Se non ora, quando?

4 febbraio 2008

Intervento sottoscritto da: Rita Battaglia, Mauro Beschi, Maria Console, Sandro Dessì, Sergio Ferrari, Carla Pecchioni, Renzo Penna, Carmelo Romeo, che intervengono criticamente sullo condizioni politiche di Sinistra Democratica evidenziando le incoerenze tra il progetto costituente dell’assemblea del 5 maggio 2007 e l’attuale situazione. 

Oggi si sente il bisogno di rilanciare il progetto del 5 maggio, di combattere l’idea delle due si nistre, di recuperare, come scelta pregiudiziale, la prospettiva di governo di qualsivoglia soggetto che non intenda rassegnarsi alla marginalità ed all’impotenza, di rinnovare la ricerca sulla questione del socialismo, di assumere il rapporto con le rappresentanze sociali del lavoro come questione cruciale per potersi riappropriare di adeguate ed urgenti politiche in grado di modificare i rapporti di potere economici e sociali

Alcuni giorni fa su Aprileonline è stata pubblicato un documento intitolato “Una Sinistra per il Paese” nel quale venivano affrontate alcune questioni politiche riguardo le necessità e le prospettive per una sinistra di governo in Italia.
Mentre si sono evidenziati interventi, tra i quali quelli di Spini e Grillini, e commenti di vario genere rimane assordante il silenzio del gruppo dirigente di Sinistra Democratica, che era il destinatario principale di quelle riflessioni.

Ora, a prescindere dalla condivisione o meno di un analisi piuttosto critica delle decisioni di questi mesi, nelle quali si riscontrava una evidente frattura tra le decisioni politiche che avevano motivato l’uscita dai DS e la piattaforma programmatica dell’ Assemblea del 5 maggio 2007 e le scelte che stanno producendo una unificazione sostanzialmente priva di risposte al percorso invocato, sembrerebbe oggi necessario, di fronte al precipitare della crisi politica, non sfuggire ai nodi di una domanda di unità che non può essere scollegata ed indifferente riguardo la sinistra che vogliamo, la sinistra utile per rispondere alle esigenze del Paese e, in primo luogo, del mondo del lavoro.
Tanto più di fronte ad una parabola impressionante che ha portato la cosiddetta “Sinistra arcobaleno” a seguire di fatto una traiettoria che rischia – si leggano con attenzione i diversi interventi di autorevoli esponenti – di privilegiare una risposta identitaria e minoritaria che ha nella opposizione il suo sviluppo non solo logico ma necessario.

Come può sfuggire la straordinaria sintonia tra il progetto di Veltroni e quello di Bertinotti, comprese le posizioni sulla Legge Elettorale, che conseguirebbe l’unico devastante risultato di liquidare per molto tempo gli spazi per un riformismo radicale e credibile, disegnando una sinistra tanto vociante quanto irrilevante.

Oggi si sente, al contrario, il bisogno di rilanciare il progetto del 5 maggio, di combattere l’idea delle due sinistre, di recuperare, come scelta pregiudiziale, la prospettiva di governo di qualsivoglia soggetto che non intenda rassegnarsi alla marginalità ed all’impotenza, di rinnovare la ricerca sulla questione del socialismo, di assumere il rapporto con le rappresentanze sociali del lavoro come questione cruciale per potersi riappropriare di adeguate ed urgenti politiche in grado di modificare, con fatica ed anche con gradualità, i rapporti di potere economici e sociali.
Sulla base di questa scelta occorre sfidare la boriosa autosufficienza del Partito Democratico, non solo sottolineandone la pericolosità per una sconfitta elettorale ma per rimettere al centro un idea di alleanze in cui una sinistra di governo non risulti marginale ed inutile. Così come occorre, da parte di SD, riprendere a tutto campo il confronto affinché, non su parole d’ordine generiche e spesso mistificanti, si sciolgano i nodi culturali, politici e programmatici che stanno alla base delle decisioni del 5 maggio.

Ma vi è un secondo serio problema politico per SD; in tutti questi mesi si è avvertito un ripiegamento autoreferenziale che ha impedito di sviluppare, soprattutto nei territori, l’iniziativa e la discussione, le quali non sono state arricchite da una partecipazione attiva, con un impoverimento della visibilità programmatica e progettuale di SD che non ha favorito neppure il confronto con altre formazioni della sinistra caratterizzate, invece, da identità e forza organizzativa.
Questo ripiegamento ha ossificato il confronto democratico producendo decisioni sempre più ristrette e non sottoposte a verifica.

Ora il tempo stringe, occorre rapidamente ricostruire un iniziativa legata alla originaria piattaforma, rimettere al centro i suoi punti decisivi, la costruzione di una sinistra di governo e la riforma della politica, l’adesione al socialismo europeo, la rappresentanza del mondo del lavoro e il rapporto con i sindacati, la difesa intransigente della laicità dello Stato, il rinnovamento delle classi dirigenti.

Solo una risposta alta a questi nodi può consentire di dare ai processi di unificazione una prospettiva non effimera o strumentale, può offrire trasparenti e concrete tappe di avanzamento, può realizzare una nuova sinistra, ricca di capacità critica, forte nel suo radicamento perché, non sfuggendo al dovere di tenere conto delle complessità del Mondo, potrà riproporre la sua funzione di concreto soggetto trasformatore.

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