Fausto Vigevani: il sindacato, la politica – di E.Montali e S.Negri

  1. Copertina bis nuovo libro VigevaniIntroduzione

 dell’Associazione LABOUR “Riccardo Lombardi”

 “La Passione, il Coraggio di un Socialista Scomodo”, edito dall’Ediesse nel 2004 – a un anno dalla scomparsa – racconta con compiutezza l’intero percorso sindacale e politico di Fausto Vigevani: dai primi incarichi di dirigente sindacale nelle Camere del Lavoro di Piacenza e Novara, alla categoria nazionale dei chimici, ai dieci anni nella Segreteria Confederale, alla responsabilità dei metalmeccanici, fino all’elezione nel Senato della Repubblica e all’impegno di Sottosegretario nei governi Prodi e D’Alema. Gli autori si sono occupati ognuno di un preciso periodo.

Se Pasquale Cascella analizza il passaggio dal sindacato alla politica, lo data dalla costituzione dell’Associazione “Labour” e lo segue sino alla conclusione dell’esperienza parlamentare, Giorgio Lauzi caratterizza con passione e partecipazione questo suo ultimo impegno da grande esperto delle vicende sindacali e del lavoro commentando e riportando con profonda conoscenza il periodo nazionale di categoria e quello Cgil confederale, Sergio Negri dedica il suo studio agli anni dei primi incarichi sindacali nelle due Camere del Lavoro e si occupa di coordinare e dare organicità all’insieme della, davvero ottima, pubblicazione.

Perché allora la necessità, l’esigenza, l’opportunità di un nuovo libro dedicato a Fausto Vigevani?

 Quando, come Associazione – insieme ai responsabili della Fondazione “Giuseppe Di Vittorio” –  abbiamo deciso, con la Cgil, di promuovere una iniziativa a dieci anni dalla scomparsa di Fausto la abbiamo da subito immaginata, non come un momento celebrativo, ma come un’occasione utile per riflettere e ragionare sui problemi complessi e drammatici e le difficoltà dell’oggi: del sindacato e del mondo del lavoro, dei partiti – in particolare della sinistra – del sistema democratico e, in generale, del rapporto critico e distante dei cittadini con e dalla politica. In una fase del nostro Paese caratterizzata dall’incertezza e dalla scarsa credibilità dei governi, nella quale si registrano livelli di disoccupazione e di impoverimento che riportano le condizioni della maggioranza degli italiani indietro di decenni. Mentre l’Unione Europea perpetua un indirizzo economico-finanziario fallimentare, di stampo liberista, segnato da una austerità che riduce il lavoro, aumenta le diseguaglianze e impedisce lo sviluppo. Una strategia ideologica che colpisce i diritti, riduce le conquiste sociali e penalizza i ceti medi, producendo rabbia, incertezza sul futuro – soprattutto, nelle giovani generazioni – e che, alimentando le peggiori pulsioni xenofobe, populiste, di chiusura nazionalistica, indebolisce le prospettive dell’Unione politica e prefigura scenari inquietanti per gli stessi assetti democratici europei.

Avendo altresì la consapevolezza che questi ultimi dieci anni sono stati, in larga parte, nel nostro Paese anni persi, anni buttati via. Un periodo nel quale il governo democratico della cosa pubblica, le condizioni collettive, il rispetto delle regole democratiche non solo non hanno fatto passi in avanti, ma hanno registrato una drastica regressione che ha riguardato la qualità del vivere, i diritti delle persone, la solidarietà, le tutele, il valore dei salari e delle pensioni, la precarietà del lavoro e la sua mancanza, l’incertezza nel futuro e, più in generale, lo scadimento della morale e del costume.

Per questo ci è parso e ci pare utile ricordare e riprendere per l’oggi l’attualità delle idee e dei progetti, le anticipazioni nel campo sindacale e politico, sostenute e portate avanti da Vigevani, così come il valore della sua intransigenza etica e la passione per un ruolo alto e nobile della politica nella convinzione che, se e quando il nostro paese uscirà dal declino, questi saranno i valori di riferimento.

Un lavoro – in comune con la Fondazione e la Cgil – al quale hanno collaborato gli amici, i compagni e alcune delle molte personalità che hanno conosciuto Fausto nel suo percorso politico e sindacale. Come ha sostenuto nel suo intervento Carlo Ghezzi al convegno Cgil dello scorso anno[1]: “E’ importante ricordarlo, analizzare la sua figura e la sua opera per riproporle a coloro che lo hanno conosciuto e stimato così come a coloro, sopratutto ai più giovani, che hanno solo sentito parlare di lui e che desiderano approfondire tanti aspetti del robusto contributo che Fausto ha portato nel sindacalismo confederale e nello schieramento progressista italiano… Avvertiamo quanto ci manca… una progettualità solida e coerente con il sistema valoriale nel quale siamo insieme cresciuti… quanto ci manca il contributo di un dirigente, la sua acuta capacità di analisi coniugata con la sua ricerca costante e concreta… di proposte tendenti a fare procedere il progresso e la giustizia sociale.”

 Come già in occasione della prima pubblicazione la ricerca degli scritti di Fausto non è stata agevole perché Vigevani, da persona più interessata all’essere che all’avere, ha sempre trascurato la cura dei propri testi come documenti da conservare e affidare agli archivi. Un’attitudine che, terminato il suo secondo mandato al Senato, lo porterà a decidere di rinunciare al vitalizio da parlamentare e a informare di questa scelta – come racconta nell’intervista la figlia Valentina – i soli i famigliari.  

Tra i testi che più sorprendono per lo sguardo lungo, per la loro capacità di previsione vi è la trascrizione dell’intervento – riportato integralmente – da lui tenuto, ben tre decenni fa, nel corso di un tributo della sinistra socialista a Riccardo Lombardi.[2] Un appuntamento ricco di prestigiose presenze (Vittorio Foa, Giorgio Ruffolo, Paolo Sylos Labini, Luciano Lama, Giuseppe Saragat, Giorgio Napolitano… ) nel quale Vigevani denuncia “la crisi strategica del sindacato e della sua unità.” Una crisi che riguarda, in primo luogo, i ritardi e le difficoltà che si incontrano a far diventare linea reale “la priorità che vogliamo assegnare all’occupazione, perché non siamo ancora in grado di verificare fino in fondo non solo la realtà, ma anche la tendenza…” e a cogliere le differenze che esistono tra i fenomeni della disoccupazione meridionale e il mercato del lavoro dell’Italia settentrionale. Al Nord, in particolare, per governare le ristrutturazioni dei grandi apparati produttivi è indispensabile “una linea che punti alla redistribuzione del lavoro e che faccia della questione degli orari la grande questione per l’oggi e per il futuro.”

Ed è Paolo Leon nel suo contributo all’iniziativa di un anno fa della Cgil che evidenzia come l’importanza centrale che il pensiero di Vigevani assegna all’obiettivo della piena occupazione rappresenti un aspetto originale, legato alla sinistra europea,  ma molto poco alla sinistra italiana ed anche al sindacato. Non solo quello di ridurre il tasso di disoccupazione ma “di considerare la piena occupazione l’obiettivo economico e sociale che meglio di tutti determina la salvaguardia della persona del lavoratore, il progresso economico ed anche la stabilità per l’impresa… Lui pensava che l’impresa fosse comunque importantissima ai fini del progresso dello sviluppo economico e del benessere di tutti.” Ed è sempre Leon a ricordare come, a parte il riferimento al Piano del Lavoro di Di Vittorio, “il termine di piena occupazione non ci sarà mai più nell’elaborazione sindacale e solo adesso che ci troviamo con una disoccupazione vicina al 20%… il tema torna prepotentemente d’attualità. Fino ad epoca recentissima, invece, non era obiettivo di politiche economiche e neanche di politica sindacale.”

Ma quel testo sorprende, e qui la cosa è più nota, anche per il coraggioso ed esplicito rilievo avanzato nei confronti del proprio partito, il PSI, sul tema della questione morale. Otto anni prima dello scoppio di “mani pulite”. Il denunciare in maniera esplicita il fenomeno della corruzione e i rischi di inquinamento nella formazione delle liste elettorali, non deve, in quel periodo, aver reso più semplice il percorso politico-sindacale di Vigevani. 

 Dovendo fare una scelta: “l’assunzione delle ragioni della salute, dentro e fuori i luoghi di lavoro,  e il diritto alla salute come una questione non revocabile, anche di fronte ai più grandi processi di ristrutturazione ed economici che possono investire la società”, rappresenta una costante, uno dei principali elementi – oggi di straordinaria attualità – che hanno caratterizzato l’intero percorso sindacale di Vigevani. Dalla Camera del Lavoro di Novara, alla fine degli anni ’60, come ricorda Ferruccio Danini, dove “avevamo costituito un gruppo di lavoro formato da medici e sindacalisti… I risultati sono stati straordinari… hanno dimostrato che era necessaria e urgente una forte iniziativa sindacale per migliorare le condizioni dei lavoratori e superare i fattori di rischio e le nocività… Questo modo di operare ci ha aiutato a costruire un rapporto molto stretto con la medicina del lavoro, funzionale anche all’intervento nei luoghi di lavoro.”

Alla Filcea negli anni ’70 dove, secondo Sergio Cofferati, nelle ristrutturazioni aziendali “non è mai stata considerata marginale o secondaria la questione della sicurezza dell’ambiente” e il sindacato dei chimici che Fausto dirigeva “non si arrendeva di fronte alla crisi facendo concessioni in materia di sicurezza e salvaguardia dell’ambiente”. Per Cofferati la gestione delle crisi e delle trasformazioni industriali realizzata in quel periodo dalla Categoria e i problemi che riguardavano la sicurezza e la salute delle persone “sono state importantissime e hanno segnato la storia sindacale di quegli anni.”

Un indirizzo che Vigevani ha difeso, praticato e rivendicato – anche nei confronti della propria organizzazione – lungo tutti gli anni ’80, da segretario nazionale della Cgil. Un impegno che bene si evince, a proposito della, per molti versi, tragica vicenda della Eternit di Casale Monferrato per le conseguenze della lavorazione dell’amianto nei confronti dei dipendenti e dei cittadini. E’ il 16 febbraio 1989 quando nel concludere un importante iniziativa pubblica, organizzata da “quella piccola Camera del Lavoro”, Vigevani assume e mette in valore i contenuti di quella lotta sindacale e li fa diventare piattaforma nazionale del sindacato. La Cgil del Piemonte ha di recente recuperato e trascritto la registrazione di quel lontano convegno. Nonostante la qualità scadente del sonoro e le parti mancanti l’intervento di Fausto, interamente riprodotto, è quasi completo e la sua lettura vale più di molte parole.

 A quella battaglia sindacale che nel 1992 portò, con l’approvazione della legge 257, a vietare la produzione e la commercializzazione dell’amianto fa riferimento anche l’intervista di Fulvio Perini il quale, sotto la direzione di Vigevani, seguì il progetto “Tecnologia e salute”. “Ci sostenne contro l’opinione di autorevoli esponenti della Cgil – rivela Perini – quando pubblicammo la necessità di chiudere le stabilimento di Casale… e polemizzò anche con l’attuale Amministratore delegato delle ferrovie dello Stato che, in quel tempo, era in segreteria nazionale del sindacato trasporti e aveva un’opinione differente in merito alla pericolosità dell’amianto presente nei vagoni dei treni.”

E, per sottolineare la visione lunga, lungimirante di Fausto anche in questo campo, è significativo l’episodio, riportato da Gaetano Sateriale, della vertenza territoriale sul ciclo dei rifiuti urbani e industriali della Campania e di Napoli, proposta negli anni ’80, che non si realizzò per le resistenze e le difficoltà frapposte dalla Cgil regionale 

 Molti ricordano di Vigevani l’appassionato intervento alla Conferenza di Organizzazione della Cgil tenutasi a Firenze dal 14 al 16 novembre 1989.[3] Un intervento non particolarmente lungo, ma molto efficace che riassume la sua concezione del sindacato, che ha l’ambizione di operare come soggetto autonomo in una fase storica piena di nuove potenzialità dopo la caduta del muro di Berlino. Quella: “Cgil unita perché autonoma, autonoma perché unita, unita e autonoma perché profondamente democratica” che fa dire a Bruno Trentin – a Genova nel settembre 2004[4] – che “Il sindacato come soggetto politico, unitario ed autonomo era capace proprio per questo di essere un interlocutore scomodo ma necessario di un’alternativa di sinistra nel governo del paese. Non c’era maggiore chiarezza che il rifiuto di immaginare un sindacato collegato, subalterno ad un governo amico e tutta l’esperienza drammatica dei paesi dell’Est ce lo dimostrava.”

E’ certamente l’intervento di Fausto da sindacalista più caratterizzato politicamente che, mentre conferma la scelta irreversibile per l’unità del sindacato, come una grande istituzione autonoma, democratica e pluralista, nello stesso tempo lo indica anche come elemento indispensabile per qualsiasi processo di rinnovamento della società italiana e di costruzione dell’alternativa politica. Da quell’ambizione per un ruolo alto e nobile del sindacato capace, nei confronti dei diversi governi, di evitare le derive della divisione tra i tifosi dell’opposizione ad ogni costo e dei sostenitori acritici, si sono fatti molti passi a ritroso e, con le divisioni, è inevitabilmente cresciuta la difficoltà del movimento sindacale di incidere concretamente sulle decisioni dei governi e a rispondere alle aspettative dei lavoratori.

 Dopo l’uscita dal Psi, dove ha militato per oltre 31 anni, la nascita di “Labour”, nell’ottobre del ’93 a Bologna, ha rappresentato per Vigevani e i compagni che hanno condiviso quel percorso, la naturale prosecuzione, in chiave politica, del discorso tenuto a Firenze. E l’attualità delle finalità istitutive dell’Associazione – che in seguito si è data il nome di “Riccardo Lombardi” – risulta evidente per lo schieramento progressista e plurale cui si rivolge e di cui intende favorire la costruzione, se le si raffronta con gli arretramenti subiti e le mancate realizzazioni di quest’ultimo decennio. In particolare dove si prospetta: “Uno sviluppo economico e sociale che, partendo dalla consapevolezza della rottura del tradizionale rapporto crescita-occupazione-tutela sociale, identifichi le priorità nella lotta per il lavoro, per uno sviluppo sostenibile, per la democrazia economica e industriale, per la valorizzazione delle risorse di intelligenza e conoscenza, per un nuovo stato sociale fondato sulla solidarietà e sulla responsabilità.” E dove si indica di assumere “come orizzonte necessario e vincolo ineludibile per l’azione politica e sindacale la dimensione europea intesa come opportunità per la costruzione di una nuova prospettiva di progresso, lavoro e affermazione dei diritti collettivi e individuali.”

Finalità che, sviluppate, si ritrovano nelle “Riflessioni sulla situazione politica”[5] – documento del giugno 2000, redatto da Vigevani e condiviso da un significativo numero di parlamentari socialisti appartenenti al gruppo della Sinistra Democratica di Camera e Senato – del quale sono riportate le pagine dedicate al Riformismo. Pagine che rappresentano una anticipazione lucida e attualissima delle cause connesse alla finanziarizzazione dell’economia che, a partire dal 2007/‘08, hanno prodotto e generato l’attuale pesantissima crisi internazionale. Con la previsione, oggi avveratasi, che una politica debole, in quanto distante dai valori, la impoverisce, rende i partiti estranei, lontani, autoreferenziali; e da questa crescente lontananza e autoreferenzialità, traggono origine il disinteresse, se non l’ostilità, dei cittadini nei confronti delle istituzioni democratiche e l’astensionismo crescente degli elettori.

Analisi che si ritrovano, come scritte ieri, nell’intervento al Senato per la fiducia al Governo Dini –  del febbraio ’95 – quando, in particolare, si sostiene la necessità di “risanare senza bloccare la crescita” e si sottolinea come la crescita e lo sviluppo del futuro non possono che essere “ecologicamente compatibili”. Uno sviluppo nel quale le politiche energetiche – come racconta il saggio di Fausto Sabbatucci – rivestono un ruolo fondamentale.   

Così come nel documento di adesione dell’Associazione “Labour” alla mozione per il Congresso dei DS “Per tornare a vincere” del settembre 2001.

Dove si rivendica la realizzazione anche in Italia di un grande Partito del Socialismo Europeo come risposta necessaria, nello stesso tempo, alla democrazia del nostro Paese e alla democrazia dell’Europa. E il riferimento e l’adesione, come fatto naturale per una sinistra con cultura di governo, al Pse e all’Internazionale socialista. Elemento, quest’ultimo, che sembra finalmente incontrare il consenso del nuovo gruppo dirigente del Partito Democratico come di SEL.

Una volontà che Bruno Trentin, nel ricordato intervento di Genova del 2004, aveva condiviso: “Penso oggi più di ieri che trasformare i DS nel Partito Socialista Europeo… sia uno di quei messaggi di Fausto che non va smarrito, ed è forse il modo per uscire da tante ambiguità e da ogni forma di trasformismo che egli disprezzava.” 

 In chiusura, la nostalgia per la mancanza in tutti questi anni del contributo sempre originale, delle idee e delle proposte di Vigevani, è espresso dalle domande sui problemi insoluti dell’oggi che i compagni e le compagne di Labour, la sua Associazione, gli rivolgono con una Lettera aperta che elenca nel dettaglio una serie di quesiti e di problemi insoluti. Questioni alle quali, anche questa pubblicazione, attraverso il concorso e il contributo dei molti che sono interventi e ai quali va il nostro sentito ringraziamento, cerca, almeno in parte, di offrire una risposta.  


[1] Roma – CGIL Nazionale, 5 marzo 2013: a dieci anni dalla scomparsa “Fausto Vigevani – il Sindacato, la Politica”

[2] Roma – 27/28 ottobre 1984: Per Riccardo Lombardi – Le strade nuove della sinistra – da “i quaderni di Socialismo Oggi”, supplemento al n.12 del 31/12/’84

[3] Pasquale Cascella, Giorgio Lauzi, Sergio Negri: “Fausto Vigevani – la passione, il coraggio di un socialista scomodo”, Ediesse 2004, a pag. 315 dell’Appendice.

[4] Quaderno di Labour n.10 – giugno 2005: “La lezione di Riccardo Lombardi”, Genova 19 settembre 2004, Festival Nazionale dell’Unità, intervento di Bruno Trentin

[5] Pasquale Cascella, Giorgio Lauzi, Sergio Negri: “Fausto Vigevani – la passione, il coraggio di un socialista scomodo”, Ediesse 2004, a pag. 319 dell’Appendice.

 

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