Documento approvato dal Comitato promotore del Movimento Sinistra Democratica per il Socialismo Europeo del 15 settembre 2007

245 voti a favore, 5 contrari e 5 astenuti


Documento finale

Dal 5 maggio, quando abbiamo dato vita al Movimento Sinistra Democratica per il socialismo europeo, si è messo in moto un processo nuovo nella sinistra italiana e si è riaccesa la speranza di avere anche in Italia una sinistra unita e rinnovata.
Questo processo tanto più è necessario  perché quello che sta avvenendo è la conferma del nostro giudizio sulla formazione del PD.
Quello che si vede è un aggregato che guarda sempre più al centro dello schieramento politico, come dimostra la teorizzazione delle alleanze di nuovo conio o di una pericolosa presunzione di autosufficienza.
Sul piano sociale l’equidistanza tra lavoro e impresa viene confermata,  proprio mentre è in atto un attacco profondamente ingiusto nei confronti delle confederazioni sindacali, e in particolare della Cgil.
Sul piano culturale c’è il venir meno di una cultura critica, della difesa delle libertà e della laicità dello stato, con segnali preoccupanti come la campagna contro i lavavetri.
Le parole “sinistra” e socialismo sono state abbandonate.
Nel territorio abbiamo sotto gli occhi una contesa fortemente personalizzata, con uno scontro di potere nel ceto politico, che ha come conseguenza anche la marginalizzazione della rappresentanza delle donne.
Per ora l’effetto è di destabilizzazione del quadro politico, e della stessa stabilità del governo.
Il contrario di quanto si teorizzava. L’obiettivo dichiarato è la marginalizzazione della sinistra, che rischia di comportare la fine dell’Unione. A questo progetto la sinistra deve reagire innovando la sua cultura  e la sua pratica politica.
Da qui la nostra scelta strategica: coalizione di centro-sinistra con una forte componente di sinistra dentro l’alleanza. Un’idea di rinnovamento del paese, un’Italia animata e guidata da un blocco progressista la si può avere oggi solo nel quadro di questa alleanza.
Il tema, allora, diventa la sinistra italiana, il suo rinnovamento, la sua unità, perché è un errore pensare al PD come la sinistra moderata a cui si oppone una sinistra antagonista.
Noi ci battiamo per una grande sinistra, una sinistra critica e di governo, una sinistra del lavoro, della cultura, dell’ambiente, della pace, delle libertà, laica e dei diritti, delle intelligenze, una sinistra delle donne come degli uomini, che sappia dare la voce a chi non l’ha, aperta alle sfide di questo nuovo millennio.
Una sinistra non minoritaria, né conservatrice, capace di lotta culturale, di rappresentare i ceti popolari e il lavoro, capace di conquistare  risultati e trovare le mediazioni necessarie senza smarrirsi.
Una sinistra che guarda negli occhi la crisi della politica e l’affronta non solo riducendone i costi ma rimettendo al centro le idee e l’azione collettiva.
Una sinistra collocata nel socialismo europeo e internazionale. Per questo Sinistra Democratica avvierà formale richiesta di adesione al PSE e all’Internazionale Socialista.
Il nostro primo obiettivo è portare nel movimento socialista europeo e internazionale, dove si gioca la partita decisiva, questa riflessione: nell’epoca del capitalismo senza frontiere la scissione fra riformismo e radicalità non solo preclude alla sinistra la prospettiva di un governo davvero riformista, ma apre le porte a spinte populiste e all’assalto dei nuovi fondamentalismi.
La nascita del Partito democratico apre una nuova fase per tutti. Riproporre oggi lo schema delle due sinistre  non ha più senso: il PD non è certo la sinistra riformista, e per tenere aperta la prospettiva di una sinistra grande e ambiziosa occorre coniugare riforme e contenuti radicali, governo e cambiamento.
Un riformismo serio non solo è possibile, ma necessario, se si vuole evitare il peggio.
Il disordine mondiale e la tendenza alle guerre si alimenterà se non  sarà sconfitta la strategia dell’attuale amministrazione USA e una nuova centralità delle Nazioni Unite. Senza un cambiamento del modello economico dominante, si aggraveranno le ingiustizie sociali e le crisi ambientali, fino a compromettere la sicurezza globale e l’equilibrio ecologico del pianeta.
L’Europa non uscirà dalla sua crisi senza un rinnovamento della democrazia e una chiara missione di pace e di giustizia sociale nel mondo.
La politica economica, sociale e di sviluppo sostenibile non uscirà dalla stagnazione in cui si trova senza scelte chiare, coraggiose, innovative: se è giusto affrontare il tema dell’età pensionabile, a maggior ragione è essenziale rivedere le interpretazioni restrittive di Maastricht e il primato indiscusso della Banca centrale europea.
Un riformismo serio non può eludere la drammatica situazione del nostro paese.
L’Italia è su un piano inclinato. Il  debito pubblico  prosciuga risorse e ricchezza. L’illegalità è ormai una consuetudine diffusa che intacca le ragioni del vivere comune e – in alcune regioni d’Italia – della stessa democrazia. La nostra economia galleggia ai margini di quei processi d’innovazione tecnologica e scientifica essenziali per le sfide future.
Pesa sulla società italiana il malessere di milioni di lavoratori dipendenti, giovani precari, pensionati e disoccupati che negli ultimi anni hanno visto diminuire il loro reddito, mentre aumentava la quota di rendite e profitti. Pesa il giudizio negativo su regole e comportamenti della politica, che danno spazio alla crescita di una protesta contro la politica in generale alla quale occorre reagire con una forte iniziativa contro i costi impropri, gli sprechi e i privilegi del sistema politico, e per far valere strumenti e forme di partecipazione popolare. Essenziale, oltre il cambiamento delle regole, sono comportamenti ispirati a rigorosi principi di etica pubblica.
L’Italia è ai confini di una crisi che può investire i gangli fondamentali della nostra democrazia. Ciò obbliga le forze di sinistra, come in altri momenti della nostra storia nazionale, a affrontare i nodi della crisi italiana avendo chiari i percorsi, le alleanze e i compromessi possibili.
Governare perciò non è un problema in più, ma rappresenta un’ opportunità e una necessità sia per incidere sui grandi problemi del capitalismo globale, sia per affrontare le sorti del nostro paese.
La nostra indisponibilità a qualsiasi iniziativa che possa direttamente o indirettamente determinare la caduta del governo Prodi poggia su questa profonda convinzione.
Di fronte però all’innegabile caduta del consenso dei cittadini nei confronti del governo, si rende indispensabile una svolta a partire dalla necessità di dare una risposta al malessere sociale diffuso nel paese. I contenuti sono quelli indicati nel documento comune delle forze della sinistra sulla Finanziaria.
Proprio per questo le critiche non devono essere rivolte a cementare un fronte politico e sociale contro il governo, raccogliendo in una generica protesta tutto e tutti, trascurando le cose buone che il governo ha fatto, da alcune scelte di politica estera alla lotta all’evasione fiscale. Sul protocollo fra Governo e parti sociali confermiamo il nostro giudizio.  Valutiamo in linea di massima positivamente la parte riguardante le modifiche al sistema del welfare, ferma restando la necessità che il diritto al pensionamento di anzianità per coloro che abbiano svolto lavori usuranti sia riconosciuto senza alcun tetto quantitativo e che nella traduzione legislativa siano chiariti aspetti di rilievo essenziale, come quello che riguarda la tutela al 60% dell’ultima retribuzione per le future pensioni dei giovani. Confermiamo altresì il giudizio di insufficienza per la parte che attiene al mercato del lavoro, sottolineando in particolare il carattere per noi non condivisibile delle modifiche prefigurate alla disciplina del lavoro straordinario e dei contratti a termine, che ci impegniamo a contrastare in sede parlamentare avanzando proposte alternative.
Di fronte all’irresponsabilità della parte moderata  della coalizione e al tentativo unilaterale di manomissione  del programma  sarebbe un errore rifluire in un generico fronte protestatario. Da qui la nostra preoccupazione e le critiche di metodo e di merito alla manifestazione del 20 ottobre.

Non ci nascondiamo le difficoltà che incontriamo
Rinnovare e unire la sinistra non è un percorso semplice né scontato.
Occorre coraggio, lotta politica, spirito unitario. Occorre che tutti, come abbiamo fatto noi, sappiano mettersi in discussione.
E la soluzione non è l’assorbimento in qualche casa altrui, perché tutte le case  sono insufficienti e si cominciano a intravedere troppe crepe, e nemmeno la sommatoria delle forze esistenti.
La risposta non sta quindi né nella Costituente Socialista né nella “cosa rossa” di cui si parla. Entrambe nascono confermando l’idea che la sinistra deve restare divisa.
La nostra ambizione è più alta.
Lavorare per un grande soggetto unitario e plurale della sinistra italiana. Dar vita a un vero laboratorio di idee che sappia produrre cultura e politica, mobilitare energie, parlare ai tanti che in questi anni si sono mobilitati, hanno costruito movimenti per affermare i diritti del lavoro, della libertà, della pace, dell’ambiente.
Sappiamo che è difficile.
Si tratta di spezzare quella logica che nel corso degli anni ha moltiplicato le rotture e di superare le rendite di posizione, gli steccati politici e organizzativi che hanno diviso le diverse sinistre.
E’ davanti a noi la possibilità politica e storica di mettere in campo quella massa critica fatta di idee, di uomini e di donne, essenziale per avere una sinistra popolare, e perciò  protagonista e non residuale ora e nel futuro che attende il paese.
E’ un processo che non può essere rinviato.
Tappe e passaggi intermedi hanno un senso se è chiaro l’obiettivo strategico.
Il primo passo  è il lavoro avviato sulla Finanziaria che vede impegnati i ministri e i gruppi parlamentari e che ci auguriamo veda coinvolte tutte le forze della sinistra.
Contemporaneamente, rivolgiamo a tutte le forze politiche e a tutto il popolo della sinistra la proposta della costituente di una federazione alla quale aderiscano partiti, movimenti e singoli cittadini per far valere nella società italiana e nelle istituzioni le ragioni della sinistra. A questa federazione SD intende aderire come forza del socialismo europeo, ed esprime l’auspicio che anche tutte le altre forze politiche che al  socialismo europeo si richiamano partecipino al processo di costruzione di una sinistra italiana che sappia superare le divisioni del secolo scorso. In questa prospettiva chiediamo ai compagni dello SDI un confronto sul programma di Oporto del PSE, per concordarne la traduzione in azioni locali e nazionali.
Riteniamo che si debba lavorare sin da ora, in vista delle elezioni amministrative della primavera del 2008, alla formazione – ovunque sia utile e possibile –  di liste unitarie della sinistra.
In questo contesto è decisiva la funzione nostra, della Sinistra Democratica . Senza il contributo di una forza che culturalmente e politicamente fa parte del socialismo europeo, come noi siamo, non sarebbe neppure ipotizzabile la scommessa di una grande forza riformista e di sinistra. Per questo diciamo autonomia e unità. Autonomia, perché  le nostre idee, la nostra presenza organizzata nel territorio,  la nostra iniziativa autonoma è condizione per lo stesso progetto unitario e   perché una parte importante del popolo di sinistra,  del  mondo del lavoro possa trovare le proprie ragioni per partecipare a una nuova impresa a sinistra. Unità, perché è la ragione e il fondamento della nostra stessa  esistenza.

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