di Giorgio Ruffolo, la Repubblica, 22 settembre 2010. “C’è chi dice che il Partito democratico non c’è più. C’è chi dice che non c’è mai stato. Sulla sua esistenza grava un peccato originale. Pur di non riconoscersi in una identità socialista questo nuovo partito ha scelto un non-luogo politico esponendosi al rischio, puntualmente verificatosi, di costituirsi come congerie di gruppi e progetti disparati. Parlai allora, esprimendo le mie riserve, di salade niçoise. Il fatto è che le identità politiche non si inventano con brillanti improvvisazioni. Sono storia e memoria, non slogan che degradano la politica in pubblicità. Questa sua condizione di nomade politico si è subito rivelata nella difficoltà di trovare una collocazione politica precisa in Europa e nella pretesa che fossero i partiti socialisti europei a rinunciare alla loro identità in nome di non si sa che cosa.
Ma c’è di più. Il nobile e ambizioso proposito di realizzare la confluenza in una nuova forza politica di due grandi correnti sociali, una sinistra laica e una sinistra cattolica, avrebbe richiesto la elaborazione di un progetto di società come fondamento ideologico del nuovo partito. Il termine ideologia è stato screditato da Marx come «falsa coscienza». E invece, come Bobbio ricorda, deve essere inteso nel suo significato originario, di interpretazione della storia e di ispirazione ideale ed etica della politica. Ora, non si ha neppure la minima traccia, nella breve e tormentata vita del Partito democratico, di un investimento culturale e politico inteso a costruire una ideologia moderna, una proposta di società, un progetto di riforme economiche, istituzionali e sociali capace di concretarla.
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