L’Urbanistica del governo Renzi-Alfano-Lupi

vittorio EmilianiDi Vittorio Emiliani, da: Fondazione Nenni Blog – A proposito di idee, identità e avvenire, vorrei sottolineare come il governo Renzi-Alfano rappresenti una rottura palese col pensiero della sinistra democratica in materia urbanistica e invece una continuità, persino esibita, con la “filosofia” berlusconiana in materia. Guardate bene la pubblicità del governo che esalta la decisione di dare ancor più autonomia ai proprietari privati (centri storici inclusi) in materia di lavori di ristrutturazione. In essa si proclama con enfasi: “Decidi tu, è casa tua”. Come se la città non fosse un bene collettivo e il controllo su lavori importanti un fastidio invece statalistico. Essa è la figlia diretta del principio berlusconiano: “Ciascuno è padrone a casa sua”.

Del resto il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, ciellino, è l’autore di un disegno di “riforma” urbanistica che prevede la cancellazione degli standard urbanistici che sono standard di civiltà (tot mq di verde per ogni cittadino, tot mq di asili, ecc.) introdotti soprattutto per iniziativa socialista con la legge-ponte per l’urbanistica nel 1969. Del resto il decreto Sblocca Italia, di cui tanto Renzi si gloria, abbassa o annulla – salvo ricorsi alla Consulta che mi auguro numerosi e incisivi – tutta una serie di controlli delle Soprintendenze sulle grandi opere e non solo.

Siamo così al rovesciamento di una strategia urbanistica che fu in particolare del Psi e della sinistra dc per molti anni e che portò a risultati importanti su quel terreno, dalla legge n. 167 per l’edilizia economica e popolare (ora si parla di Social Housing, ma siamo a quote irrisorie rispetto all’Europa) alla legge-ponte, alla legge sulla casa e via discorrendo. Certo non si giunse mai ad una nuova legge urbanistica, ad una legge-quadro dopo l’istituzione delle Regioni, e però c’era, e c’è, sempre la buona, solida legge urbanistica del 1942 che aveva avuto fra i suoi padri il socialista Luigi Piccinato, allora giovane, cioè un maestro, con altri socialisti come Giovanni Astengo ed Edoardo Detti, dell’urbanistica democratica.

Siamo quindi ad una precisa continuità politico-culturale con le leggi obiettivo berlusconiane, con le leggi Lunardi e così via. Quindi su questo terreno strategico per il Paese esiste già una base programmatica e operativa comune perfettamente integrata fra i due protagonisti del funesto Patto del Nazareno. Qualche tempo fa ero sull’Appia antica il cui primo nucleo – peraltro ben 2500 ettari della Caffarella – venne vincolato, se ben ricordo, nel 1965 a parco dall’allora ministro, socialista, dei Lavori Pubblici, Giacomo Mancini. Un atto che, alla luce del Patto del Nazareno, sarebbe considerato espressione di uno statalismo eversivo e vessatorio, al limite del sovietismo. Mentre fu una sana misura socialista europea. Cos’è rimasto di quella cultura nel Partito Democratico di Renzi? Nulla, o quasi.

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