La C.D.P. e il rinnovamento del Paese

CDPdi Sergio Ferrari – Nel recente articolo pubblicato da Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera dello scorso 14 giugno, viene posta la questione del rinnovo dei vertici della Cassa Depositi e Prestiti, che sembra essere all’attenzione del Governo. L’obiettivo dell’articolo di Giavazzi è facilmente immaginabile: spostare il ruolo della Cassa da investitore pubblico a quello di garante di investimenti privati. In sostanza il denaro dei risparmiatori confluito alla Cassa dovrebbe costituire una specie di garanzia degli investimenti secondo criteri definiti dagli stessi; la logica è quella ben nota di eliminazione dello Stato dal circuito dello sviluppo e di garante del risparmio privato. Se poi i risparmiatori dovessero avere qualche delusione … fa parte del mestiere.

A parte queste impostazioni, che attualmente dovrebbero rispondere delle crisi internazionali e nazionali di ben nota gravità, Giavazzi per sostenere la sua posizione richiama quella diversa di chi (anche se non richiamata si tratta della posizione della Mazzucato e del suo noto libro “Lo Stato innovatore” – Laterza 2014) avendo citato come esempio dell’importanza dell’intervento pubblico il successo dell’I-Phone all’origine del quale c’é stato un consistente investimento pubblico in R&S, intendeva ricordare la logica che regola attualmente lo sviluppo e la qualità dello sviluppo. Ma a Giavazzi, anche questo ruolo dello Stato dà fastidio, per cui tenta di smentire quella posizione ricordando come dietro ai successi dell’I-Phone ci sia stata l’ “intuizione di Steve Jobs”. Se non che questa precisazione non smentisce nulla, ma serve solo a confermare come lo sviluppo moderno in termini di crescita e di qualità della crescita si avvale di strumenti e di interventi che ridotti alla categoria del libero mercato potrebbero portare ai risultati più disparati e – occasionalmente – anche a quelli sperati da Giavazzi.

Si dà il caso che nel nostro Paese proprio le precondizioni necessarie per uno sviluppo competitivo e qualificato sono non solo fortemente carenti, ma anche tali da aver dato luogo ad un accumulo di ritardi rispetto ai paesi nostri partner europei, ormai difficilmente recuperabili se non immaginando uno specifico e importante piano di intervento: le risorse in uomini o in mezzi finanziari dedicate alla R&S da parte del nostro sistema manifatturiero sono pari alla metà di quelle investite dagli altri paesi avanzati – quando va bene – e, come accennato, questa differenza tende a crescere con il passare degli anni. Inoltre anche le politiche recentemente adottate dal Governo, di incentivare la spesa in R&S fatta dalle imprese, non sono in grado di superare le riflessioni critiche sulla loro efficacia, riflessioni peraltro confermate da varie indagini condotte dai ricercatori della Banca d’Italia (G. de Blasio, F. Lotti – La valutazione degli aiuti alle imprese. Ed. Mulino – 2008). La scelta sottesa a questi dati è quella di un sistema produttivo che gioca sul piano della competitività di costo, non certo su quello di una competitività di qualità. Il declino specifico del nostro Paese in questi vari lustri è segnato da questi andamenti.

A questo punto si potrebbe riprendere la questione del che fare con la Cassa Depositi e Prestiti avanzando una specifica proposta di “specializzazione” sul fronte della qualità del nostro sviluppo, coprendo il ruolo di fornitore di risorse finanziarie al sistema pubblico della ricerca su basi di una progettualità di medio e lungo periodo e, come tale, attenta anche alla dimensione della ricerca libera, sino a comprendere le fasi precompetitive degli investimenti di rischio. E quindi anche di Ufficio di analisi delle prospettive e delle logiche delle possibili scelte di quegli investimenti, conferendo agli obiettivi della sostenibilità e della qualità dello sviluppo una concretezza altrimenti difficilmente ottenibile.

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