Le Ragioni di LABOUR: da ottobre 1993 a settembre 2009

logo labourLe Ragioni e l’Impegno di LABOUR: “Costruire anche in Italia il Partito del Socialismo Europeo”

 Marzo 2007:“Dall’Assemblea costitutiva di Bologna, nell’ottobre 1993, all’adesione alla mozione “A Sinistra per il Socialismo” per il 4° Congresso dei DS. Le iniziative, l’impegno e la coerenza dell’Associazione fondata da Fausto Vigevani.”

Settembre 2009: “Da: Se non ora quando? – febbraio 2008 – all’appello per una lista unitaria della sinistra – febbraio 2009 – al contributo di Labour per l’assemblea di Sinistra e Libertà.”

Le Ragioni di LABOUR

L’Associazione LABOUR nasce a Bologna nell’ottobre del ’93 per decisione di un gruppo di compagni – in prevalenza socialisti della CGIL – riuniti intorno a Fausto Vigevani. Questi compagni, dopo l’uscita dal Partito Socialista Italiano, dalla cui linea politica già da alcuni anni avevano preso le distanze, si riuniscono con l’obiettivo di favorire l’aggregazione delle forze progressiste e di costruire un nuovo partito nel solco delle grandi formazioni socialiste europee. Un partito della sinistra plurale, dotato di cultura di governo e con l’ambizione di saper coniugare i valori di libertà, di uguaglianza e di giustizia sociale.

Nella Relazione di Mauro Beschi all’Assemblea Costitutiva di Bologna – “Qualche idea per cominciare” – si affermava, tra l’altro, fosse “… poco comprensibile assistere passivamente al deteriorarsi di un sistema di valori ideologici ed etici, allo sfaldarsi di un sistema istituzionale ormai incapace di rappresentare le trasformazioni economiche e sociali, al venir meno, travolte in gran parte dalla questione morale, delle tradizionali forme della rappresentanza politica, all’affacciarsi di pericolosissime forme di disgregazione sociale, senza porre in atto un tentativo, una risposta che, sul versante della azione politica e sociale, con nuove forme e nuovi ragionamenti, tentasse di contrastare i pericoli dell’oggi. ….Avvertiamo un interesse, una sensibilità ad un percorso nel quale donne ed uomini, con varie identità e provenienze politiche, mettano in campo proposte e comportamenti in grado di determinare, anche in Italia, una riforma del sistema istituzionale, politico e sociale consentendo alla “sinistra” di emanciparsi da vecchi vizi massimalisti, da consolidate pratiche di divisione e di trasformarsi in soggetto progettuale e di governo”. Un processo, concludeva la relazione, verso cui “…vi sono certamente opposizioni, talvolta motivate, in altri casi più maliziose; esistono timidezze, incertezze e spesso, quando l’innovazione travolge la propria identità e il proprio vissuto, si aprono in noi riflessioni laceranti e comportamenti di resistenza, di fatto conservatori. Ma se la politica non è mai stata un riflesso condizionato di un determinismo più o meno storico oggi certamente la portata e la qualità del cambiamento pretendono un progetto ed una iniziativa frutto della politica intesa come volontà degli uomini, della loro intelligenza, del loro coraggio, del loro entusiasmo e del loro lavoro. Il futuro sta nelle mani di ciascuno di noi, senza pretese totalizzanti, ma con la consapevolezza che ciò che accadrà dipenderà anche da quanto avremo potuto, saputo o non voluto fare”.

LABOUR è così stato il primo movimento di cultura e tradizione socialista – dopo la fine del PSI – a indicare, per lo schieramento progressista, una prospettiva di alleanza e di unità, tra forze diverse, basata su contenuti partecipati e condivisi e un modello di democrazia compiuta fondato sull’alternanza. Mettendo in comune, senza egemonismi e supremazie, le diverse identità della sinistra di governo di ispirazione socialista, dei cattolici progressisti, delle forze ambientaliste per un grande obiettivo.
Per questo, sin dall’inizio, LABOUR ha scelto di non presentarsi e di non utilizzare il nome dell’Associazione in nessun tipo di competizione elettorale, ma di concorrere a unire la sinistra rifuggendo da ogni parzialità. A sostegno di questo obiettivo l’Associazione promuove incontri di approfondimento e dal ’95 pubblica, con scadenze non regolari, i Quaderni di Labour che non sono strumenti di propaganda, ma occasione per una riflessione a chi è interessato e, in primo luogo, a coloro che “sentono una responsabilità politica e della politica”.
Un nome, quello di LABOUR, nel quale si racchiude, per riaffermare il valore sociale del lavoro e dare rappresentanza politica al lavoro, la storia e la cultura più profonda del riformismo di impronta socialista.

 Gli Stati Generali della Sinistra

Dalla sua costituzione l’impegno prevalente di LABOUR è rivolto a creare le condizioni politico-programmatiche per l’apertura di una fase costituente unitaria finalizzata alla fondazione di un nuovo partito della sinistra riformista che rappresenti anche in Italia le tradizioni e la cultura politica del socialismo europeo.
Dall’“Appello per l’unità della sinistra riformista” promosso da Norberto Bobbio, Antonio Giolitti, Giorgio Ruffolo e Fausto Vigevani del giugno ’95, al “Movimento per l’unità della sinistra democratica e riformista” che si richiama alle tradizioni socialiste, repubblicana, laica, liberaldemocratica e alle politiche del ’96 indica propri candidati al Parlamento, agli “Stati generali della Sinistra” convocati nel febbraio ’98 a Firenze, l’Associazione LABOUR partecipa attivamente a tutte le iniziative che hanno come interlocutore il PDS e come obiettivo la costruzione in Italia del partito del Socialismo Europeo.

In previsione degli “Stati generali” l’Associazione predispone – gennaio 1998 – un articolato contributo su questo tema. “Con il crollo del Comunismo – si legge nel documento – sono venute meno le ragioni storiche, di principio, ideali e politiche, del confronto-scontro tra le forze socialiste e comuniste che ha segnato la storia della sinistra nel 20° secolo. Con la trasformazione del PCI in PDS, l’adesione del PDS alla Internazionale Socialista e al partito Socialista Europeo, si sono determinate le condizioni per dare vita alla formazione, anche in Italia, del partito del Socialismo Europeo, in grado di unificare tutte le culture e le tradizioni della sinistra democratica del nostro Paese. …Finalmente, dopo quasi un secolo, anziché dividere e dividersi la sinistra italiana può unirsi e unire in un partito nuovo le tradizioni e la cultura del riformismo cristiano, laico e socialista”.
Più avanti il documento di LABOUR, con una chiara visione anticipatrice, segnala come “…la costituzione di un partito nuovo è resa necessaria, possibile e urgente in Italia dalle grandi trasformazioni che investono tutte le società complesse e dalla urgenza imposta da un crescente bisogno di modernizzazione dei sistemi politici, economici e istituzionali che regolano la vita nel pianeta e che sempre più sono tra loro interdipendenti. …In un mondo in cui poteri crescenti degli stati nazionali sono trasferiti a istituzioni ed organismi internazionali – spesso poveri di legittimità democratica – e rivendicazioni crescenti di potere e autonomia vengono dalle comunità locali, l’Italia non può affrontare le grandi trasformazioni in atto solo sotto il profilo delle sue istituzioni e del governo della sua economia e non anche del suo sistema politico, dei partiti”.
Di conseguenza i partiti sul piano nazionale e sul piano europeo e mondiale “…devono avere la consistenza e la forza per porsi in relazione fra loro, dar vita a organizzazioni politiche sopranazionali di cui i cittadini possano conoscere principi, valori e programmi e giudicare comportamenti, azioni e coerenze. Le ragioni e i valori della libertà e dell’uguaglianza propri della sinistra democratica e del socialismo devono proporsi in primo luogo a questo livello”.
Per queste ragioni, mentre in Italia è necessario ridurre il numero dei partiti e costituire a sinistra una grande formazione politica del socialismo europeo, non esistono però le condizioni numeriche, e di consenso elettorale per immaginare un sistema bipartitico. Quindi “… non è pensabile di trasformare la maggioranza dell’Ulivo in una sola formazione politica”. E una tale semplificazione non è neppure auspicabile avvenga per la crescente complessità della società e la difficoltà a dare risposta ai bisogni di rappresentanza che questa esprime.
Di conseguenza “…La futura struttura del sistema politico italiano che ha una tradizione pluralista alimentata da un sistema elettorale proporzionalistico, può realisticamente evolvere verso un sistema bipolare, in cui ciascun polo sia costituito da alleanze tra pochi e forti partiti, con precise e distinte identità culturali e politiche e tuttavia compatibili tra loro in modo che il pluralismo sia percepito come una ricchezza e non un limite”.
Dopo questa osservazione critica, espressa con largo anticipo rispetto alla futura ipotesi del partito democratico, il documento di LABOUR si conclude con un appello ai socialisti della diaspora italiana perché “…La costituzione di un partito nuovo della sinistra democratica è la sola, ma grande occasione disponibile per i socialisti che non vogliono rinunciare ad una grande tradizione, che vogliono essere coerenti con essa, e per tutti quelli che nella storia di quei valori e ideali di libertà, di eguaglianza, di giustizia, si ritrovano e si riconoscono”.

Non si lavora al “Cantiere” del nuovo partito

Nella fase che ha preceduto l’appuntamento di Firenze e in quella che prepara il primo Congresso dei DS a Torino nel gennaio 2000, LABOUR ha collaborato con i diversi movimenti e le formazioni di tradizione e cultura laica, socialista e socialdemocratica impegnate a dar vita a un nuovo soggetto politico del Socialismo Europeo in Italia e, insieme, ha partecipato alla costituzione e all’attività del Movimento dei Democratici, Socialisti e Laburisti (MDSL).
E sono proprio i componenti la direzione e i parlamentari del MDSL* che in vista della Direzione dei Democratici di Sinistra-PSE del 27 luglio ’98 sottoscrivono una lettera aperta ai componenti la Direzione per denunciare i ritardi nella realizzazione degli impegni sanciti dagli Stati Generali della Sinistra. “A Firenze abbiamo deciso di aprire un cantiere di lavoro politico per preparare il primo Congresso del nuovo partito, la sua partecipazione al Congresso del partito del Socialismo Europeo, la sua compiuta presentazione all’elettorato nelle prossime elezioni per il Parlamento Europeo. Questo nella convinzione che il rinnovamento della sinistra italiana rafforza la coalizione dell’Ulivo…Non possiamo però nascondere le nostre preoccupazioni. I lavori del cantiere sono sostanzialmente fermi. Si è fermata la riflessione politica collettiva sulle forme e sui contenuti di un moderno socialismo liberale…ma vi è anche chi propone una vera e propria “variante in corso d’opera”. Non si dovrebbe tanto procedere nella fase costituente del nostro partito, ma ad una costituente di un altro partito, quello dell’Ulivo”.
La lettera aperta prosegue sottolineando come gli aderenti al MDSL siano stati l’unico soggetto dell’area socialista a sostenere sin dall’inizio la coalizione dell’Ulivo, ma si evidenzia anche come “Non vi è incompatibilità tra rafforzamento dell’Ulivo e rafforzamento dei DS-PSE, mentre quello che non è accettabile è la scomparsa del partito in quanto tale, come legame democratico tra cittadini e istituzioni…La nostra prospettiva non è l’annullamento dei partiti, ma l’affermazione di un modello di partito moderno proprio delle esperienze laburista, socialista francese e spagnola, socialdemocratica tedesca”. La lettera si conclude con un forte appello a riaffermare e mettere in atto i contenuti e le scadenze decise agli Stati Generali di Firenze.

*V.Spini, G.Ruffolo, M.Artali, G.Averardi, F.Benaglia, F.Besostri, A.Cabras, A.Carli, C.Carli, F.Coen, M.Gatto, L.Giacco, G.Marineddu, G.Tapparo, R.Olivo, R.Penna, G.Pittella, A.Ruberti, F.Tempestini, F.Vigevani.

La caduta del Governo Prodi e il rinvio del Congresso DS

Trascorrono pochi e intensi mesi, vi è la crisi del governo Prodi, Massimo D’Alema viene eletto Presidente del Consiglio e Walter Veltroni diventa segretario del partito, ma poco o nulla accade sul fronte del nuovo partito e, anzi, viene deciso di rinviare di un anno il congresso. Così in undici**, tra deputati e senatori socialisti, si riuniscono per discutere un testo redatto da Fausto Vigevani e, in data 3 dicembre 1998, lo sottoscrivono con il titolo: “Anche in Italia il Partito del Socialismo Europeo”.
Sono tre cartelle dense e impegnate che motivano e ripropongono la necessità e la possibilità di costruire anche in Italia un grande e nuovo partito del socialismo europeo. Non solo per effetto del crollo del comunismo o per la crisi irreversibile dei partiti che hanno governato il Paese dal 1948 al ‘92, ma, rese più urgenti, a causa dei radicali mutamenti che negli ultimi 15-20 anni hanno caratterizzato l’evoluzione di tutte le società moderne, dell’Italia come del resto dei paesi industrializzati, e come anche dei paesi in via di sviluppo.
Per definire gli indirizzi del nuovo partito, secondo il documento degli undici parlamentari, occorre riconoscere che: “Il dominio culturale e politico del mercato come unico regolatore delle dinamiche economiche, finanziarie, ma anche sociali, civili e culturali è stato sconfitto in Europa dalle vittorie della sinistra, cioè dalle forze e dai partiti del socialismo”.
Ne consegue che questa è la direzione lungo la quale la sinistra deve muoversi, assumendo anche in Italia le forme, le identità programmatiche, i nomi, i simboli del socialismo europeo.
“Si tratta – prosegue il testo – di affermare in modo netto i principi di libertà e di uguaglianza come valori fondanti del nuovo partito…Si tratta di affermare la moralità della politica e dell’agire politico, combattendo alla radice…gli intrecci tra affari e politica, i fenomeni di corruzione e concussione e di rendere limpida la partecipazione alla vita politica mediante una rigorosa legislazione sul conflitto di interessi”.
“Si tratta di affrontare i nodi irrisolti della giustizia in Italia, ma a partire dalle ragioni di coloro che per anni attendono la conclusione dei processi…piuttosto che dalle ragioni di qualche potente o dagli interessi corporativi degli operatori del sistema giudiziario. Si tratta di rinnovare alla radice le politiche del lavoro, della sicurezza sociale, della formazione e del sapere. Il diritto al lavoro, il diritto al sapere, il diritto alla protezione sociale sono i cardini dei diritti di cittadinanza e i fondamenti della coesione sociale”.

Più avanti il documento affronta in maniera molto critica lo stato dei DS dopo l’appuntamento di Firenze ed evidenzia come poco o nulla sia stato fatto sulla nuova forma del partito, della sua struttura, del suo pluralismo e delle sue regole democratiche e neppure sulla elaborazione dell’identità programmatica, o sui nomi e sui simboli del partito nuovo.
Per concludere che: “L’autoreferenzialità è sempre più la modalità che regola le scelte dei gruppi dirigenti. Le forze, i movimenti, i gruppi che hanno partecipato agli Stati Generali, a partire dal più forte, sono rimasti identici a se stessi, impermeabili a ogni contaminazione… Nel partito pochissimi luoghi sono stati attivati per far avanzare il progetto e i gruppi parlamentari hanno finora evitato di occuparsene”.

Poiché, nel frattempo, il Congresso è stato rinviato di un anno e si ritiene dovrà essere chiamato a sancire cambiamenti e innovazioni profonde sulla forma partito e, in particolare, alla definizione del programma fondamentale, cui dovranno poter partecipare, prima del congresso, migliaia di uomini e di donne, i firmatari del documento considerano superate le modalità di organizzazione finora utilizzate come socialisti nella formazione dei Democratici di Sinistra.
“Per questo – dichiarano – intendiamo promuovere nel nuovo partito dei DS un’area politica aperta per agire nella direzione del rinnovamento, della innovazione organizzativa e politica, che definiamo “area del socialismo liberale e riformista” perché vogliamo che il partito dei DS, membro del Partito Socialista Europeo e aderente all’Internazionale Socialista, diventi ciò che oggi non è ancora, ovvero il Partito del Socialismo Europeo in Italia…Anche perché per tantissimi, troppi dirigenti, militanti ad ogni livello, le parole socialismo e socialista per definire se stessi o il partito sono ancora inutilizzabili. Al massimo ci si rifugia nei termini riformismo o riformista di cui oggi possono avvalersi indifferentemente uomini e forze di destra, di centro o di sinistra.”.

**Sen.Livio BESSO CORDERO, Sen.Felice BESOSTRI, Sen.Antonello CABRAS, On.Mario GATTO, On.Luigi GIACCO, Sen.Giovanni IULIANO, Sen.Giovanni MARINEDDU, On.Renzo PENNA, On.Gianni PITTELLA, On.Antonio RUBERTI, Sen.Fausto VIGEVANI

 Il Primo Congresso dei DS a Torino

Il documento dei parlamentari socialisti rappresenta per LABOUR il canovaccio da cui partire per organizzare iniziative, fare proseliti e favorire la partecipazione in previsione del Primo Congresso dei DS. Tra i numerosi contributi alla discussione si fa apprezzare per chiarezza una bella intervista del prof. Massimo Salvatori che l’Unità pubblica, giovedì 12 agosto 1999, con il titolo “Sinistra, scegli un’anima liberalsocialista”.

L’Associazione, nell’anno, promuove una serie di convegni. Tra i più significativi, venerdì 7 maggio ad Acqui Terme, il dibattito “Anche in Italia il Partito del Socialismo Europeo” con gli interventi di Pierluigi Romita, Renzo Penna, Lino Rava, Giovanni Saracco e le conclusioni di Fausto Vigevani; venerdì 10 settembre ad Alessandria, in occasione della Festa Provinciale dell’Unità, il convegno dal titolo: “Sinistra: L’Anima è Socialista?- un partito senza una chiara identità non comunica valori e messaggi” con, tra gli altri, gli interventi di Massimo Salvatori e Fausto Vigevani; mercoledì 20 ottobre a Roma, in occasione della presentazione del “Quaderno Labour n.6”, il dibattito: “Sviluppo – Occupazione: Italia – Europa, i ritardi competitivi del sistema produttivo italiano”, con Sergio Ferrari, Sergio Garavini, Paolo Leon, Nerio Nesi, Lanfranco Turci.
Viene, infine, decisa la data del congresso e l’adesione alla mozione del Segretario Veltroni, che ha come titolo “Una Grande Sinistra, Un Grande Ulivo, per un’Italia di tutti”, è data da LABOUR con un documento di due cartelle insieme all’Associazione dei Riformatori per l’Europa e alla Federazione Democratica Sarda.
Nel documento, sottoscritto da sette parlamentari***, dopo aver sottolineato che è stato sbagliato tenere troppo a lungo aperto e indeterminato il processo iniziato con gli Stati Generali di Firenze, si afferma che “…il congresso di Torino deve chiudere la fase di costruzione del partito per aprire quella tesa a rafforzarne l’identità, l’anima, i programmi, gli insediamenti sociali”.
Il testo, che motiva con chiarezza l’adesione, contiene anche una critica e sottolinea una esigenza. La contestazione riguarda un passaggio importante della mozione dove viene datata nell’89, dopo la caduta del Muro, la nascita della sinistra democratica in Italia. Un passaggio, si afferma, “…semplicistico e poco rispettoso per la storia delle culture politiche socialiste, repubblicane, laiche, che fecero del riformismo, della critica al comunismo e al modello sovietico i propri punti fondamentali di valore e di scelta”.

L’esigenza avanzata riguarda la necessità di discutere con franchezza “…lo scarto che aumenta tra i risultati importanti dell’azione di governo e le valutazioni che ne danno i cittadini…tra le ambizioni e il ruolo dei democratici di sinistra e l’andamento dei consensi elettorali; tra la necessità di dar vita a un vero partito plurale…e un’identità ancora troppo chiusa, autoreferenziale e conservatrice”. Il documento si chiude affermando che adesso “Si tratta di costruire in Italia un moderno nuovo partito del socialismo europeo, su base federale …un partito che sappia intercettare le dinamiche complesse e rapidissime della società moderna, … mediante forme nuove di organizzazione e di partecipazione collettiva che integrino con regole democratiche le vecchie strutture…Un partito nuovo che sia in Italia il partito del socialismo europeo”.
Alla vigilia del Congresso Nazionale, per iniziativa dei Riformatori per l’Europa -l’Associazione dei sindacalisti socialisti di Cgil e Uil – mercoledì 12 gennaio 2000 si tiene a Torino, nella sala convegni della CGIL, un incontro su “Le idee Socialiste al primo Congresso Nazionale dei Democratici di Sinistra”. La relazione è di Guglielmo Epifani, le conclusioni di Pietro Larizza, intervengono numerosi parlamentari socialisti – per LABOUR Renzo Penna – e il Ministro del Commercio Estero Piero Fassino.
Il Congresso del Lingotto dal motto “I care” risulta nel complesso un buon congresso. Veltroni viene eletto con un consenso vicino all’80%, mentre il Programma Fondamentale del nuovo partito, “Un Progetto per la Sinistra del 2000”, su cui si era cimentato, soprattutto, Giorgio Ruffolo, viene approvato senza una vera discussione, come era già capitato nei congressi di sezione, e rappresenta un serio limite politico.
Ma l’intervento più importante che caratterizza le assise di Torino è quello che sabato 15 gennaio pronuncia Massimo D’Alema, Presidente del Consiglio in carica. L’Unità lo pubblica integralmente con il titolo “Nel socialismo europeo le ragioni della nostra identità di sinistra”. Le parti più interessanti sono quelle nelle quali D’Alema riconosce gli errori del passato “…Erano i socialisti democratici la parte della sinistra che aveva ragione…loro sono quelli che hanno tenuto vivi gli ideali della sinistra, mentre altrove sono crollati nell’infamia della dittatura e dell’oppressione dell’uomo sull’uomo”. Nel socialismo europeo abbiamo ritrovato le ragioni forti del nostro essere di sinistra, prosegue D’Alema, “Se fossimo usciti dal Pci per fondare una nuova anomalia italiana, un nuovo partito senza una precisa identità avremmo fatto un errore. Qui…si sta riunendo una delle sezioni del Partito socialista europeo”.

***Giorgio Benvenuto, Fausto Vigevani, Antonello Cabras, Besso Cordero, Gianni Iuliano, Giovanni Marineddu, Renzo Penna.

Dimissioni del Governo D’Alema e crisi nei DS

L’eco positiva del congresso dura lo spazio di un mattino. La sconfitta del centro sinistra nelle elezioni regionali del 16 aprile provoca le dimissioni del governo D’Alema e apre una fase di profonda crisi nel partito, che porterà il Segretario verso la candidatura a sindaco di Roma e D’Alema a confinarsi nel collegio elettorale di Gallipoli.
LABOUR, in previsione della tornata referendaria di maggio, tra i sette quesiti proposti, si impegna
ad organizzare incontri pubblici per respingere il referendum che propone l’abrogazione delle norme sulla reintegrazione del posto di lavoro in caso di assenza di giusta causa di licenziamento.
Il gruppo di parlamentari socialisti dei DS che, dopo Firenze, periodicamente si riunisce, cerca, in una fase di evidente sbandamento del gruppo dirigente e in un clima da sconfitta annunciata, di far ripartire la politica del partito sulle direttrici decise al congresso di Torino.
Fausto Vigevani presenta alla discussione del gruppo una impegnativa bozza di documento di “Riflessione Sulla Situazione Politica”. Il testo definito, con le firma di otto parlamentari e un deputato europeo (Gianni Pittella), è presentato in una conferenza stampa alla Camera il 12 luglio 2000. Nell’occasione viene annunciata l’uscita della rivista “La Rosa Rossa” che nel primo numero pubblica il documento e, tra l’altro, un ricordo dell’impegno riformista del prof. Antonio Ruberti.
Le opinioni sulla situazione politica e le condizioni nelle quali versano i Democratici di Sinistra, contenute nel documento (la versione completa si trova in “documenti” sul sito di labour), rappresentano una lucida analisi che ancora oggi è pienamente attuale.
La premessa è un appello a non considerare ineluttabile la sconfitta alle prossime elezioni politiche, a reagire politicamente ai deficit di strategia dell’Ulivo, avverte sui rischi democratici cui si andrebbe incontro consegnando il governo del Paese a questa destra, e cerca di scuotere i DS chiedendo di porre mano alla costruzione del partito del socialismo europeo in Italia decisa a Torino “…il suo riformismo, la sua identità, il suo progetto e il partito nuovo, per il quale poco o nulla è stato fatto finora”. La riflessione affronta i diversi temi cruciali della politica italiana: il Nord e il Sud, l’azione dei governi Prodi e D’Alema, il senso e il valore del Riformismo, lo stato del Partito, il Programma Fondamentale e l’identità dei DS.

Sconfitta elettorale e Congresso di Pesaro

In previsione delle elezioni, nell’aprile del 2001 LABOUR pubblica il Quaderno numero 9 dedicato al “Vero Programma della Casa delle Libertà”. Viene ricostruita e prodotta un’analisi delle proposte di legge, degli emendamenti e degli ordini del giorno presentati al Senato da esponenti della Casa delle Libertà nel corso della discussione della legge Finanziaria 2001.
Gli emendamenti alla Legge di Bilancio sono riportati divisi per argomento e senza commento. Tuttavia nella presentazione i curatori del quaderno (Sergio Ferrari, Sergio Vannozzi e Fausto Vigevani) annotano “…Quello che si legge è una cultura di governo, una visione dell’interesse generale, uno spessore di valori essenziali, civili, che lascia perplessi se non preoccupati: non è un programma alternativo …ma una miscela di fattori che sembrano richiamare quelle considerazioni che spesso accompagnano il degrado del Paese, della Politica, quel malessere da assenza di ideali cui fa da complemento la visione egoistica e ottusa…propria di una concezione di basso livello della convivenza civile”. Per concludere che “…sembra che in Italia non sia consentito di misurarsi con una destra decente, alla Einaudi o alla Merzagora, alla Chirac o alla Kohl. Certamente non per ora, almeno”.

Come avviene dopo ogni sconfitta, anche questa volta, la sinistra riprende a discutere. E quella delle politiche del 13 maggio ‘01 risulta essere particolarmente severa e carica di pesanti conseguenze.
Alla guida dei DS Fassino subentra a Veltroni e si predispone a un difficile congresso straordinario.
In preparazione del quale l’Unità pubblica, sotto il titolo “Il valore sociale del lavoro cuore dell’identità dei DS”, un dettagliato documento sottoscritto da quasi tutto il gruppo dirigente della Cgil; mentre il 7 luglio si riunisce a Roma l’Assemblea Nazionale della Nuova Sinistra DS.
Prima delle ferie la mozione del segretario è pronta e il 7 agosto viene pubblicato anche il documento del “correntone” alternativo alla mozione Fassino.
Tra i firmatari di questo secondo documento vi sono dirigenti che vengono da posizioni e percorsi diversi, ma non compare alcun socialista.
L’Associazione – che da questo momento affianca al nome LABOUR il riferimento a Riccardo Lombardi – si riunisce ai primi di settembre e dopo una discussione approfondita e per nulla scontata decide di aderire con un proprio documento alla mozione “Per Tornare a Vincere” che ha come candidato alla segreteria Giovanni Berlinguer.
Per LABOUR questo è stato un passaggio importante, l’ultima vera discussione di gruppo dell’Associazione, nella sede di Via Paola a Roma, nella quale il contributo di Fausto Vigevani è stato fondamentale. Tra i componenti il direttivo Vigevani – che con Penna e gli altri parlamentari o ex aveva partecipato, a luglio, ad un incontro sul congresso con Fassino – nell’occasione è stato il più cauto, ha ascoltato tutti gli interventi, ha ricordato come nessuna delle tre mozioni rispondeva pienamente agli obiettivi della Associazione e ha proposto di motivare l’adesione con un documento a quella delle tre che più vi si avvicinava. Documento che, per la sua importanza, riportiamo di seguito quasi per intero.

Adesione della Associazione LABOUR – Riccardo Lombardi – alla mozione: “Per Tornare a Vincere”. Settembre 2001
“L’Associazione LABOUR sin dalla sua costituzione nel 1993 ha inteso operare al fine di costruire anche in Italia un Partito del Socialismo Europeo capace di interpretare e governare i processi di sviluppo del Paese lungo una linea di attenzione e di sempre maggior affermazione dei valori dell’uguaglianza e della libertà. Un Partito in grado di orientare e guidare interessi e contributi articolati, un Partito che intorno a quei valori sappia sollecitare presenze e istanze di una sinistra riformatrice, laica e progressista. Un Partito federativo e che insieme alle strutture tradizionali sappia collegarsi ad una rete di strumenti e associazioni nuovi, un Partito in grado, anche sulla base della riflessione critica della storia della sinistra nazionale ed internazionale e del superamento delle ragioni di antiche e radicali separazioni, di porsi come un referente unitario di una società complessa. Un Partito di Governo tanto più necessario in una fase storica nella quale le grandi trasformazioni indotte dalle rivoluzioni della globalizzazione e delle innovazioni tecnologiche pongono insieme rischi gravi di involuzione della democrazia, il permanere di tragiche disuguaglianze all’interno dei paesi e tra il nord e il sud del mondo ma anche opportunità per uno sviluppo qualificato sul piano sociale, economico, ambientale e civile.
La sinistra riformatrice e socialista ha saputo lungo la sua storia intervenire nel mondo liberale per riequilibrare la distribuzione della ricchezza e realizzare la dignità del lavoro, anche proponendo strumenti di intervento pubblici tali da correggere gli eccessi, gli errori, i limiti del mercato. Oggi siamo di fronte a livello internazionale alle rivoluzioni della tecnologia e della globalizzazione guidate solo da forze economiche e finanziarie e, sul piano interno, ad una difficoltà nello sviluppo economico, ad una arretratezza delle nostre strutture produttive e amministrative. Solo una politica socialista può – e deve – interpretare e progettare il cambiamento di queste situazioni che altrimenti, con la destra, assumerebbero i connotati di una deriva sociale, culturale e democratica. Occorre, dunque, portare a sintesi programmatica la qualità della domanda e dello sviluppo che noi intendiamo proporre indicando strumenti operativi, istituzionali e gestionali coerenti, riportando ad una capacità politica le responsabilità che le sono proprie. Queste sono le sfide per la sinistra ma anche i traguardi verso i quali riannodare quel consenso di lavoratori e cittadini che abbiamo saputo mobilitare e coinvolgere nella decisiva operazione di entrata nell’Euro. Da Firenze in poi il partito dei DS ha avviato un percorso lungo linee generali che noi condividiamo, ma non senza errori, contraddizioni e difficoltà, anche gravi, nei comportamenti, nella gestione e nelle linee politiche, non ultima una assenza di reali capacità di valorizzare storie e culture politiche essenziali proprio per garantire la collocazione del Partito sul versante del socialismo italiano ed europeo. Il Congresso di Torino ha aperto forti speranze e ha compiuto scelte importanti. Ma poco o nulla è stato fatto finora in attuazione di quelle scelte. E’ prevalso ancora un riformismo debole. Un’idea povera di riformismo dove il pur necessario pragmatismo della politica, staccato dal senso e dal valore del cambiamento necessario, si traduce in opportunismo quando non in subalternità.
Il prossimo Congresso rappresenta una tappa decisiva di questo percorso e la sua preparazione vede tra gli eventi positivi il formarsi di aggregazioni politiche che, pur faticosamente, sembrano rappresentare non più solo vecchie posizioni di gestione verticistica, ma differenziazioni di ordine politico che noi consideriamo del tutto positive in coerenza con una visione di un partito forte perché pluralista. Superare la vecchia opposizione all’esistenza di componenti politiche motivate da una diversa proposta riformatrice, rappresenta un elemento positivo e del tutto necessario per la vita interna e per la capacità di rappresentanza del partito della sinistra italiana. Lungo questa linea si inserisce anche la convinzione della necessità di una cultura delle alleanze che vede nell’Ulivo un elemento non opportunistico ma vincolante ed essenziale. Una sinistra forte in un Ulivo forte rappresenta una convinzione di fondo che richiama la sinistra in primo luogo alla capacità di svolgere il proprio ruolo.”.
“…L’economia dei saperi oggi si traduce in una diversa capacità di produrre che deve vedere la sinistra socialista attenta anche ad avanzare l’esigenza di una diversa qualità della domanda. Diversa perché, appunto, più alta e più ricca di valori culturali, ambientali, civili. Ma questa diversa qualità della domanda non può essere disgiunta da una capacità di elevare i contenuti, i diritti e la dignità del lavoro, da una qualità della produzione che può essere guidata dalle nuove forze costituite dalle conoscenza tecnologica, dalla convinzione della coerenza tra sviluppo economico e sviluppo sociale. Tuttavia questo percorso non è automatico e, nel nostro paese, è comunque tutto da costruire partendo da posizioni oggi prevalenti che puntano ad una competizione economica regressiva accrescendo la precarietà del lavoro e riducendo i sistemi di protezione sociale non sapendo operare sul fronte della produzione di innovazioni tecnologiche e di qualità”.
“Sono queste le linee lungo le quali si costruisce l’identità di un partito socialista e si giocano attualmente le opportunità di uno società più giusta, di uno sviluppo diffuso, civile e culturale o, al contrario, si subisce una deriva classista e antiegualitaria, una bassa qualità dello sviluppo o le discriminazioni sociali, razziali e le tentazioni autoritarie. Il tentativo già in atto di accrescere la divisione del mondo sindacale s’inserisce in questa deriva che deve vedere, invece, la sinistra attenta a recuperare e sviluppare i processi di unità. Rispetto a questa nostra impostazione dobbiamo riconoscere la necessità di un percorso ancora da sviluppare da parte di tutte le attuali componenti che si presentano al prossimo Congresso.
Tuttavia la necessità di partecipare a questo processo oggi impone una scelta tra le diverse mozioni. In questa situazione rileviamo nella mozione che esprime la candidatura a Segretario del Partito di Giovanni Berlinguer le posizioni nelle quali maggiori sono le aperture e le attenzioni al mondo del lavoro e alle trasformazioni sociali e culturali in atto e, quindi, ad una riflessione che sappia utilizzare anche le capacità del mercato senza subirne i limiti e senza i rischi di un mercato della società civile, dei diritti fondamentali dell’istruzione, della salute, della sicurezza, della legalità. Noi siamo per una politica che sappia coniugare la libertà, i diritti e i doveri dei singoli con la costruzione di istituzioni democratiche, decentrate; per un Paese che partecipi sul piano europeo ed internazionale alla costruzione di processi di pace e di organismi capaci di governare secondo gli stessi principi di uguaglianza e libertà le trasformazioni istituzionali, le relazioni politiche, le presenze e le collaborazioni internazionali.
Sono queste le motivazioni di fondo della nostra adesione, dell’invito a tutti i compagni dell’area socialista per una analoga adesione e per una partecipazione attiva alla costruzione e allo sviluppo dell’identità del Partito.
La candidatura di Berlinguer può, inoltre, aiutare a ribaltare un altro grave limite del Partito: la inadeguata gestione democratica, la scarsa collegialità nella direzione e una quasi inesistente partecipazione degli iscritti alla vita dei DS. Questa caduta democratica ha evidenziato modalità di leadership fondata su personalismi e tendenze oligarchiche al centro ma anche nel corpo del Partito. La resistenza diffusa al cambiamento impedisce l’assunzione delle responsabilità della sconfitta ma, e ciò è ancora più grave, impedisce di comprendere le dinamiche della società e dei contesti internazionali, riduce la partecipazione dei militanti, esclude apporti e competenze interne ed esterne. Occorre rapidamente superare queste situazioni con una nuova visione disinteressata, aperta e moderna.
La stagione politica che si presenta al partito nel dopo-congresso è segnata nel Paese dalla presenza di un Governo verso il quale prendono evidenza preoccupazioni che vanno oltre alle differenze puramente ideologiche: scarso senso dello Stato, avventurismo sul piano sociale, ampliamento delle divergenze economiche, privatizzazioni dei ruoli pubblici, populismo demagogico, insofferenza autoritaria, pochezza professionale politica, incapacità di lettura dei processi e delle linee di sviluppo economico e sociale, scarsa considerazione internazionale, sono tutti ingredienti che si vanno progressivamente confermando come elementi di fondo dell’attuale coalizione di Governo, dove l’unità trova sempre più il suo denominatore comune nella diffusa incultura democratica. Compito dell’opposizione non è solo quello di contrastare fermamente questa deriva ma costruire nel Paese in modo più incisivo la necessità e i contenuti di una alternativa ravvicinata. Sono in gioco valori generali di una società democratica, moderna ed avanzata, i diritti al lavoro e del lavoro nelle sue varie forme, il ruolo internazionale, la qualità e le stesse possibilità di sviluppo economico, sociale e civile del Paese. Anche su questi piani il Partito del dopo-congresso dovrà darsi una nuova capacità di elaborazione e rappresentare una alternativa progettuale e programmatica vincente, portando nell’Ulivo più forte una sinistra democratica più unita”.

Il dopo Pesaro e l’anno dei Movimenti e della Cgil
Lo svolgimento del Congresso Nazionale a Pesaro (16/18 novembre ’01) evidenzia lo stato di profonda difficoltà e disagio nel quale versano i DS. Piero Fassino è eletto segretario con il 61,8% dei voti, mentre Giovanni Berlinguer ottiene il 34,1% dei consensi e Morando il 4,1%.
Nei primi mesi del governo Berlusconi si palesa una evidente difficoltà dei partiti del centro sinistra a dispiegare una convincente opposizione e si accentua la distanza con la voglia di reagire di tanta parte del popolo della sinistra e dell’Ulivo. LABOUR partecipa alle iniziative promosse dal “correntone”, fa parte dell’Associazione “aprile per la sinistra”, suoi esponenti collaborano alla rivista “aprile il mensile” lungo tutto un anno, il 2002, che vede come protagonisti assoluti i Movimenti e la Cgil di Sergio Cofferati. Solo per ricordare le tappe principali di un anno assolutamente straordinario per mobilitazione democratica e capacità di auto organizzazione appuntiamo: il 23 febbraio al Palavobis di Milano, con migliaia di persone costrette fuori dal palazzetto strapieno, per rispondere all’invito della rivista Micromega che denuncia l’anomalia di un presidente del Consiglio che pretende di risolvere i propri gravi guai giudiziari facendo approvare dal Parlamento leggi “ ad personam”; un mese dopo, il 23 marzo, a Roma in tre milioni nell’immenso catino del Circo Massimo per difendere con la Cgil, insieme all’articolo 18 dello Statuto, la dignità dei lavoratori; sabato 14 settembre in Piazza San Giovanni a Roma, in un milione con Nanni Moretti per riaffermare i principi base della Costituzione Repubblicana. E tra queste, decine di iniziative nelle principali città italiane attorno ai tribunali, le sedi Rai, gli uffici scolastici e, ad agosto, di fronte al Senato. C’era materia su cui riflettere per tutti coloro che, anche a sinistra, ritenevano questioni come la giustizia, il conflitto di interessi, l’informazione, non in grado di suscitare reazioni tra i cittadini, così come veniva considerata conservatrice la difesa della Cgil per l’intangibilità dell’articolo 18.
Ma che cosa ha mosso tanti cittadini? Certo un elemento ha riguardato l’indignazione verso un governo e un presidente del Consiglio che non si riconosceva nei principi costitutivi e democratici del Paese rinato e riabilitato dalla lotta di Liberazione. Una destra anomala nel panorama delle destre in Europa costituisce certo una motivazione forte per una opposizione intransigente. Ma non è mancata ai movimenti di quei mesi anche una insoddisfazione verso il modo di intendere e praticare l’opposizione da parte del centrosinistra. Così come è stata e rimane non risolta la critica nei confronti delle sottovalutazioni e degli errori commessi dalla sinistra e dall’Ulivo, tra il ’96 e il 2001 per la mancata soluzione del conflitto di interessi, le scelte non compiute nel sistema radiotelevisivo e dell’informazione e per l’inserimento improvvido del tema della giustizia tra le materie della bicamerale. La stagione dei movimenti ha il suo acuto politico il 10 gennaio 2003 a Firenze dove in diecimila convengono al Palasport con il proposito di costituire una rete fatta di società civile, sindacato, amministratori, associazioni di base dei partiti, ma, soprattutto per ascoltare Cofferati. Quei propositi, come si sa, non hanno avuto un seguito degno delle molte attese suscitate. Attese che LABOUR aveva potuto riscontrare quando, il 6 novembre ’02, aveva, con “Aprile” ed altre associazioni, organizzato ad Alessandria un incontro sul tema “Il Lavoro i Diritti, i Valori” e invitato a concludere Sergio Cofferati nella sua prima uscita pubblica dopo la conclusione del mandato a Segretario della Cgil. Il locale, la sala di un cinema, si rivelò troppo piccolo per contenere le centinaia di persone venute dalle diverse zone della provincia che, in anticipo rispetto all’inizio dei lavori, lo riempirono sino all’inverosimile e costrinsero molti ad ascoltare gli interventi all’esterno (la relazione si trova sul sito di labour nella sezione Nuove Politiche).
Fausto Vigevani ci lascia e LABOUR decide di continuare nel suo nome
Fausto ci lascia il 5 marzo 2003. La mattina seguente la sede nazionale della Cgil di Corso d’Italia lo accoglie per tributargli l’ultimo saluto. I primi sintomi della malattia si erano manifestati nel novembre di due anni prima impedendogli di partecipare al Congresso di Pesaro dei DS. In questo lasso di tempo gli incontri con i compagni dell’Associazione erano stati radi e i discorsi non avevano mai riguardato la sua malattia. In un anno, il 2002, di grande mobilitazione e protagonismo della Cgil era forte in Vigevani la preoccupazione per la divisione del sindacato e l’ultimo documento firmato da Fausto è probabilmente stato un appello propostogli da Pierre Carniti, rivolto ai segretari di Cgil, Cisl, Uil, affinché recuperassero un cammino comune.
I compagni che per anni, con Fausto, hanno condiviso e sostenuto scelte e indirizzi di LABOUR decidono di continuare il lavoro dell’Associazione nel nome del suo fondatore e, come primo impegno, si assunse quello di riunire in una pubblicazione la vicenda sindacale, politica e umana di Vigevani. Impresa non facile, perché Fausto aveva in comune con Riccardo Lombardi anche quella spersonalizzazione che arriva a trascurare lo scritto come documento da affidare ai posteri. Impresa alla quale hanno contribuito molte persone, con il pieno sostegno della Cgil e della casa editrice Ediesse, ma tre, in particolare, ne sono stati gli autori: Pasquale Cascella, Giorgio Lauzi e Sergio Negri. Il volume, di 346 pagine, dal titolo “Fausto Vigevani – La Passione, il Coraggio di un Socialista Scomodo” è stato presentato a Genova il 19 settembre 2004, durante il Festival Nazionale de l’Unità, in una iniziativa che ha messo in relazione la figura di Fausto con quella di Riccardo Lombardi e alla quale sono intervenuti Guglielmo Epifani, Nerio Nesi, Renzo Penna, Bruno Trentin, Roberto Villetti e gli autori del libro Pasquale Cascella e Sergio Negri.
Vigevani è stato ricordato il 6 marzo ’04, a un anno dalla scomparsa, a Città di Castel San Giovanni (PC) dagli amici, dai compagni del PSI lombardiani e del sindacato e dall’onorevole Pierluigi Bersani, mentre per LABOUR è intervenuto Mauro Beschi. Il 4 marzo dello stesso anno l’Associazione ha presentato all’Università Roma Tre, insieme al Professore Paolo Leon, agli studenti della Facoltà di Economia il “Premio Tesi di Laurea Fausto Vigevani”. Tutti i ricordi, i saluti egli interventi di queste iniziative sono riportati nel Quaderno di labour n.10 pubblicato nel giugno del 2005.
Adesione alla Mozione Mussi per il Terzo Congresso DS
Dopo la fase esaltante dei movimenti che consente al centrosinistra di mietere significativi successi nelle elezioni di comuni e province e la decisione di Cofferati di rientrare nei ranghi della maggioranza dei DS come sindaco di Bologna, il terzo congresso del partito si apre nella prevedibile previsione di confermare il Segretario con una robusta maggioranza. La sinistra dei DS, divisa in due mozioni, non presenta candidati a Segretario. Nel novembre ’04 LABOUR conferma la sua adesione alla mozione “Una sinistra forte – Una grande alleanza democratica” che ha come primo firmatario Fabio Mussi. Nel documento insieme alla riaffermazione che “…Siamo contrari alla proposta di un partito riformista perché crediamo che in Italia debba essere presente una grande forza di sinistra, un Partito del Socialismo Europeo come avviene in tutto il resto d’Europa…Abbiamo sempre pensato che l’Ulivo fosse un progetto forte di coalizione, non un partito unico”; si motiva la contrarietà all’ipotesi di “federazione riformista” perché “…è sbagliata l’idea di dividere il centrosinistra tra un gruppo chiuso di forze moderate che si differenzia e contrappone a quelle più radicali…in questo modo la coalizione diventa meno unita ed è più debole”. A sostegno di questa posizione LABOUR pubblica sull’Unità di domenica 21 novembre ’04 due frasi appaiate di Riccardo Lombardi – “E’ socialista quella società che riesce a dare a ciascun individuo la massima possibilità di decidere la propria esistenza, e di costruire la propria vita” e di Fausto Vigevani – “E’ da un’idea sbagliata di riformismo che derivano subalternità culturali e politiche al pensiero e alle politiche neo liberiste, mentre il riformismo è prima di tutto senso e valore del cambiamento necessario”.

Il Nome Socialista per i DS
Ma, in particolare, l’attenzione dell’Associazione si concentra sulla proposta di dare il nome Socialista al Partito dei Democratici di Sinistra. Il 7 gennaio 2005, Renzo Penna, Mauro Beschi e Sergio Ferrari, siglano un documento nel quale, dopo aver sottolineato che negli ultimi tempi “… Numerosi ed autorevoli compagni che provengono da esperienze politiche diverse della sinistra e che rappresentano l’espressione di tutte le componenti presenti nel congresso dei DS, hanno avanzato la proposta di inserire il termine “socialista” nel nome del nostro partito…accogliamo e facciamo nostra quella proposta”;… più avanti si ricorda che “…Nei mesi scorsi abbiamo avuto l’occasione di ricordare compagni che non sono più tra noi, compagni come Riccardo Lombardi, come Enrico Berlinguer e, recentemente, come Fausto Vigevani. Personalità tutte che oggi sarebbero impegnate a sostenere questa sfida. Compagni con una vicenda personale e politica diversa e vissuta in tempi differenti. Ma compagni che presentano anche alcuni elementi comuni che non vorremmo mai andassero persi: il senso e il valore morale della politica, la capacità di guardare in avanti, scontando magari il rischio di apparire degli utopisti mentre sapevano meglio di altri superare il contingente, il saper vedere l’evoluzione della società e i passaggi necessari per condurre le persone verso traguardi di maggiore uguaglianza e giustizia sociale, verso più alti livelli democratici e di qualità del vivere sociale ed individuale. Ci sono dunque tutte le condizioni perché la proposta di dare il nome socialista ai DS venga raccolta e perché ci sia su questo punto un momento di più ampia unità del Partito”.
Nel documento si fa presente come non possiamo continuare a chiamarci socialisti in Europa e non si sa come in Italia….Un fatto che evidenzia una chiara anomalia della sinistra italiana. Un’anomalia della quale conosciamo le ragioni e le origini che hanno sin qui impedito alla sinistra italiana – unica tra i grandi Paesi europei – di poter contare su una grande forza capace di porsi alla guida del governo. E’ quella anomalia che ha fatto di recente affermare al Segretario Generale della CGIL Guglielmo Epifani, come capiti solo da noi che, se si deve citare la forza che in un sistema basato sull’alternanza si contrappone alla destra, è necessario affiancare al termine “sinistra” anche la parola “centro”. Da cui si può evincere, in consonanza con Massimo Salvadori, che l’Italia non ha bisogno di un generico partito riformista nel quale la sinistra si appiattisce sul centro, ma di un grande e autonomo partito capace di rappresentare un solido punto di riferimento per l’intera sinistra che si allea programmaticamente e lealmente con il centro della coalizione. “ Non ci nascondiamo – conclude lo scritto di LABOUR – il fatto che anche all’interno del termine socialista ci sono strade e ipotesi diverse, ci sono movimenti e riferimenti sociali dinamici. Ma per il movimento socialista questa non è una novità anche perché i principi di uguaglianza e libertà, che rimangono i riferimenti fondamentali, non sono declinabili una volta sola e per sempre. Dobbiamo, in questo quadro, aprire una riflessione sulle prospettive dei Partiti Socialisti in Europa, in particolare con una discussione seria sul rapporto tra socialismo e lavoro. …Tra la strategia dei soggetti del socialismo europeo e la loro rappresentanza originaria, tra la prospettiva di interpretare nuove dinamiche sociali e la esigenza di continuare a riconoscere al lavoro un ruolo e un valore centrale di emancipazione sociale e individuale. Questo è il nostro compito all’interno della sinistra italiana e questo è il senso che noi attribuiamo alla proposta di dare il nome socialista ai Democratici di Sinistra”.

Il Contributo di LABOUR al Cantiere “Fuori Programma”promosso dalle riviste
Domenica 16 gennaio 2005, presso l’Università dell’Angelicum un gruppo di riviste: Aprile, Carta, Alternative, Quaderni di labour e dall’emittente Ecoradio, promuovono una giornata di lavoro sui diversi temi. Pace e solidarietà globale (Lisa Clark) – Beni comuni (Riccardo Putrella) – Sviluppo e diritti dei lavori (Luciano Gallino) – Legalità e diritti di cittadinanza (Luigi Ciotti). In apertura dei lavori Sergio Ferrari interviene insieme agli altri responsabili delle riviste. A questa prima iniziativa, organizzata per iniziare a fornire materiali per il programma dell’Unione di centro sinistra, LABOUR presenta un contributo scritto sul tema: “I Diritti e i Lavori”. Più di recente (luglio 2006) l’Associazione ripropone in un testo il perché occorra “Ricostruire una presenza politica Socialista in Italia”, mentre nel novembre scorso aderisce, motivandolo con un documento che l’Unità pubblica l’11/11/’06, al “Manifesto per il Socialismo”. Entrambi i testi sono consultabili sul rinnovato sito all’indirizzo: www.labour.it .
Con un impegno politico di indubbia coerenza che, collettivamente, l’Associazione ha portato avanti dalla sua costituzione (ottobre 1993), risulta oggi naturale delineare, nell’approssimarsi a quello che si prospetta come l’ultimo congresso dei DS, la posizione di LABOUR nei termini di seguito proposti.

LABOUR sta con “A Sinistra per il Socialismo”
“Il prossimo Congresso dei DS sarà decisivo per le sorti del socialismo in Italia. La scelta è ormai evidente a tutti: o si avvia esplicitamente la costruzione di un soggetto politico partecipe del movimento socialista europeo ed internazionale o si va oltre e cioè fuori, perpetuando la grave anomalia di un paese europeo senza un forte partito socialista ancorato a sinistra.
La scelta per ogni socialista è semplice e chiara. Si tratta, peraltro, di una questione centrale per tutto il Paese, per le possibilità di uscire da una condizione di declino civile, economico e sociale e culturale. Sappiamo che si tratta di un compito di grande impegno, di superare un gran ritardo in tutta la sinistra, di recuperare i valori dell’eguaglianza e della libertà proiettandoli verso i nuovi problemi posti dal mondo di oggi, di riaffermare i diritti di tutti, la dignità del lavoro, la concezione della pace nelle relazioni internazionali, la salvaguardia dell’ambiente, di orientare lo sviluppo verso quella “società diversamente ricca” di cui parlava Riccardo Lombardi. Ma si tratta principalmente di creare un forte soggetto politico coerente anche nei comportamenti con questi valori. E’ tempo di superare incertezze, distinzioni, riserve pur comprensibili. E’ all’interno di questa costruzione che occorre sapere portare un contributo e un impegno. La posta in gioco non è quella di una componente politica, di un gruppo dirigente, ma è quella del socialismo in Italia.
L’Associazione Labour “Riccardo Lombardi” nell’aderire alla mozione “A sinistra per il socialismo”, rivolge un appello a tutti i socialisti perché nel prossimo Congresso dei DS questa posizione possa trovare un avvio forte e convincente. Dipende anche da noi.”

Renzo Penna, Mauro Beschi, Sergio Ferrari, Renato Matteucci

Roma, marzo 2007

Se non ora, quando?
4 febbraio 2008,
Oggi si sente il bisogno di rilanciare il progetto del 5 maggio, di combattere l’idea delle due si nistre, di recuperare, come scelta pregiudiziale, la prospettiva di governo di qualsivoglia soggetto che non intenda rassegnarsi alla marginalità ed all’impotenza, di rinnovare la ricerca sulla questione del socialismo, di assumere il rapporto con le rappresentanze sociali del lavoro come questione cruciale per potersi riappropriare di adeguate ed urgenti politiche in grado di modificare i rapporti di potere economici e sociali

Alcuni giorni fa su Aprileonline è stata pubblicato un documento intitolato “Una Sinistra per il Paese” nel quale venivano affrontate alcune questioni politiche riguardo le necessità e le prospettive per una sinistra di governo in Italia.
Mentre si sono evidenziati interventi, tra i quali quelli di Spini e Grillini, e commenti di vario genere rimane assordante il silenzio del gruppo dirigente di Sinistra Democratica, che era il destinatario principale di quelle riflessioni.
Ora, a prescindere dalla condivisione o meno di un analisi piuttosto critica delle decisioni di questi mesi, nelle quali si riscontrava una evidente frattura tra le decisioni politiche che avevano motivato l’uscita dai DS e la piattaforma programmatica dell’ Assemblea del 5 maggio 2007 e le scelte che stanno producendo una unificazione sostanzialmente priva di risposte al percorso invocato, sembrerebbe oggi necessario, di fronte al precipitare della crisi politica, non sfuggire ai nodi di una domanda di unità che non può essere scollegata ed indifferente riguardo la sinistra che vogliamo, la sinistra utile per rispondere alle esigenze del Paese e, in primo luogo, del mondo del lavoro.
Tanto più di fronte ad una parabola impressionante che ha portato la cosiddetta “Sinistra arcobaleno” a seguire di fatto una traiettoria che rischia – si leggano con attenzione i diversi interventi di autorevoli esponenti – di privilegiare una risposta identitaria e minoritaria che ha nella opposizione il suo sviluppo non solo logico ma necessario.
Come può sfuggire la straordinaria sintonia tra il progetto di Veltroni e quello di Bertinotti, comprese le posizioni sulla Legge Elettorale, che conseguirebbe l’unico devastante risultato di liquidare per molto tempo gli spazi per un riformismo radicale e credibile, disegnando una sinistra tanto vociante quanto irrilevante.
Oggi si sente, al contrario, il bisogno di rilanciare il progetto del 5 maggio, di combattere l’idea delle due sinistre, di recuperare, come scelta pregiudiziale, la prospettiva di governo di qualsivoglia soggetto che non intenda rassegnarsi alla marginalità ed all’impotenza, di rinnovare la ricerca sulla questione del socialismo, di assumere il rapporto con le rappresentanze sociali del lavoro come questione cruciale per potersi riappropriare di adeguate ed urgenti politiche in grado di modificare, con fatica ed anche con gradualità, i rapporti di potere economici e sociali.
Sulla base di questa scelta occorre sfidare la boriosa autosufficienza del Partito Democratico, non solo sottolineandone la pericolosità per una sconfitta elettorale ma per rimettere al centro un idea di alleanze in cui una sinistra di governo non risulti marginale ed inutile. Così come occorre, da parte di SD, riprendere a tutto campo il confronto affinché, non su parole d’ordine generiche e spesso mistificanti, si sciolgano i nodi culturali, politici e programmatici che stanno alla base delle decisioni del 5 maggio.
Ma vi è un secondo serio problema politico per SD; in tutti questi mesi si è avvertito un ripiegamento autoreferenziale che ha impedito di sviluppare, soprattutto nei territori, l’iniziativa e la discussione, le quali non sono state arricchite da una partecipazione attiva, con un impoverimento della visibilità programmatica e progettuale di SD che non ha favorito neppure il confronto con altre formazioni della sinistra caratterizzate, invece, da identità e forza organizzativa.
Questo ripiegamento ha ossificato il confronto democratico producendo decisioni sempre più ristrette e non sottoposte a verifica.
Ora il tempo stringe, occorre rapidamente ricostruire un iniziativa legata alla originaria piattaforma, rimettere al centro i suoi punti decisivi, la costruzione di una sinistra di governo e la riforma della politica, l’adesione al socialismo europeo, la rappresentanza del mondo del lavoro e il rapporto con i sindacati, la difesa intransigente della laicità dello Stato, il rinnovamento delle classi dirigenti.
Solo una risposta alta a questi nodi può consentire di dare ai processi di unificazione una prospettiva non effimera o strumentale, può offrire trasparenti e concrete tappe di avanzamento, può realizzare una nuova sinistra, ricca di capacità critica, forte nel suo radicamento perché, non sfuggendo al dovere di tenere conto delle complessità del Mondo, potrà riproporre la sua funzione di concreto soggetto trasformatore.

Firme: Rita Battaglia, Mauro Beschi, Maria Console, Sandro Dessì, Sergio Ferrari, Carla Pecchioni, Renzo Penna, Carmelo Romeo

 
Roma, 9 febbraio 2009 Associazione LABOUR “Riccardo Lombardi”
Occorre reagire: “Appello per una lista unitaria della sinistra”

Nei giorni scorsi abbiamo criticato il Partito democratico per la sua decisione di voler modificare, insieme alla maggioranza, la legge per le elezioni europee a pochi mesi dalla consultazione elettorale e paventato che questa avrà come conseguenza – come è già successo alle elezioni politiche italiane – di rafforzare lo schieramento della destra e della Lega e di indebolire, questa volta in Europa, la sinistra e la rappresentanza del PSE.
Gli accadimenti gravi di questi ultimi giorni ci confermano in quel giudizio e in quella preoccupazione. Lo sfaldamento della sinistra, la divisione del sindacato con l’evidente tentativo di isolare la Cgil, la perdita di peso e di radicamento nella società e sul territorio di una opposizione leggera e incapace di reagire, stanno favorendo un pericoloso attacco ai principi democratici rappresentati dalla Costituzione Repubblicana.
La destra, dopo aver sostenuto le pratiche liberiste responsabili dell’attuale gravissima crisi economica e sociale, la sta adesso cavalcando in maniera demagogica e populista, incrementando la paura, l’intolleranza verso gli stranieri e il conflitto tra i poveri.
Il provvedimento proposto dalla Lega nord e approvato al Senato che incita i medici alla delazione dei clandestini malati, ha suscitato condanne e indignazione, ma ha anche evidenziato come il dialogo e le intese con questo governo rappresentano una pericolosa illusione che finisce sempre per indebolire l’opposizione.
L’attacco di Berlusconi al capo dello Stato, utilizzando cinicamente la penosa vicenda di Eluana, per mettere in discussione la separazione dei poteri costituzionali e l’esautoramento in atto del Parlamento da parte della maggioranza evidenzia che i rischi per la democrazia sono presenti e gravi. Occorre opporre una barriera a questo degrado. Occorre reagire con una opposizione ferma e unita anche per riaffermare il confine della laicità nel rapporto tra lo Stato e la Chiesa cattolica.
In questa preoccupante situazione la proclamata autosufficienza del Pd come forza di opposizione non ha evidenziato solo i limiti propri che ne stanno segnando caduta di consensi e crisi, ma contribuisce allo sfilacciamento e alla perdita di peso e di ruolo di tutto il centrosinistra.
Per rispondere in modo efficace e urgente, in vista delle elezioni europee di giugno, intendiamo lanciare un appello per l’aggregazione a sinistra di tutte le forze che in Europa si riconoscono nel Partito socialista europeo.
Un appello che trovi l’adesione di associazioni, movimenti e forze politiche appartenenti o vicine al Partito socialista, a Sinistra democratica, al mondo laico ed ecologista, di quanti in Rifondazione per la sinistra si riconoscono nel ruolo del socialismo europeo, di tutti quelli che da tempo attendono di costruite anche in Italia una sinistra riformatrice e socialista.

per l’Associazione Labour “Riccardo Lombardi”
Renzo Penna, Mauro Beschi, Sergio Ferrari

La crisi della sinistra in Europa e in Italia

Da Aprile Online.info
Associazione Labour “Riccardo Lombardi”* , 27 giugno 2009,
Dibattito Sui temi ripresi su Aprile da W.Tocci per un verso e da F. Bianco, dall’altra, con il richiamo all’intervento su Repubblica del 16 giugno scorso, da parte di Ruffolo, ma si potrebbe ricordare anche l’intervento sullo stesso giornale di M. Salvadori, riceviamo un’analisi dell’Associazione Labour : L’esistenza di una classe dirigente all’altezza delle sfide attuali rappresenta una questione che investe tutte le espressioni sociali del Paese, non solo la politica. In questo campo specifico esiste, tuttavia, una usura e una caduta di credibilità che rappresentano comunque questioni che devono essere risolte e superata con un ricambio anche dei metodi di partecipazione e selezione
L’esistenza di una crisi della sinistra a livello europeo ha ricevuto dalle recenti elezioni per il Parlamento europeo una ulteriore conferma. E’ allora necessario allargare lo sguardo perché la pur necessaria analisi critica al nostro interno non sarebbe altrimenti sufficiente. Ma è anche necessario non commettere l’errore di identificare totalmente questa crisi a livello europeo con quella esistente nel nostro paese che presenta analogie ma anche specificità sulle quali sarà opportuno ritornare, anche perché su queste abbiamo una responsabilità diretta e preminente.
Stando a questo livello europeo sembra che si possa cogliere un elemento comune che, se ci ragioniamo un momento, giustificherebbe abbondantemente la crisi della sinistra. In sintesi la sinistra pretenderebbe di esistere campando di rendita sulle riforme degli anni ’30-40. E’ vero ha inventato il new deal, ha fatto la prima riforma socialdemocratica. Ma sono passati più di 50 anni da allora !. Se diciamo che i nostri principi ruotano intorno al concetto di eguaglianza, che come tale è dinamico, ma poi si resta fermi per 50 anni, non ci si dovrebbe meravigliare se qualcosa non torna. Sarebbe strano il contrario. Quando si dice che siamo rimasti fermi ci si riferisce e a quelli che si sono fermati alle riforme fatte una volta e a quelli che pensavano di essere più avanti solo perché la loro analisi e la loro critica non si erano confrontate con la realtà, nemmeno con quella che avevano invocato.
E’ vero, nel frattempo abbiamo combattuto e contribuito a vincere una grande guerra mondiale contro il totalitarismo di destra. Non è merito da poco ma paradossalmente quella vittoria ha accelerato i tempi delle trasformazioni economiche e sociali e tra questi cambiamenti abbiamo fatto fatica a riconoscere il cambiamento della domanda sociale, gli effetti del crescente ruolo di strumenti del cambiamento come la rivoluzione tecnologica che come tale, e se non governata, può avere valenze opposte. Il movimento femminista e la crisi ambientale sono altre due spie di questo nostro ritardo. Abbiamo assistito al crollo del muro di Berlino 20 anni fa, ma una parte di quella sinistra fa ancora fatica a riconoscere la ovvia necessità di tornare al 1921, accumulando un ancora maggiore ritardo. E ciò è vero particolarmente nel nostro paese.
A livello europeo la stessa vittoria del modello economico liberista ha visto la sinistra su posizioni e dir poco ambigue. Questa sinistra ha dimenticato anche i limiti obiettivi delle soluzioni realizzate dalle logiche del mercato per non incorrere in evidenti contraddizioni con la propria pratica politica, ma cosi facendo ha tolto credibilità a se stessa. Si potrebbe spiegare così come mai una crisi economica quale quella di questi anni sia intervenuta per demeriti intrinseci della teoria liberista ma senza una posizione critica e delle proposte alternative da parte della sinistra. E così quando questa crisi si è manifestata le reazioni non potevano avere un segno di consenso per questa sinistra. E’ questa la sinistra che non raccoglie consensi e allora la critica andrebbe rivolta a quelli che pensano che questa sia l’unica sinistra possibile mentre è forse l’unica sinistra impossibile.
In definitiva sembrerebbe necessario riprendere il discorso partendo da quel principio di eguaglianza che ci ripetiamo forse senza capirne più le logiche attuali.
Quel principio nasceva da una analisi del sistema economico capitalistico il quale nello sviluppare le logiche necessarie della divisione del lavoro e dovendo inserire anche le risorse finanziarie aveva determinato una divisione dei ruoli sociali un po’ “criticabile”: io ti dico cosa e come devi fare, quanto e quando ti pago e tu ubbidisci. Non è certo la sede per fare la storia delle critiche a questa logica ma è sufficiente ricordare una sintesi del tutto recente, scritta nel 2006:
Il capitalismo è un sistema in evoluzione continua e può essere spinto da noi in una direzione o nell’altra. Il trionfo del lavoro gradevole significa la fine dell’alienazione, che ha costituito e tuttora costituisce la tara peggiore del capitalismo”.
L’autore non è un estremista di sinistra, anche se oggi potrebbe sembrare tale, ma è una socialista liberale che corrisponde al nome di Sylos Labini. E per questi personaggi la valenza liberale stava nella dimensione etica prima che sociale della politica per cui le libertà politiche cosi dette borghesi quali le liberta di opinione, di stampa, di riunione, ecc. sono integrate nella stessa dotazione necessaria per richiamarsi con coerenza al concetto di eguaglianza, In questo senso come socialisti ci si dovrebbe sentire ben più avanti dello stesso liberalismo che fa fatica a riconosce nella dimensione economica un vincolo sociale alle legittime aspettative di tutti. Anche la configurazione sociale della inclusione/esclusione non è che una versione aggiornata di quella alienazione.
Occorre allora inizialmente verificare se si è o meno tutti d’accordo con il senso di quella sintesi di Sylos sopra richiamata. Si tratta di domandarsi se si è d’accordo su un minimo comune denominatore, all’interno del quale sappiamo che possono coesistere posizioni, accentuazioni e sensibilità diverse ma che, proprio per questo, hanno necessità di ritrovarsi su un aspetto fondamentale. La domanda non è retorica perché da un lato alle volte sembrerebbe che alcuni preferirebbero porre in testa, del tutto legittimamente, altri principi In questo caso andare a vedere il perché la sinistra ha perso la sua credibilità forse sarebbe un esercizio del tutto differente da quello che ci proponiamo noi . Nel nostro caso dovremmo, invece, riconoscere i ritardi della nostra proposta politica rispetto a quel valore, e rispetto alle nuove diseguaglianza o a quelle vecchie ma resesi maggiormente insostenibili con il passare del tempo.
Si potrebbe pensare, ad esempio, ai valori della differenza nella distribuzione della ricchezza che probabilmente non sono peggiori di quelli esistenti dell’ottocento ma che appaiono invece oggi del tutto incredibili e quindi inaccettabili. E se ci si riconosce in quel principio di eguaglianza appare fuori ogni dubbio che la prima traduzione di quel principio sta nel diritto al lavoro. Una volta la sinistra diceva “un pieno e buon lavoro”; ora non dice più nulla . Per pudore? Per incapacità? Perché non ci crede più?. E non si chiude il cerchio di un ragionamento di sinistra fermandosi – ben che vada – alla dimensione della distribuzione della ricchezza ma senza ragionare sui termini della produzione di questa ricchezza. Ma il recupero della “responsabilità pubblica” come motore regolatore e le conseguenti politiche economiche e industriali della sinistra su questo fronte non esistono. Quello che è certo è che ora questa sinistra corre – e con difficoltà – dietro al precariato .
Il paradosso della crisi attuale della sinistra sembrerebbe consistere dunque, niente affatto nel non saper ascoltare la gente, come si ama ripetere – siamo piuttosto tutti vittime dei sondaggi – ma piuttosto nel non saper tradurre quell’ascolto in un percorso di speranza, in una strada, un Progetto, magari difficile ma in grado di dare un senso anche alle difficoltà del presente. E nel saper tradurre quel Progetto in riforme strutturali concrete. L’assenza di questo Progetto lascia gli spazi ai ripieghi come tali necessariamente corporativi o localistici, ma comunque capaci di tradurre sollecitazioni rimaste senza interpreti, che non devono rispondere a coerenze e a basi culturali troppo complesse, ricercando proprio in questi limiti la base del loro successo. Ma lascia anche spazi a quel pragmatismo che potrebbe avere aspetti anche positivi ma che in Italia assume la versione dell’opportunismo e della questione morale. E questo paradosso si esalta perché la cultura liberista ha sviluppato degli “spiriti animali” per cui mentre la sinistra ha operato facendo evolvere la capacità critica della gente ed accrescendo la qualità della domanda sociale, ora la destra su questa crescita ha alimentato uno spirito egoistico e asociale, essenza del liberismo, contraddittorio con quella speranza collettiva che pur resta “naturalmente” una esigenza “nascosta” di tutta la gente. Si sono aperti nuovi orizzonti carichi di incognite – la globalizzazione, la rivoluzione tecnologica, la crisi ambientale, la pace nel modo – ma la gente, vittima di quella cultura liberista, domanda soluzioni qui, ora e per se stessa, anche perché il liberismo ha distrutto, tra l’altro, le sedi fisiche dove le paure singole si possono trasformare in coscienza sociale e in azione collettiva.
La crisi della politica – in Italia ma non solo in Italia – sta proprio nell’assecondare e nell’aver assecondato gli spiriti selvaggi e quindi nella rinuncia ad un progetto alto. Ma poiché gli spiriti selvaggi non sono in grado di risolvere i problemi, così facendo la politica da un lato alimenta la loro inesauribile insoddisfazione, e dall’altra rinuncia al suo vero ruolo diventando vittima di se stessa. Se la sinistra è la prima vittima la responsabilità sta in primo luogo, quindi, nella assenza della sinistra o nel suo essere dimezzata. Questa è la sinistra in crisi
Occorre allora ripartire da quella crescita culturale e sociale prodotta nel tempo dalla sinistra sapendo che quelle conquiste possono essere rimesse in gioco o essere utilizzate per rigurgiti classisti; se la sinistra non sa proporre, con il sogno della libertà e della eguaglianza, una politica di riforme ulteriori e coerenti, quei ritorni al passato sono nell’ordine delle cose molto possibili.
Di questo e su queste riforme dovremmo discutere con la gente. Ma prima, necessariamente prima, dobbiamo verificare l’adesione ai nostri valori e ricostruire nei comportamenti la nostra credibilità. Queste precondizioni non sono e non possono essere un formalismo, un tributo da pagare per passare oltre. Programmazione e coerenza degli interventi devono essere una traduzione verificabile della esistenza di quelle precondizioni.
Si ripete che dopo la crisi economica internazionale nulla sarà più come prima, lo stesso sviluppo economico-industriale sarà segnato dalla riconversione verde. Ma questa stessa società capitalistica attuale può benissimo gestire questa transizione e i cambiamenti – che non hanno necessariamente un segno univoco – dipenderanno ancora una volta dalla nostra capacità d’analisi e di proposta. Il primo banco di prova di una rinascita della sinistra dovrebbe allora consistere proprio nella capacità di dare un segno a questi cambiamenti. In questa direzione la triplice valenza della sostenibilità economica, sociale e ambientale dello sviluppo dovrà via, via coniugarsi con quelle che sono state a suo tempo le anticipazioni di R. Lombardi intorno ai cambiamenti da indurre nella qualità della domanda.
La crisi attuale della sinistra non mette, dunque, in discussione la sua esistenza ma anzi ne rivaluta quei valori che ne hanno fatto la storia là dove ovviamente questi valori – compresi quelli del rigore intellettuale e morale.- vengono intelligentemente collocati nella società attuale. L’esistenza di una classe dirigente all’altezza delle sfide attuali rappresenta una questione che investe tutte le espressioni sociali del Paese, non solo la politica. In questo campo specifico esiste, tuttavia, una usura e una caduta di credibilità che rappresentano comunque questioni che devono essere risolte e superata con un ricambio anche dei metodi di partecipazione e selezione.
*Associazione LABOUR “Riccardo Lombardi” www.labour.it

Contributo dell’Associazione LABOUR “Riccardo Lombardi” per l’Assemblea di Sinistra e Libertà: “Occorre una Carta dei principi”.
Napoli – 20 settembre 2009

Nel dibattito intorno alla creazione del Partito di Sinistra e Libertà si intrecciano problemi politici e organizzativi vari e, tra gli altri, quello di superare il verticismo senza cadere in un micro assemblearismo, quello di richiamarsi ai principi ma, nello stesso tempo, di offrire soluzioni ai problemi del momento, di pensare alle tante storie che stanno dietro a questo dibattito, ognuna delle quali ha una necessità e un diritto ad essere riconosciuta e, alle volte, difesa, di aggiornare approcci e scenari nazionali e internazionali. Il fatto è che qualunque partito deve avere principi, statuti, programmi, progetti e, anche, checché se ne dica, una storia. E un neoaggregato politico che bene o male si vuole richiamare alla storia della sinistra deve fare anche i conti con questa storia

Sembra che quell’aria liberista che nei recenti decenni ha dominato la politica di molti paesi, contaminando anche la sinistra, sia arrivata al capolinea con una crisi economica e sociale di entità mai vista prima. L’ultimo e più recente segnale positivo di una nuova coscienza critica in questo senso ci arriva dalle elezioni in Norvegia.
Ma attualmente la sinistra non può solo riprendere la vecchie politiche del welfare, ma deve aggiornare queste stesse politiche sulla base delle trasformazioni sociali intervenute. Esiste una nuova domanda che deve impegnare nuovi progetti economici e sociali con la crescita di responsabilità politica diffusa, e in questa direzione vanno le diverse opportunità offerte dall’economia della conoscenza, la nuova domanda di partecipazione responsabile, di eguaglianza dei diritti e dei doveri e delle opportunità.
Se a tutto questo aggiungiamo quelle peculiarità attuali della situazione politica del nostro paese, sulle quali vogliamo in questa occasione stendere un velo pietoso, abbiamo una pallida immagine dei problemi che ci stanno di fronte.
Insomma il compito che ci proponiamo non è da poco e seppure è vero che sarebbe utile chiudere questo percorso in tempi molto brevi, è bene che tutti si rendano conto dello spessore di questa operazione. La vicenda del PD serve anche per capire gli errori di una fretta confusa e inconcludente da evitare.

Ma certamente occorre iniziare e procedere attraverso passaggi coerenti e significativi. E allora da che parte si incomincia?…
Le formazioni politiche partitiche che partecipano a questa operazione hanno certamente tempi e metodi che devono essere rispettati Ma questo nuovo partito se deve nascere sulla base degli equilibri verticistici conseguenti è molto probabile che nasca, se non morto, certo con molti handicaps e rinunciando a quella quota di consensi esterni che da molte parti viene riconosciuta come il maggiore potenziale politico disponibile.
Noi come Labour “Riccardo Lombardi” vorremmo in questa occasione proporre un percorso che consenta di evitare questi errori. Un percorso che parte dalla presentazione di una Carta dei Principi attraverso la quale ognuno possa riconoscersi ed esprimere la propria adesione.
Noi proponiamo di mettere in campo quei personaggi ai quali, proprio per il prestigio politico-intellettuale, dovrebbe essere richiesto di elaborare la Carta dei Principi del nuovo Partito. Pensiamo a personaggi come Massimo Salvadori, Stefano Rodotà, Paolo Leon, Luciano Gallino (non sono gli unici, ma indicano un dimensione politica e culturale, oltre che una vicinanza al progetto di Sinistra e Libertà….). Una Carta dei Principi in grado di proiettare le nostre storie e i nostri valori in un progetto per il futuro del Paese e sulla quale richiedere l’adesione al nuovo soggetto politico, costruire e organizzare i coinvolgimenti di Circoli, Sezioni, Associazioni.
In questo modo è possibile immaginare l’attuazione, nell’arco di pochissimi mesi, di un percorso che superi una situazione altrimenti di stallo, o di delega verticistica, entrambe altrettanto fallimentari.

Spread the love

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *