Adesione della Associazione LABOUR “Riccardo Lombardi” alla mozione DS : “PER TORNARE A VINCERE”. Settembre 2001
L’Associazione LABOUR sin dalla sua costituzione nel 1993 ha inteso operare al fine di costruire anche in Italia un Partito del Socialismo Europeo capace di interpretare e governare i processi di sviluppo del Paese lungo una linea di attenzione e di sempre maggior affermazione dei valori dell’uguaglianza e della libertà. Un Partito in grado di orientare e guidare interessi e contributi articolati, un Partito che intorno a quei valori sappia sollecitare presenze e istanze di una sinistra riformatrice, laica e progressista. Un Partito federativo e che insieme alle strutture tradizionali sappia collegarsi ad una rete di strumenti e associazioni nuovi, un Partito in grado, anche sulla base della riflessione critica della storia della sinistra nazionale ed internazionale e del superamento delle ragioni di antiche e radicali separazioni, di porsi come un referente unitario di una società complessa. Un Partito di Governo tanto più necessario in una fase storica nella quale le grandi trasformazioni indotte dalle rivoluzioni della globalizzazione e delle innovazioni tecnologiche pongono insieme rischi gravi di involuzione della democrazia, il permanere di tragiche disuguaglianze all’interno dei paesi e tra il nord e il sud del mondo ma anche opportunità per uno sviluppo qualificato sul piano sociale, economico, ambientale e civile.
La sinistra riformatrice e socialista ha saputo lungo la sua storia intervenire nel mondo liberale per riequilibrare la distribuzione della ricchezza e realizzare la dignità del lavoro, anche proponendo strumenti di intervento pubblici tali da correggere gli eccessi, gli errori, i limiti del mercato. Oggi siamo di fronte a livello internazionale alle rivoluzioni della tecnologia e della globalizzazione guidate solo da forze economiche e finanziarie e, sul piano interno, ad una difficoltà nello sviluppo economico, ad una arretratezza delle nostre strutture produttive e amministrative. Solo una politica socialista può – e deve – interpretare e progettare il cambiamento di queste situazioni che altrimenti, con la destra, assumerebbero i connotati di una deriva sociale, culturale e democratica. Occorre, dunque, portare a sintesi programmatica la qualità della domanda e dello sviluppo che noi intendiamo proporre indicando strumenti operativi, istituzionali e gestionali coerenti, riportando ad una capacità politica le responsabilità che le sono proprie. Queste sono le sfide per la sinistra ma anche i traguardi verso i quali riannodare quel consenso di lavoratori e cittadini che abbiamo saputo mobilitare e coinvolgere nella decisiva operazione di entrata nell’Euro.
La Firenze in poi il partito dei DS ha avviato un percorso lungo linee generali che noi condividiamo, ma non senza errori, contraddizioni e difficoltà, anche gravi, nei comportamenti, nella gestione e nelle linee politiche, non ultima una assenza di reali capacità di valorizzare storie e culture politiche essenziali proprio per garantire la collocazione del Partito sul versante del socialismo italiano ed europeo. Il Congresso di Torino ha aperto forti speranze e ha compiuto scelte importanti. Ma poco o nulla è stato fatto finora in attuazione di quelle scelte. E’ prevalso ancora un riformismo debole. Un’idea povera di riformismo dove il pur necessario pragmatismo della politica, staccato dal senso e dal valore del cambiamento necessario, si traduce in opportunismo quando non in subalternità.
Il prossimo Congresso rappresenta una tappa decisiva di questo percorso e la sua preparazione vede tra gli eventi positivi il formarsi di aggregazioni politiche che, pur faticosamente, sembrano rappresentare non più solo vecchie posizioni di gestione verticistica ma differenziazioni di ordine politico che noi consideriamo del tutto positive in coerenza con una visione di un partito forte perché pluralista.
Superare la vecchia opposizione all’esistenza di componenti politiche motivate da una diversa proposta riformatrice, rappresenta un elemento positivo e del tutto necessario per la vita interna e per la capacità di rappresentanza del partito della sinistra italiana.
Lungo questa linea si inserisce anche la convinzione della necessità di una cultura delle alleanze che vede nell’Ulivo un elemento non opportunistico ma vincolante ed essenziale. Una sinistra forte in un Ulivo forte rappresenta una convinzione di fondo che richiama la sinistra in primo luogo alla capacità di svolgere il proprio ruolo. Gli errori che hanno portato alle sconfitte elettorali di questi anni hanno pregiudicato questo ruolo e la stessa forza dell’Ulivo. Le posizioni politiche devono ora tradurre una necessità di rinnovamento dei comportamenti, dell’organizzazione e delle responsabilità politiche nel Partito, delle elaborazioni in materia di politica economica, sociale ed istituzionale.
L’economia dei saperi oggi si traduce in una diversa capacità di produrre che deve vedere la sinistra socialista attenta anche ad avanzare l’esigenza di una diversa qualità della domanda. Diversa perché, appunto, più alta e più ricca di valori culturali, ambientali, civili. Ma questa diversa qualità della domanda non può essere disgiunta da una capacità di elevare i contenuti, i diritti e la dignità del lavoro, da una qualità della produzione che può essere guidata dalle nuove forze costituite dalle conoscenza tecnologica, dalla convinzione della coerenza tra sviluppo economico e sviluppo sociale. Tuttavia questo percorso non è automatico e, nel nostro paese, è comunque tutto da costruire partendo da posizioni oggi prevalenti che puntano ad una competizione economica regressiva accrescendo la precarietà del lavoro e riducendo i sistemi di protezione sociale non sapendo operare sul fronte della produzione di innovazioni tecnologiche e di qualità.
Sono queste le linee lungo le quali si costruisce l’identità di un partito socialista e si giocano attualmente le opportunità di uno società più giusta, di uno sviluppo diffuso, civile e culturale o, al contrario, si subisce una deriva classista e antiegualitaria, una bassa qualità dello sviluppo o le discriminazioni sociali, razziali e le tentazioni autoritarie. Il tentativo già in atto di accrescere la divisione del mondo sindacale s’inserisce in questa deriva che deve vedere, invece, la sinistra attenta a recuperare e sviluppare i processi di unità.
Rispetto a questa nostra impostazione dobbiamo riconoscere la necessità di un percorso ancora da sviluppare da parte di tutte le attuali componenti che si presentano al prossimo Congresso.
Tuttavia la necessità di partecipare a questo processo oggi impone una scelta tra le diverse mozioni. In questa situazione rileviamo nella mozione che esprime la candidatura a Segretario del Partito di Giovanni Berlinguer le posizioni nelle quali maggiori sono le aperture e le attenzioni al mondo del lavoro e alle trasformazioni sociali e culturali in atto e, quindi, ad una riflessione che sappia utilizzare anche le capacità del mercato senza subirne i limiti e senza i rischi di un mercato della società civile, dei diritti fondamentali dell’istruzione, della salute, della sicurezza, della legalità. Noi siamo per una politica che sappia coniugare la libertà, i diritti e i doveri dei singoli con la costruzione di istituzioni democratiche, decentrate; per un Paese che partecipi sul piano europeo ed internazionale alla costruzione di processi di pace e di organismi capaci di governare secondo gli stessi principi di uguaglianza e libertà le trasformazioni istituzionali, le relazioni politiche, le presenze e le collaborazioni internazionali.
Sono queste le motivazioni di fondo della nostra adesione, dell’invito a tutti i compagni dell’area socialista per una analoga adesione e per una partecipazione attiva alla costruzione e allo sviluppo dell’identità del Partito.
La candidatura di Berlinguer può, inoltre, aiutare a ribaltare un altro grave limite del Partito: la inadeguata gestione democratica, la scarsa collegialità nella direzione e una quasi inesistente partecipazione degli iscritti alla vitadei DS. Questa caduta democratica ha evidenziato modalità di leadership fondata su personalismi e tendenze oligarchiche al centro ma anche nel corpo del Partito. La resistenza diffusa al cambiamento impedisce l’assunzione delle responsabilità della sconfitta ma, e ciò è ancora più grave, impedisce dicomprendere le dinamiche della società e dei contesti internazionali, riduce la partecipazione dei militanti, esclude apporti e competenze interne ed esterne. Occorre rapidamente superare queste situazioni con una nuova visione disinteressata, aperta e moderna.
La stagione politica che si presenta al partito nel dopo-congresso è segnata nel Paese dalla presenza di un Governo verso il quale prendono evidenza preoccupazioni che vanno oltre alle differenze puramente ideologiche: scarso senso dello Stato, avventurismo sul piano sociale, ampliamento delle divergenze economiche, privatizzazioni dei ruoli pubblici, populismo demagogico, insofferenza autoritaria, pochezza professionale politica, incapacità di lettura dei processi e delle linee di sviluppo economico e sociale, scarsa considerazione internazionale, sono tutti ingredienti che si vanno progressivamente confermando come elementi di fondo dell’attuale coalizione di Governo, dove l’unità trova sempre più il suo denominatore comune nella diffusa incultura democratica.
Compito dell’opposizione non è solo quello di contrastare fermamente questa deriva ma costruire nel paese in modo più incisivo la necessità e i contenuti di una alternativa ravvicinata. Sono in gioco valori generali di una società democratica, moderna ed avanzata, i diritti al lavoro e del lavoro nelle sue varie forme, il ruolo internazionale, la qualità e le stesse possibilità di sviluppo economico, sociale e civile del Paese.
Anche su questi piani il Partito del dopo-congresso dovrà darsi una nuova capacità di elaborazione e rappresentare una alternativa progettuale e programmatica vincente, portando nell’Ulivo più forte una sinistra democratica più unita.
Fausto Vigevani, Renzo Penna, Sergio Ferrari
perAss.ne LABOUR “Riccardo Lombardi”