Eternit: un processo e una sentenza storica

etergius01di Renzo Penna

Alessandria 13 febbraio 2012

Come ha dichiarato a caldo il procuratore di Torino Raffaele Guariniello, dopo la lettura della sentenza del Tribunale di Torino che riconosce la responsabilità dolosa dei due massimi vertici della Eternit e li condanna a sedici anni di carcere, si tratta, per la sicurezza e la tutela della salute dei lavoratori, di una sentenza e di un processo storico.

La tragica e, per tante singole vicende, dolorosa storia dell’Eternit di Casale Monferrato si è, infatti, negli anni trasformata in un emblematico punto di riferimento, sia a livello nazionale che internazionale, per tutte quelle lotte che vogliono affermare il diritto alla salute nei luoghi di lavoro e pretendono giustizia nei confronti dei responsabili dei tanti, troppi, disastri ambientali. La sentenza di oggi rappresenta il  punto di arrivo atteso di una lunga e insieme straordinaria iniziativa sindacale e legale: il miliardario svizzero Stephan Schmidhaeny e il barone belga Louis De Cartier De Marchienne sono stati riconosciuti colpevoli di aver causato la morte di migliaia di persone per la lavorazione dell’amianto nelle quattro sedi italiane. Che, oltre a Casale Monferrato, si trovano a Cavagnolo (Torino), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli), mentre le vittime accertate sono quasi 3 mila.

Il successo della lotta e della denuncia, la rivendicazione del risarcimento e la richiesta di giustizia, portata avanti nei confronti dei responsabili della multinazionale dell’amianto, ha negli anni finito d’essere solo una vertenza sindacale per trasformarsi in una battaglia civile nella quale si è riconosciuta l’intera città. Una comunità che, in assenza di questo comune obiettivo, sotto l’incombenza e il peso dei tanti, troppi lutti, poteva rischiare di chiudersi, avvitarsi nelle singole depressioni e vivere una difficile condizione fatta di costante incertezza. E ha trovato invece il coraggio di lottare. Straordinaria per capacità di reagire a una terribile vicenda personale quella, in particolare, di Romana Blasotti Pavesi, la Presidente dell’Associazione dei famigliari vittime dell’amianto. Una famiglia, quella della Presidente, ripetutamente colpita negli affetti e che ha fatto di questa signora minuta e tenace, il simbolo della lotta che da anni si porta avanti a Casale.

Nelle ultime settimane la lotta democratica dell’Associazione, dei sindacati e dei cittadini di Casale Monferrato si è dovuta anche confrontare con lo sconcertante  voto dell’Amministrazione Comunale della città che, in un primo momento, ha accettato il “patto col diavolo” e per 18,3 milioni di euro si stava piegando alla richiesta di ritirare la costituzione di parte civile del Comune nel processo, diventando complice di Schmidheiny. La mobilitazione popolare e una indignazione che ha valicato i confini del Monferrato ha costretto però il sindaco e i Consiglio comunale a mettere in discussione quel voto. E lo stesso risarcimento economico previsto  dalla sentenza in favore del Comune è risultato superiore di quasi cinque milioni a quello offerto da uno degli imputati della multinazionale.

E’ giusto infine ricordare che la lotta per avere giustizia dalla Eternit è stata segnata, nel corso di oltre trent’anni, da coraggiose decisioni prese e dall’impegno di molte e diverse persone: lavoratori colpiti dalla malattia, sindacalisti, medici, sindaci, avvocati, parenti delle vittime e da un Procuratore della Repubblica che ha saputo dare impulso alle indagini e ha condotto con competenza e tenacia una lunga istruttoria. A tutti loro si deve se oggi ai lavoratori dell’Eternit, alle loro famiglie e ai cittadini di Casale è stata riconosciuta piena giustizia.

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