente socialista della CGIL. In quella fase Vigevani, che dal 1982 era membro della segreteria nazionale della CGIL, fu chiamato a svolgere un ruolo molto difficile, di minoranza e non condivisione, se non di aperta opposizione alla linea confederale. Un ruolo di difesa dell’embrione di unità sindacale, costruito con fatica sulla base dell’impulso della FLM di Trentin, Carniti e Benvenuto, contro la posizione largamente maggioritaria del suo stesso sindacato.
Credo che quel momento sia stato davvero cruciale rispetto ai successivi sviluppi della società e dell’economia e che pertanto, avendo a mente la posizione di Vigevani, sia opportuno discutere sinteticamente di come la fragilità dell’unità sindacale abbia condizionato sino ad oggi la storia sociale ed economica del nostro Paese. Dall’esame delle condizioni critiche che si sono venute a creare da allora è quindi utile passare ad esaminare le prospettive si aprono oggi, in un momento di relativo consolidamento della prospettiva unitaria, su temi quali la riforma del modello contrattuale, la politica industriale e il ruolo delle relazioni industriali nel disegno di una fase di accelerazione dello sviluppo e di lotta alla crisi sociale del Paese.

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