UN MONDO SENZA AMIANTO

di Renzo Penna

In occasione della 6° giornata mondiale in memoria delle vittime dell’amianto lo scorso 28 aprile si è svolto a Casale Monferrato – promosso dall’Associazione famigliari vittime amianto (AFeVA) e da Cgil, Cisl e Uil – un convegno per affermare “Un mondo senza amianto”.

All’iniziativa hanno partecipato delegazioni provenienti da Stati Uniti, Brasile, Francia, Messico, Spagna, Svizzera, Gran Bretagna e da numerose regioni italiane che, alla conclusione dei lavori, hanno approvato un appello nel quale, tra l’altro, si afferma che:“L’industria dell’amianto è un’industria criminale che ha esposto grandi quantità di persone a rischi mortali pur di conseguire un profitto”. “Domandiamo giustizia” è la forte richiesta finale perché, si legge nel documento, “data la nocività dell’amianto, è indispensabile e urgente eliminarlo completamente dall’ambiente umano”, visto che “sono già avvenute centinaia di migliaia di morti”.

Da qui la richiesta di mettere al bando l’amianto in tutto il mondo per il fatto che solo in 55 Paesi è stato raggiunto questo obiettivo, mentre in grandi nazioni viene ancora estratto e utilizzato. Questa condizione riguarda, ad esempio, la Russia, la Cina, il Brasile, l’India e il Canada, per citare solo i maggiori. Addirittura in Cina, tra il ’79 e il 2009 si è passati da una produzione di 140 mila a 380 mila tonnellate all’anno e in Brasile da 138 mila a 288 mila. E, nel frattempo, oltre 90-100 mila persone muoiono ogni anno nel mondo per l’esposizione all’amianto. Un numero comunque ritenuto “sottostimato, perché le informazioni su questa tragedia umanitaria sono drammaticamente incomplete”. In Italia sono 1200 i casi di mesotelioma pleurico che si registrano nel corso dell’anno.

Uno dei punti dell’ordine del giorno è dedicato in particolare alla ricerca: “Vi è un imperativo morale ad avviare iniziative di tipo medico e scientifico per prevenire l’insorgenza di malattie causate dall’amianto e la ricerca deve avere la più elevata priorità”. A chi, poi, sostiene “l’uso controllato dell’amianto”,  come accade “nei Paesi in via di sviluppo che stanno continuando a usare amianto”,  viene fatto presente che si tratta di “propaganda commerciale che imbroglia le popolazioni non informate e vulnerabili”. I firmatari dell’appello mondiale chiedono anche “alle agenzie internazionali, alle autorità regionali e ai governi nazionali” i fondi necessari “per affrontare nella maniera più esaustiva il lascito negativo dell’amianto” attraverso le bonifiche e sollecitano risorse adeguate per indennizzare tutte le vittime di malattie causate dall’amianto“indipendentemente dal fatto che la malattia si sia determinata per cause lavorative, ambientali, domestiche o di altro genere”.

Le ragioni di un convegno così importante a Casale Monferrato sono legate alla storica presenza della Società “Eternit” che in città ha iniziato a lavorare e produrre manufatti in amianto nel 1907.

Una presenza industriale che ha profondamente cambiato quella realtà portando, prima, lavoro, buoni salari, benessere e che, in seguito, per effetto delle conseguenze dell’amianto sulla salute dei lavoratori e dei cittadini, si è trasformata in un mostro. Responsabile di una tragedia che negli anni ha colpito, tra ammalati e vittime da mesotelioma, otre 2200 persone. Uno stabilimento che è arrivato ad occupare sino a duemila dipendenti  ed è stato fermata nell’87 con una ordinanza del sindaco che ha con un atto di responsabilità vietato l’estrazione, la produzione e l’utilizzo dell’amianto. Cinque anni dopo quell’ordinanza è diventata una legge dello Stato italiano. Una legge ottenuta attraverso la mobilitazione dei lavoratori ex Eternit e sotto l’impulso e la direzione della Camera del Lavoro che ha gradualmente coinvolto le diverse componenti della città ed è diventata, nel corso degli anni, un grande movimento unitario.

Una lotta che ha portato al più grande processo penale d’Europa per morti sul lavoro e ambientali con la presenza di ben 6 mila parti civili costituite. Un processo che dopo due anni di istruttoria è arrivato alla sua fase finale: dal 14 giugno la Procura, le Parti Civili e la Difesa inizieranno la parte conclusiva che si prevede sia ultimata con la sentenza entro l’anno. L’indagine, eccezionale per complessità e dimensione, è stata portata avanti dal Procuratore Raffaele Guariniello e ha dato luogo alla messa sotto accusa del vertice della multinazionale svizzero-belga per disastro ambientale doloso permanente.

Nei quattro stabilimenti coinvolti nel processo: Casale Monferrato, Cavagnolo, Rubiera e Napoli, le vittime sono ormai oltre 3 mila e, con i lavoratori e le lavoratrici, i cittadini che non hanno mai lavorato in fabbrica, ma si sono ugualmente ammalati di mesotelioma risultano essere oltre 600.

La recente sentenza della Società Thyssen Krupp di Torino che ha riconosciuto, per la prima volta a carico degli amministratori, l’accusa di omicidio volontario con dolo per la morte dei sette operai bruciati vivi nell’incidente, si muove nella direzione di un riconoscimento delle reali cause legate alle stragi sul lavoro. Analogamente i due principali imputati del processo Eternit, il barone belga Louis De Cartier e il magnate svizzero Stephan Schmidheiny, devono rispondere di disastro ambientale doloso permanente.

La giornata di Casale si è conclusa nel tardo pomeriggio con 1500 persone che dal centro della città si sono recate in corteo, con alla testa lo striscione della Associazione Famigliari Vittime Amianto, alla spianata dove sorgeva lo stabilimento Eternit, depositando simbolicamente in quel luogo ognuna un fiore bianco in ricordo delle vittime e per non dimenticare le tragiche conseguenze della fibra d’amianto.

Mentre alla sera in un affollato Teatro Municipale è stato proiettato il documentario “Polvere”, realizzato dai registi Niccolò Bruna e Andrea Prandstraller. Un film considerato dal direttore del festival CinemAmbiente, Gaetano Capizzi, “la produzione più importante sull’amianto realizzata in Italia negli ultimi anni”. La storia che racconta “Polvere” e che sarà proiettato il 2 giugno al cinema Massimo di Torino, rappresenta secondo i due registi“anche la storia di Seveso, di Bhopal in India e di tutte le storie in cui un potere economico forte arriva in un territorio, lo devasta e poi se ne va senza pagare i danni”.

Lo lotta di questi lunghi anni portata avanti con straordinaria caparbietà, intelligenza e partecipazione a Casale Monferrato ha anche l’obiettivo che questo per l’Eternit non si debba ripetere.

Alessandria, 11 maggio 2011

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