Disfatta annunciata

di Franco Livorsi

Vi segnalo dal sito dell’Associazione “Città Futura” di Alessandria e a commento dei risultati elettorali l’intervento del Prof. Franco Livorsi “Disfatta annunciata”.

Lunedì 14 aprile, giorno molto triste per Walter Veltroni e il suo Partito Democratico. Giorno addirittura funesto per Fausto Bertinotti e per “La Sinistra-L’arcobaleno”. Nelle settimane scorse avevo scritto nel nostro sito – il 21 marzo nell’articolo Arcobaleno, e il 28 marzo nell’articolo Voto utile – che qualora la strategia elettorale di Veltroni avesse portato alla vittoria elettorale o anche solo alla vittoria in Senato avrei riconosciuto con grande entusiasmo di essere stato “un fesso”. E lo avrei scritto nel nostro sito. Nel mio pezzo del 28 marzo, non a caso intitolato Voto utile, avevo cercato di oppormi alla martellante campagna di Berlusconi come di Veltroni volta a presentare come utile solo il voto ai due grandi partiti antagonisti. Sì, c’era il premio di maggioranza, fortissimo, alla Camera, come subito mi fu fatto osservare. Infatti con un garbo, una simpatia e direi amicizia frutto di lontani notturni conversari per anni al “Bar Pierino” del “Cristo”, Federico Amandola nel suo primo intervento di replica non solo mi ricordò la dura logica del maggioritario tra i contendenti alla Camera, ma a dire le verità mi snidò letteralmente osservando che evidentemente davo per scontata la sconfitta del Partito Democratico. In caso diverso non avrei certo dichiarato di votare La Sinistra – L’arcobaleno. Ciò mi indusse poi a dire qualcosa di più nell’articolo richiamato sul voto utile, vincendo la ritrosia a parlare di sconfitte annunciate in piena campagna elettorale. Il punto per me era che in un sistema basato dal 1994 sulle coalizioni (Mattarellum, in ciò peggiorato dal “Porcellum”), più ancora che in passato solo “uniti” si poteva vincere, per quanto scomode potessero o possano essere le alleanze. Ma Veltroni aveva rifiutato l’alleanza con una sinistra che in base ai dati della vigilia delle elezioni insieme ai Socialisti italiani rappresentava almeno il 10% dei voti: “allora” cinque milioni di voti. (Infatti i partiti dell’”Arcobaleno” avevano 73 deputati nella vecchia Camera del 2006). Anche immaginando che con la tattica della volontaria divisione a sinistra Veltroni avrebbe costretto una parte dei voti della sinistra “antagonista” a votare PD per non fare il gioco di Berlusconi, e preso qualcosa al centro, era impossibile immaginare una tale rimonta da far vincere il PD. Nessuno può rinunciare in partenza a diversi milioni di voti e farla franca. Era talmente impossibile che io ho pensato che in realtà Veltroni lo sapesse e puntasse a diventare, nel nuovo sistema politico italiano, quel che il PCI era stato in quello precedente, ma da posizioni democratiche americane, kennediane, clinotoniane, invece che comuniste, leniniste e gramsciane. (Anche se sono convinto che i politiques d’abord di questo PD siano così ideologicamente “disarmanti” e “disarmati” da poter addirittura pensare di poter essere al tempo stesso kennediani e gramsciani). Quel che pensavo si è avverato matematicamente. E infatti i Democratici hanno perso e sono rimasti la sola grande forza di opposizione, rappresentativa di un italiano su tre, come nel loro antico partito (rifondato “da destra”, in senso certo del tutto postcomunista, ma a mio parere anche post-socialista). Su ciò a mio parere ho avuto ragione al 100%, persino nel prendere per buono un dato di numero di parlamentari risultato drammaticamente esatto.

A mio parere non si doveva cadere nella trappola sul “voto utile” solo se dato ai due massimi contendenti (di lì veniva il titolo e il contenuto del mio pezzo del 28 marzo). Non si doveva farlo non solo perché il voto fotografa un poco anche gli ideali di ciascuno, e non esprime solo il “pronunciamiento” per chi debba governare, ma anche perché rinunciare alla propria identità avendo la certezza che ciò non serva né possa servire a vincere la partita di governo è da insensati. Dicevo che avrei votato per il PD se avessi visto anche un 10% di possibilità in quel senso (18 marzo). L’ho scritto e lo ripeto: l’etica della convinzione è stata quella di Veltroni e compagni, che non hanno voluto – neanche trattando a muso duro la sinistra alternativa nel corso di una trattativa vera e seria – l’alleanza a sinistra: alleanza che avrebbe aiutato quella sinistra e loro stessi, come già in passato, quando Prodi per due volte aveva vinto Berlusconi per quella via. Tanti amici della stessa “Città Futura” che erano stati molto critici col veltronismo e la nascita del PD, ma hanno votato PD per arrestare “la resistibile ascesa di Silvio B.” dato il sistema maggioritario che ci ritroviamo, sono riusciti sia a non impedire – per me ovviamente – la vittoria di Berlusconi, sia a dare un apporto straordinario all’affermazione definitiva della linea di Veltroni stesso (al di là della sua persona).

Io, infatti, non so che fine farà Veltroni. Avendo voluto la divisione a sinistra senza strappare neanche un voto alla parte avversa (come ha detto alcune ore fa sulla “Sette” il “democratico” Gad Lerner), e avendo subito un cappotto, emergendo come leader che perde, e disperde, la sinistra esterna senza conquistare voti nuovi al centro, in un paese normale – anche se a me spiacerebbe perché lo ritengo una persona di valore e molto umana – verrebbe mandato a casa in poche ore o giorni. Ritengo probabile che quelli che avrebbero voluto ancora l’Unione (rinnovata) come Romano Prodi o Rosy Bindi (che pure hanno “abbozzato” facendo buon viso a cattiva sorte per carità di patria in tempi di elezioni) o come il sempre potente D’Alema (molto dubbioso sulla tattica scelta o sul modo di gestirla) gli chiederanno il conto nei prossimi giorni. E forse lo liquideranno o ridimensioneranno facendolo presto “stufare”. Ma quale sia l’esito di un prevedibile duro confronto nel PD, la linea di Veltroni storicamente ha vinto. Bisogna avere l’onestà e il realismo di riconoscerlo. Ha imposto un quasi-bipartitismo all’americana.

Ho votato per la Sinistra Arcobaleno senza essere affatto iscritto, e così ho potuto rivivere, questa volta dall’esterno e con il disincanto della “terza età”, la situazione terribile del PSIUP del 1972 trovatosi senza deputati alla Camera non avendo realizzato il “quorum” necessario – allora l’elezione di un deputato “pieno” in almeno un collegio – da nessuna parte. Allora fui pure candidato “di bandiera” alla Camera. Oggi però sono esclusi dalla Camera non venticinque deputati come allora, ma addirittura settantatre. So bene che quella Sinistra Arcobaleno, la cui gestazione buona (socialista di sinistra e verde) era difficile giù prima, ora sarà impossibile. La Sinistra come forza autonoma oppure almeno prevalente rispetto al centro com’era ancora stata nei DS, non si potrà più fare. Bisogna avere i piedi per terra e ammetterlo. Piaccia o non piaccia nell’area è rimasto solo il PD. (In ciò Veltroni ha vinto, pur perdendo). L’Italia poteva diventare emula o della Francia (come ho sperato da un quarto di secolo ininterrottamente, puntando vuoi all’Union de la gauche, vuoi al sistema elettorale a doppio turno e vuoi al semipresidenzialismo), o della Germania (come molti hanno pensato e pensano tra i centristi cattolici come a sinistra, probabilmente importando qualche caratteristica) o degli Stati Uniti (come Veltroni e altri pensano guardando, del tutto legittimamente, al kennedismo e clintonismo, ossia ad un riformismo in cui il socialismo o non c’è o è del tutto marginale). Queste elezioni segnano il fatto che di tutta l’area dell’ex sinistra – quella che nella prima repubblica andava dai socialisti e comunisti alla sinistra extraparlamentare tanto per capirici, e che era oltre il 40% e più del paese – è rimasto in piedi solo il Partito Democratico (molto democratico e poco socialista, liberal di sinistra, come nella repubblica a stelle e strisce). Ormai lo scontro in Italia è tra Partito Repubblicano (che qui si chiama Popolo della Libertà) e Partito Democratico. Con qualche pasticcetto tutto nostrano.

Non sono settario. Non lo sono mai stato (almeno intenzionalmente). E non sono mai stato “deliberatamente” massimalista. Perciò non trovo affatto che il clintonismo faccia schifo. Comunque oggi il modello americano è più vicino. Il duo Berlusconi-Veltroni ne rappresenta plasticamente i due poli, e così sarà con i leader che verranno dopo “i due”. Forse l’americanismo è entrato nelle coscienze e fa oggi gli italiani più prossimi ai cittadini degli States che ai francesi o tedeschi. La lotta è ora tra un moderatismo conservatore e un moderatismo riformista. Magari sarà anche una lotta giusta e fruttuosa. Non credo sia contrastabile sino a quando non interverrà qualcosa che scompagini tutto il gioco di questa geografia politica e di quest’insieme di culture politiche, che hanno con sé almeno l’80% del paese. Magari – ribadisco – i due poli veri asso piglia tutto, moderati in rapporto di emulazione, faranno bene o non tanto male. Ma a me la politica interessava per fare altre cose. Da domani mi sentirò solo elettore. Mi considero un “inattuale” e me ne vanto. Questa politica, magari, sarà proficua; magari sarà giusta, ma a mio parere non ha niente a che fare con l’idea di una società diversa, che cerchi di superare il capitalismo, se necessario a passi di lumaca, ma in direzione di un mondo in cui nessuno debba più dipendere o essere sfruttato o oppresso da alcuno. E nessuno debba morire di cancro per le schifezze che immettono ovunque. Per quanto nebulosa, quella è la meta.

Può darsi che le classi non esistano più, come dice con grande forza e quasi con sarcasmo, nel nostro sito, il mio antico amichevole interlocutore Beppe Rinaldi (Si può dire Why not?, 4 aprile). Certo non ci sono più in senso antagonistico più o meno antico (piuttosto che come utili competitori sociali, quali paiono ancora a me). Ma il capitalismo, cari miei, è sempre lì. Un miliardo di persone al giorno fa la fame. Non dico che sia “colpa” solo, e non so neanche se si possa dire “soprattutto”, del capitalismo, ma certo esso non vuole oppure non sa impedirlo né lo saprà mai. L’imperialismo c’è. Anzi, ce ne sono parecchi. E non si sa neanche se con i veleni che si seguitano a spargere nell’aria e nelle acque si arriverà sino alla fine del XXI secolo. Non so se il rivoluzionario che verrà assomiglierà più a Lenin o a San Francesco, a Rosa Luxemburg o a Gandhi (credo più ai secondi), oppure se tutto seguiterà così, tra una chiacchiera democratica e l’altra, spesso all’ombra di lestofanti di prima risma di ogni ordine e grado nella stanza accanto o a tavola con noi, mentre i motivi di catastrofe annunciata si accumulano. Vi piace Pangloss del Candide di Voltaire? Ritenete chequello liberaldemocratico e capitalistico sia “il migliore dei mondi possibili”? Volete tutti vestire all’americana?

Che devo dirvi? – Io non sarò mai dei vostri. Sono sicuro che non solo i cosiddetti rivoluzionari o “sinistri di classe”, ma quasi tutti i grandi riformisti socialisti, non vi approverebbero. Riconosco che un modello epocale diverso ha vinto, ma a me esso è estraneo. E certo non solo a me! Compagni, ve lo regalo tutto quanto. Io finché seguiteranno questi chiari di luna, probabilmente per un bel po’ di anni, mi occuperò d’altro. Certo se situazioni muteranno, non so se tra un anno o tra molti anni, cercherò di fare la mia parte. Ma in questa malinconica notte temo, ormai, di poterlo vedere solo da una nuvoletta.

franco.livorsi@unimi.it

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