Beschi: “In ricordo di Sergio Veneziani”

Mauro Beschi – “Caro Sergio, quante volte, soprattutto quando sopravveniva un qualche acciacco, ci siamo chiesti chi dei due avrebbe salutato l’altro. Era una discussione leggera che certamente conteneva una sorta di esorcizzazione di un evento tanto complicato e, poi, davamo per scontato che sarebbe arrivato più in là, molto più in là.
Il destino ha voluto che fossi io a salutarti e, ti prego di credermi, questo saluto è emotivamente il più impegnativo e faticoso che io ricordi. Ho incontrato Sergio nel 1977, in una riunione nella quale si doveva decidere sulla sua candidatura a Segretario Generale della Filtea lombarda.


Nessuno di noi lo conosceva ed eravamo un poco disorientati nel dover decidere senza poter capire di più, oltre che sulla sua esperienza sindacale, sulla sua personalità. Qui ci aiutò una breve pausa che permise a me e a Giovanni Barbieri, allora Segretario dei tessili di Bergamo, di intavolare qualche discorso, naturalmente su argomenti non impegnativi sui quali Sergio esplose in alcune battute fulminanti, ironiche, intriganti, capaci di cambiare il clima e di creare un’empatia contagiosa.
Sergio era un solido e brillante sindacalista che ha assunto ruoli di direzione importanti sia in alcune Categorie (Tessili, Chimici, Pensionati), sia nella Confederazione, partendo da un incarico a Castel San Giovanni, quindi alla CdL di Lecco e, dopo tessili e chimici, con la carica di Segr. Gen. Aggiunto della Cgil lombardia.
Infine il suo lavoro all’Auser. Il suo ultimo amore, perché di amore si è davvero trattato. Quante volte, in questi ultimi anni, lo ho sentito esporre le sue esperienze all’Auser con un entusiasmo e una partecipazione che non era solo passione, era la simbiosi amorosa tra un antico contrattualista e la condizione, i bisogni, il ruolo sociale della terza età.
Ma in tutte queste esperienze il valore aggiunto che lui produceva stava nel dare alla sua direzione una ricerca non dogmatica delle soluzioni, anzi spesso gli piaceva una sorta di creatività anarchica che all’inizio un po’ sconcertava, ma che in effetti era uno stimolo enorme per la ricerca di innovative risposte politiche e contrattuali.
Era un capo non autoritario, gli piaceva la discussione, nella quale entrava sempre con foga e intelligenza, ma, almeno per quanto riguarda la mia esperienza con lui, non ha mai imposto la sua volontà. Voleva e gli piaceva convincere, spiegare, trovare un punto di equilibrio, un compromesso. Questo non per debolezza o accondiscendenza (anzi ha sempre difeso con cocciutaggine le sue posizioni) ma perché dirigere una organizzazione sindacale, per Sergio, non voleva dire comandare, ma far crescere insieme, collegialmente, elaborazione e pratica sindacale.
Vivere, come ha fatto Sergio, una lunga stagione nel sindacato ha comportato soddisfazioni e delusioni ma, come spesso ci capitava di dire, la nostra è stata una vita felice, piena di fatiche ma in grado di permetterci di essere un piccolo strumento nella grande lotta per la giustizia sociale e l’emancipazione dei lavoratori. Si sorrideva dicendoci che stavamo facendo ciò in cui credevamo e che ci piaceva fare ed, in più, ci pagavano pure.
Non posso, nel ricordare Sergio, non far riferimento alla più importante esperienza politica, sindacale e umana che ha caratterizzato la mia vita. Quella nella Segreteria regionale dei tessili lombardi, diretta da Sergio, con, in Segreteria, Lusardi suo vice, Agostinelli, Ghezzi ed il sottoscritto. Cinque persone talmente diverse per posizione politica, carattere, esperienza che sembrava impossibile poter convivere. Sergio, un socialista creativo, M. Grazia Ghezzi, cossuttiana, tosta, aggressiva, Mario Agostinelli, movimentista, brillante e sempre in ritardo agli appuntamenti, io socialista più ortodosso, infine Franco Lusardi comunista moderato, pragmatico, mediatore. Ci ha aiutato anche il contributo di Valeria Tamagni con la sua efficienza, il suo rigore e, talvolta, i suoi rimbrotti severi.
Eppure la marmellata riuscì, fatta di accanite discussioni ma anche di rispetto reciproco, di capacità al confronto, certo acceso e con qualche colpo basso, ma anche rigore intellettuale, generosità e riconoscimento reciproco di errori o valutazioni sbagliate. Il tutto senza rancori, con solidarietà, con la percezione del contributo che la categoria regionale, la più importante del tessile italiano, poteva dare alla azione sindacale nazionale. E questo ha consolidato una amicizia personale che è durata fino ad oggi.
Ma non fu un caso. Quella indimenticabile esperienza è stata possibile certo per un contributo di tutti, ma in particolare per le doti intellettuali ed umane di Sergio, per la sua “direzione gentile”, per la sua capacità di discutere, sdrammatizzare o di inchiodarti con una sua sferzante battuta.
Robe di altri tempi.
Caro Amico, vengo al nostro rapporto, un rapporto tra personalità diverse e, forse, proprio per questo così intenso, roccioso e duraturo.
Ricordo le nostre discussioni durante le comuni vicende sindacali in cui abbiamo affinato sempre più la conoscenza e la comprensione reciproca.
Ricordo il sostegno, e non solo politico e sindacale, quando passai dal Regionale lombardo alla Segreteria nazionale. Ricordo il tuo sostegno nelle discussioni interne, e ce ne furono di complicate, e la solidarietà anche materiale che hai avuto nei miei confronti.
Ricordo, quando le vicende sindacali ci avevano collocato in responsabilità più distanti, le occasioni che cercavamo, vuoi a Roma quando avevi delle riunioni, vuoi durante periodi di vacanza in cui spesso ci incontravamo, per parlare delle nostre visioni, delle nostre scelte o difficoltà.
Ricordo infine le nostre ultime discussioni, così polemiche, accanite, forti, incapaci di condurci a sintesi tanto da far infuriare Graziella che, forse, temeva che qualche screzio ci potesse allontanare. Ma no, nessuna discussione ci avrebbe mai potuto allontanare perché l’attaccamento così forte alle nostre idee, i toni alti e la polemica erano l’altra faccia del rispetto, dell’attaccamento e dell’affetto che univa l’uno all’altro.
Caro Sergio, hai vissuto una buona vita, hai speso, fino all’ultimo, le tue forze ed il tuo ingegno per ciò in cui credevi e con questa tua vita hai suscitato stima, riconoscimento, amicizia e affetto.
Graziella e Giorgia devono essere fiere di questa tua esistenza. Certo una perdita così grande non trova facili consolazioni ma spero che il rispetto e la considerazione che ti hanno circondato possa alleviare almeno un poco la loro pena.
Per me è stato un vero privilegio poter godere della tua amicizia, del tuo affetto, della tua dolcezza, delle nostre discussioni.
Per tutte queste cose ti ho voluto bene, ti abbiamo voluto bene, e per questo non ti dimenticheremo.
Ciao Sergio, e che la terra ti sia lieve.”

Mauro Beschi
Roma, agosto 2019

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Un commento su “Beschi: “In ricordo di Sergio Veneziani””

  1. Non ricordo quando ho conosciuto Sergio, forse è stato agli inizi del 1970 quando ho cominciato a frequentare il PSI e dopo il congresso del 1972 mi sono riconosciuto nel pensiero di Riccardo Lombardi, oltre all’affetto cresciuto nel tempo una cosa non dimenticherò di lui, è stato una persona con cui era possibile “litigare”, (e da quando è nato il PD le occasioni non ci sono reciprocamente mancate), senza che, anche il confronto più aspro, intaccasse la possibilità di riconoscersi e ritrovarsi.

    Vittorio Melandri

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