Riunire la Sinistra nel PSE e ricostruire l’alleanza per il Governo del Paese

di Renzo Penna

L’iniziativa di ”Città Futura” del 27/2/’09 di discutere, in maniera libera ed aperta, sullo stato della sinistra ha avuto il pregio di offrire una sede, un luogo di discussione che la crisi e la perdita di ruolo dei partiti oggi rende problematica ed è preclusa a molti. Di seguito gli appunti del mio intervento. 

Crisi mondiale

Le cause della crisi mondiale sono la conseguenza di un mercato senza regole, di una finanziarizzazione estrema dell’economia globale e il frutto malato delle teorie iperliberiste applicate da un capitalismo irresponsabile. Le linee portanti di questa teoria: svalutazione e mercificazione del lavoro, disuguaglianza nelle retribuzioni e nei redditi assunta come valore, un modello di crescita squilibrata – insostenibile dal punto di vista ecologico e sociale – sostenuto dal ricorso sistematico all’indebitamento caricato sulle future generazioni.

Situazione italiana

La crisi nel contesto italiano assomma le sue conseguenze (crollo della produzione, aumento della cassa integrazione, chiusura improvvisa di aziende, perdita di lavoro nel privato e nel pubblico) a condizioni diseguali di retribuzioni, redditi e patrimoni già presenti e preoccupanti:

a) la diminuzione del potere d’acquisto dei salari nella misura del 16% dal 1988 al 2006, è considerata dall’OIL “una vera emergenza salariale”;

b) l’andamento delle retribuzioni reali al netto dell’inflazione tra il 1995 e i 2005 che vede un aumento dell’1,5% in Italia, del 9,5% in Germania, del 14,5% in Francia e del 25,5% nel Regno Unito; con questi dati diventano più comprensibili le recenti proteste dei lavoratori inglesi nei confronti della Total e dei lavoratori italiani che, probabilmente, lavorano con salari inferiori.

c) secondo l’OCSE, sui trenta paesi aderenti solo cinque, tra i quali Stati Uniti e Brasile, hanno una disuguaglianza superiore all’Italia;

d) per la Banca d’Italia, la situazione del reddito vede il 20% della popolazione più povera percepire meno del 7% del reddito totale e il 20% di quella più ricca riceverne più del 41%;

e) mentre per il patrimonio il 10% delle famiglie più ricche possiede metà della ricchezza reale e finanziaria e il 50% delle più povere ha solo il 10% della ricchezza totale.

Emergenza salariale e reddituale unita alla crisi e alla perdita di lavoro stanno causando fenomeni di repentino impoverimento con l’impossibilità, ad esempio, di sostenere le spese per la casa (rate del mutuo o affitto) e il ritorno delle richieste tra gli italiani per lavori che ci eravamo abituati a considerare di competenza degli immigrati (imprese di pulizia, badanti,…). 

Le difficoltà della sinistra e la risposta di Obama

Di fronte a questo la risposta della sinistra europea è nei contenuti generali del Manifesto di Madrid del PSE, ma sconta la parzialità delle risposte nazionali e incontra difficoltà a pochi mesi dal rinnovo del parlamento, mentre quella italiana evidenzia le conseguenze nel centrosinistra della pesantissima sconfitta elettorale con la crisi del PD e le divisioni del resto della sinistra, tanto da far generalmente ritenere l’attuale governo di destra senza una credibile opposizione. Questo mentre Berlusconi attacca il capo dello Stato, utilizzando cinicamente la penosa vicenda di Eluana Englaro, per mettere in discussione la separazione dei poteri costituzionali e il ruolo del Parlamento.

Le attese e le speranze di una sinistra riformatrice, che vuole seriamente combattere le disuguaglianze, valorizzare il lavoro, sostenere e aggiornare lo stato sociale, rispettare la sostenibilità nello sviluppo e il limite nell’utilizzo delle risorse, sono rivolte oltre atlantico dove il nuovo presidente Obama è impegnato a dare concretezza ad un programma che, su fiscalità, istruzione, sanità, energia ed ambiente, lo avvicina molto al modello della socialdemocrazia europea.

Le cause della sconfitta

In Italia le forze progressiste, per dotarsi di una credibile capacità di risposta, devono, in primo luogo, riflettere sui motivi e le ragioni che hanno portato alla caduta del governo Prodi, prendere atto della dimensione e della profondità della sconfitta alle elezioni politiche – che è paragonabile solo a quella del ’48 – e partire dal superamento delle cause per cambiare politica e strategia. Pena il rimanere ininfluenti e restare all’opposizione per un periodo non breve. Vediamo le principali:

1)      Il superamento da parte del PD della sua proclamata “autosufficienza” politica e programmatica che ha messo in discussione non solo l’esperienza, criticata e criticabile, dell’Unione, ma lo stesso impianto dell’Ulivo con il quale Prodi ha vinto due volte le elezioni e battuto Berlusconi. Autosufficienza che ha portato non solo alla sconfitta nelle politiche, ma ha già indebolito l’alleanza del centrosinistra nelle amministrazioni locali e portato alla sconfitta il comune di Roma e la Sardegna. E che, unita alla modifica della legge, voluta da Veltroni e decisa con la maggioranza a pochi mesi dal voto, con lo sbarramento al 4% nelle elezioni europee, rischia di causare un effetto domino nelle amministrative di giugno.

2)      Una insufficiente “cultura di governo” tra le forze della sinistra che componevano il secondo governo Prodi e ne hanno, in parte, determinato la caduta. E che, non chiarita, è stata tra le cause dell’insuccesso elettorale della “sinistra arcobaleno” che ha portato, per la prima volta, l’esclusione dal parlamento di una forza dichiaratamente di sinistra. Visto che il PD rifiuta questa definizione. Cultura di governo che in una coalizione significa accettazione del pluralismo e senso della mediazione. Un esempio eclatante il comportamento critico tenuto nei confronti dell’accordo del governo su ammortizzatori sociali e superamento dello “scalone” per le pensioni di anzianità, sottoscritto da tutto il sindacato, anche dopo l’ampio pronunciamento favorevole di milioni di lavoratori e pensionati. Stride quel comportamento di allora, così critico verso il governo Prodi, con la situazione attuale, nella quale il governo di destra punta esplicitamente a dividere il sindacato e a isolare la CGIL, firma accordi separati sul modello contrattuale e si appresta a modificare, in senso restrittivo, la legislazione sullo sciopero. Senza che si assista nel paese ad una reazione adeguata.

3)      L’affermarsi nel PD di un “modello di partito” che presenta molte similitudini con quello teorizzato nell’ultima periodo da Craxi. Un partito poco collegato alla realtà e poco presente sul territorio, incapace di cogliere e rappresentare i problemi quotidiani delle persone. A) un partito interclassista che nel proclamare una poco credibile equidistanza tra lavoro e impresa rinuncia, nella sostanza, a rappresentare le ragioni del lavoro. B) un partito leggero nel quale è stata messa in dubbio la stessa iscrizione. C) un partito del leader con una propensione sul piano istituzionale al presidenzialismo, sottovalutando i rischi democratici che ciò comporta in questo paese e con questa destra. Un partito nel quale le primarie sostituiscono la partecipazione democratica degli aderenti e la necessità delle sezioni. Un modello che ha già messo in luce in significative amministrazioni, non solo la mancanza di autonomia, ma la dipendenza nelle decisioni degli eletti dal potere economico e l’inevitabile legame con la corruzione e l’arricchimento personale.

Una situazione, quest’ultima, che nella sostanziale indifferenza dei comportamenti e delle scelte tra destra e sinistra, fa propendere una parte dell’elettorato progressista verso l’astensione o il non voto. Un fenomeno che la nomenclatura dei partiti può anche cercare di non considerare e non vedere, ma con il quale rischia di fare i conti a giugno all’apertura dei seggi.   

Riunificare la sinistra

Occorre tornare a riunire la sinistra, superando l’anomalia tutta italiana di unico Paese in Europa senza una grande formazione politica appartenente al PSE. Predisponendo a questo fine una lista per le elezioni europee tra tutte le forze che si riconoscono, o si possono riconoscere nel Socialismo europeo. Una aggregazione che trovi l’adesione di associazioni, movimenti e forze politiche appartenenti o vicine a Sinistra democratica, al Partito socialista, al mondo laico ed ecologista, di quanti in Rifondazione per la sinistra si riconoscono nel ruolo del socialismo europeo, di tutti quelli che da tempo attendono di costruire anche in Italia una sinistra riformatrice e socialista.

Un insieme di forze che per il profilo programmatico completi di contenuti e specificità italiane il Manifesto del PSE di Madrid e si confronti alla pari con il PD con l’obiettivo di ricostruire una nuova e più credibile alleanza di centro sinistra per il governo del paese.

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