Penna: “L’importanza del riconoscimento dell’acqua come bene comune”

Beni comuni: “L’importanza del riconoscimento da parte della Provincia di Alessandria dell’acqua come bene comune e patrimonio dell’umanità”

di Renzo Penna

Alessandria, 15 febbraio 2005 

Il concetto di “beni comuni” in economia indica quei beni, quali le risorse naturali esauribili (l’acqua, la fauna, la flora, ecc.), dal cui sfruttamento nessuno può essere escluso. Per questo il problema dei beni comuni era, in origine, quello di stabilire delle regole che permettessero l’uso universale della risorsa prevenendone l’esaurimento. Un esempio è la legge che istituisce il fermo biologico nella pesca. Tuttavia, con il tempo, il concetto si è allargato e con esso gli obblighi che derivano dallo sfruttamento dei beni comuni. Considerando ad esempio l’aria, essa poteva dirsi inesauribile prima dell’era industriale, mentre oggi l’inquinamento ne compromette la qualità e la possibilità di “sfruttarla” per la vita. I processi di privatizzazione di alcuni servizi che distribuiscono i beni comuni mettono inoltre a rischio l’accesso universale agli stessi.

Pertanto si può affermare che la tutela dei beni comuni comporti oggi:

a)       la prevenzione del loro esaurimento; b) il mantenimento della disponibilità della risorsa e della sua qualità originaria; c) l’accesso universale; d) la difesa della proprietà comune del bene; e) il recupero del controllo democratico sulla loro destinazione d’uso e gestione.

In questo campo la maggiore criticità è rappresentata dall’acqua, bene comune per eccellenza in quanto assolutamente indispensabile alla vita. Infatti, sebbene nessuno abbia mai proposto la privatizzazione della risorsa in sé, i processi di privatizzazione che coinvolgono le reti idriche compromettono, nei fatti, lo status di bene comune. Dove gli acquedotti sono stati privatizzati la logica del profitto ha portato a consistenti aumenti delle tariffe, ad un peggioramento della qualità dell’acqua erogata e all’esclusione delle fasce sociali più deboli. Inoltre nei paesi più poveri l’accesso all’acqua è divenuto motivo di conflitti armati: “le guerre dell’acqua”.

Sulla liberalizzazione dei servizi pubblici – compresa l’istruzione, la sanità, l’assistenza, la previdenza e la distribuzione di acqua, gas, elettricità, ecc. – sono in corso accordi internazionali che tendono a renderli aperti alla concorrenza internazionale e, di conseguenza, a privatizzare i servizi pubblici.

La stessa Unione Europea, ispirandosi alle analisi della Banca mondiale continua a proporre la liberalizzazione e privatizzazione dei beni comuni. La direttiva Bolkestein, oltre a condizionare in maniera grave i diritti dei lavoratori, con una impostazione “iperliberista” punta infatti a eliminare tutti i vincoli al mercato interno europeo e non opera alcuna distinzione tra servizi pubblici in generale e quelli essenziali. A questo proposito il prossimo 19 marzo i sindacati della Ces hanno convocato una manifestazione europea a Bruxelles con al centro la lotta contro questa direttiva.

Infine un capitolo di particolare significato è quello della Conoscenza come bene comune: la brevettazione delle idee (il software), l’estensione del copyright ai contenuti digitali, la brevettazione delle formule chimiche (quindi dei principi attivi dei farmaci) e del codice genetico, pongono un forte interrogativo sul futuro del progresso scientifico e tecnologico.

Inserito in questo contesto si comprende certamente meglio il senso e il valore dell’ordine del giorno proposto dalla giunta e approvato dal Consiglio Provinciale di Alessandria il 20 dicembre u.s. sul riconoscimento dell’acqua come bene comune e patrimonio dell’umanità.

Rappresenta, in particolare, l’impegno a sostenere e realizzare i sei principali obiettivi previsti dalla Dichiarazione di Roma del 10 dicembre 2003 che comportano per l’Amministrazione di:

–          impegnarsi a utilizzare, proteggere, conoscere e promuovere l’acqua come bene comune;

–          a mantenere sotto controllo pubblico il ciclo integrato dell’acqua;

–          a garantire la sicurezza dell’accesso all’acqua a tutti i membri della comunità locale, in solidarietà con le altre comunità e con le generazioni future (la quantità minima indispensabile alla vita quotidiana è stimata intorno ai 40 litri di acqua al giorno per persona);

–          a garantire pari accesso alla risorsa in termini di qualità e di quantità a tutti i cittadini applicando un sistema tariffario giusto e solidale, che si basa su tariffe differenziate e proporzionali ai livelli di consumo;

–          a contribuire alla riduzione sul territorio, per quanto di propria competenza, dei prelievi eccessivi sia in campo agricolo e zootecnico, sia industriale;

–          a promuovere il ritorno dell’acqua nei luoghi pubblici, predisponendo ”punti d’acqua” di ristoro, informazione e cultura nei luoghi di incontro sociale (piazze, stazioni, giardini…), per contrastare il consumo di acqua in bottiglia e incentivare una nuova cultura dell’acqua.

Da ultimo è giusto evidenziare come il tema dei beni comuni, che si sta imponendo con grande forza in un contesto internazionale sempre più interdipendente, abbia come presupposto, nelle decisioni, il recupero di modelli di democrazia diretta e partecipata per tutti coloro che hanno diritto all’accesso e al godimento dei beni comuni. Questo è un campo cruciale nel quale la globalizzazione neoliberista ha, e sempre più dovrà avere, delle alternative possibili

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