Cofferati: “Il lavoro al tempo del Covid”

 

 

 

 

Intervista di Alessandro Mauriello a Sergio Cofferati da “tempi moderni” – 12 novembre 2020

La crisi da Covid sta cambiando il lavoro, con quale modalità e in quale direzione sta andando a suo avviso questo mutamento? Cosa dobbiamo aspettarci a breve per ciò che riguarda il mondo del lavoro?

Domanda molto difficile ma proviamo a rispondere analizzando il quadro d’insieme, e poi avendo come focus alcune dimensioni fondamentali per il sistema produttivo, per il carattere di interdipendenza dei fattori.

Ma andiamo con ordine, la crisi sarà credo dal punto di vista sistemico irreversibile, e non sappiamo quanto durerà, non possiamo fare previsioni; ma, ripeto, possiamo fare un ragionamento di sistema sul contesto in essere:

  • stanno cambiando i modelli produttivi, che già in parte erano in asse di trasformazione per via del digitale;
  • cambierà l’organizzazione sociale di impresa con effetti forti sui tempi di vita lavoro e sulla vita psicologica delle persone, poiché, ricordiamolo, al centro del sistema di lavoro vi è sempre la persona con la sua relazione;
  • i modelli commerciali, grande distribuzione organizzata, catene del valore, guardiamo alle nuove forme di lavoro come i riders che abbisognano di un ampio intervento legislativo e contrattuale;
  • nuove forme di consumo per cause demografiche, come le categorie sociali come gli over 65 considerati più a rischio per la crisi sanitaria da Covid;
  • le nuove forme di lavoro come il telelavoro e lo smartworking, elementi nuovi per le parti datoriali avverse storicamente a questo fenomeno in termini di cultura di impresa, costrette dalla crisi a riorganizzare la partecipazione, i gruppi di lavoro, i cicli produttivi, i processi e le attività;
  • un ripensamento del sistema sanitario e di assistenza pubblica, investendo sulla ricerca scientifica in forma preventiva e riducendo lo spazio del mercato, creando filiere innovative per il mercato del lavoro con politiche di sviluppo mirate e con regia pubblica.

Quale sarà il ruolo del lavoro nell’ottica di un nuovo modello di sviluppo?

Abbiamo bisogno di politiche industriali forti che guardino alla via alta dello sviluppo, superando la competizione sui costi che consta di una programmazione orientata all’innovazione organizzativa e industriale, auspicando che questa strategia sia adottata a livello europeo, guardando a un grande presidente di Commissione europea e a un illustre leader Jacques Delors :

  • Investimenti in ricerca di base;
  • Investimenti in trasporti e infrastrutture;
  • Miglioramento del sistema formativo e del capitale umano sul sapere e sul saper fare;
  • Economia e società della conoscenza;

Come giudica la proposta di Landini di un nuovo Patto per il lavoro?

Su questo punto, richiamo la figura del Presidente Ciampi che in un passaggio drammatico del 1993 propose alle parti sociali e al sistema Italia il metodo della concertazione, un patto tra soggetti, sulla strategia di risanamento e di riforme dell’economia italiana sulle politiche economiche. In quella fase fu la soluzione giusta per cooperare, allargando il consenso sulle riforme e ricostruendo senza conflitti sugli obiettivi predeterminati di politiche economiche e di coesione sociale.

 La vittoria di Biden può aprire un nuovo ciclo per il progressismo globale?

La vittoria di Biden apre novità importanti occasioni per superare le follie del suo predecessore sulle varie politiche globali e sui vari dossier che poi si rivelano centrali nei rapporti con l’Ue e con gli altri player di politica estera come Russia e Cina.

Biden è uomo di esperienza consolidata (47 anni al Congresso), ha rapporti e relazioni con le cancellerie europee ed è un esperto di politica estera avendo fatto il vice presidente nell’amministrazione Obama.

 Ci può descrivere la figura di Fausto Vigevani?

Mi scuso ma per me parlare di Fausto è sempre occasione di sofferenza per la sua prematura perdita e per il legame umano che avevo con lui. Fausto era un uomo burbero ma, come spesso capita, dietro a quel tratto ruvido, si nascondeva pudicamente un grande cuore. Un cuore capace di straordinaria passione politica e di profondissimi legami affettivi, nascosti, protetti, mai esibiti.

Era un grande organizzatore, oltre che un dirigente capace di proposte. La sua capacità di organizzare era affinata dalla sua grande capacità di ascolto, soprattutto dalla curiosità, dall’attenzione verso tutti coloro che erano diversi da lui o anche critici della sua stessa esperienza.

Fu uno dei pochi socialisti, insieme a Bruno Buozzi, a dirigere una categoria gloriosa come la Fiom. Questo dà la portata del dirigente sindacale che era e che farà bene anche in politica su molti dossier difficili come energia o fisco come sotto segretario al Ministero del Tesoro.

 

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