Penna: “A REGGIO, NORD E SUD UNITI NELLA LOTTA”

A REGGIO: “NORD E SUD UNITI NELLA LOTTA” *

di Renzo Penna – A cinquanta anni di distanza (22 ottobre 1972-2022) ricordiamo la straordinaria manifestazione sindacale di metalmeccanici, chimici, tessili, edili e braccianti della Cgil a Reggio Calabria per la democrazia, la ripresa del Sud e contro i fascisti di “boia chi molla”.

A Genova (29 settembre – 2 ottobre 1972), nel corso dell’Assemblea unitaria dedicata all’elaborazione della piattaforma contrattuale, nasceva la FLM (Federazione lavoratori metalmeccanici) e sulle bandiere rosse le tre lettere prendevano il posto di FIM-FIOM-UILM. La FLM rappresenterà la categoria per 12 anni (1972-1984) nelle rivendicazioni aziendali e contrattuali, a livello nazionale come sul piano internazionale. L’Assemblea di Genova dei metalmeccanici, nella sostanza, approva i contenuti della piattaforma contrattuale che era stata sottoposta alla consultazione delle fabbriche: essa conteneva obiettivi fortemente innovativi come la rivendicazione di un diritto all’informazione preventiva sulle politiche di investimento delle imprese; l’istituzione di un controllo sull’ambiente di lavoro, attraverso la creazione dei registri ambientali e dei libretti individuali, sanitari e di rischio; l’inquadramento unico operai-impiegati in cinque categorie; la retribuzione di 150 ore individuali per le attività di formazione dei lavoratori. Oltre alla richiesta di un aumento salariale di 18.000 lire uguale per tutti, il consolidamento della settimana di 40 ore su 5 giorni lavorativi, 38 ore settimanali a parità di salario per i siderurgici, la riduzione dello straordinario e per le ferie la parità normativa operai impiegati nonché l’avvicina[1]mento per i trattamenti di anzianità.

Quale fosse lo spirito ideale e la volontà che animava la FLM lo si constatò poche settimane dopo, il 22 ottobre 1972, a Reggio Calabria quando, con le Federazioni unitarie dei chimici, dei tessili, degli edili e con il sindacato braccianti della sola CGIL, senza l’adesione della CISL e della UIL, si tenne la Conferenza sindacale del Mezzogiorno e un corteo durato diverse ore sfidò le forze fasciste che da due anni tenevano in scacco la città dimostrando ai calabresi e al paese che Nord e Sud potevano essere uniti e lottare insieme. Agli inizi degli anni Settanta la città di Reggio Calabria, in competizione con Catanzaro per l’attribuzione del Capoluogo di Regione, fu teatro di gravi disordini con blocchi stradali, barricate, occupazione della stazione ferroviaria. La rivolta, strumentalizzata dai partiti di estrema destra e capeggiata dal neo fascista Ciccio Franco, caporione di Sbarre, e in mano ai “boia chi molla”, durò più di un anno fino ad assumere i contorni di una vera e propria in[1]surrezione contro lo Stato. Per Bruno Trentin la vertenza dei metalmeccanici, coincidendo con la lotta più generale per una svolta della politica industriale dei grandi gruppi nel Mezzogiorno, è inseparabile dalla manifestazione di Reggio Calabria: “Gli operai e i braccianti arrivarono da tutta Italia per ribadire la forza della democrazia, sfidando bombe e intimidazioni, verso questo lembo estremo del paese. Usando ogni mezzo, treni speciali, navi, autobus, per sfilare compatti – con alla testa gli operai reggini della Omeca – almeno in 60.000, attraverso Reggio Calabria, rispondendo con la compattezza e mai con la violenza alle provocazioni dei gruppi fascisti che cercavano di intrappolare la manifestazione in uno scontro di strade e vicoli”. La tenuta e lo svolgimento della manifestazione non fu una decisione e un’impresa facile. Se CISL e UIL confederali erano contrarie per ragioni politiche, anche la CGIL era inizialmente riluttante e diede il suo appoggio con molta titubanza. Mentre una parte consistente del gruppo dirigente del Pci considerava l’iniziativa come un’avventura. Tra i delegati e sindacalisti di Alessandria che avevano partecipato il ricordo di quella manifestazione è tuttora vivissimo al pari della commozione.

 Il racconto del viaggio di Bruno Pesce

Nel 1972 Bruno Pesce operava a Valenza dove aveva contribuito alla costituzione della Lega FLM di cui era il responsabile. La sede si trovava presso la CISL, in via Mameli, ma per le riunioni venivano utilizzati anche i locali della Camera del Lavoro. Pesce ricorda molto bene quell’interminabile viaggio in treno verso la Calabria. Il convoglio, partito da Alessandria nel tardo pomeriggio di venerdì, era formato anche dai delegati sindacali e dai lavoratori di Torino e Asti. “In totale eravamo in 1500, il tracciato che doveva seguire il treno era quello della litorale tirrenica e ci precedeva un altro convoglio che comprendeva le delegazioni delle restanti province del Piemonte. Nel mio stesso vagone c’era anche il compagno Mario Mantovanelli della Camera del Lavoro di Alessandria”. Bruno confessa che in quegli anni, per lui, il partecipare alle manifestazioni non rappresentava una fatica, ma era quasi come vivere una vacanza, con la mente libera dalle quotidiane preoccupazioni e la possibilità di condividere con i delegati e i lavoratori una nuova esperienza. Anche per questo difficilmente gli capitava di dormire in treno la notte. “Ricordo – racconta – lo scompartimento dove si era sistemato il gruppo dei lavoratori delle fonderie Siliano di Casale, li conoscevo bene e sapevo che svolgevano un lavoro pesante in un ambiente molto difficile. Avevano provveduto senza risparmio alle vettovaglie dove, naturalmente, il vino non mancava, ma, poco dopo Genova, la maggior parte dei viveri era già stata consumata”. Il treno che procedeva lento nel cuore della notte ad un certo punto, in piena campagna, si bloccò del tutto. “Dopo parecchio tempo che si era fermi senza conoscere il motivo passò un ferroviere che ci spiegò la ragione: c’era stato un attentato, una bomba era stata messa sui binari prima del passaggio del treno che ci precedeva, ma, per fortuna, nessuno era stato colpito. Il traffico però era sconvolto e il nostro convoglio doveva essere dirottato su un’altra linea. Quando svegliai Mantovanelli – continua Pesce – per informarlo di ciò che era successo, che c’era stata una bomba, non mi voleva credere, pensava scherzassi”. Il treno che doveva arrivare a Reggio nella mattinata di sabato giunse in stazione alle 17 del pomeriggio e fu accolto da gruppi di facinorosi che facevano il saluto fascista. “Naturalmente rispondemmo a tono e dalla stazione venimmo indirizzati verso la piazza dove era stato allestito il palco e si erano già tenuti gli interventi dei segretari. Ci fu anche detto che da lì non dovevamo allontanarci. Il nostro corteo, mentre per[1]correva l’anello della piazza, vide Bruno Trentin e il suo nome fu da tutti, più volte, ripetuto. Così il segretario della FIOM salì sul palco e tenne anche per noi un breve comizio. Ma ci dovemmo affrettare perché era già pronto il treno per il ritorno. Con gli operai della Siliano – conclude il suo racconto Bruno Pesce – facemmo appena in tempo ad acquistare per il viaggio da un negozio del pane, del formaggio e una significativa scorta di doppi litri di vino calabrese”.

 “I treni per Reggio Calabria” di Giovanna Marini

Per Enrico Deaglio la manifestazione di Reggio Calabria è rimasta nella storia sindacale italiana anche grazie alla musicista Giovanna Marini “che ha composto, sullo stile delle ballate folk americane, una canzone famosa, intitolata appunto I treni per Reggio Calabria: epopea musicale, senza pause per quattro minuti e mezzo, difficilissima prova vocale, è stata definita la più grande ballata politica italiana o anche la Spoon River dei metalmeccanici”. 148 In una recente intervista la popolare cantautrice ha ricordato che ad insistere perché partecipasse alla manifestazione di Reggio era stato Bruno Trentin, con il quale condivideva la passione per le arrampicate in montagna. 149 Il testo che segue (senza punteggiatura per rispettarne il ritmo) è solo la parte finale della canzone che testimonia la coraggiosa decisione degli operai dell’Omeca di superare le incertezze e i timori dei dirigenti sindacali se attraversare o meno la città, sfidando i fascisti che si erano scaglionati lungo il corso principale. I metalmeccanici di Reggio ruppero, infatti, gli indugi e presero la testa del corteo al grido “Nord e Sud uniti nella lotta”.

 La Calabria ci passa sotto i piedi ci passa Dal tetto di una casa una signora grassa Fa le corna e alza la mano E un gruppo di bambini Ci guardano passare E fanno il saluto romano Ormai siamo a Reggio e la stazione È tutta nera di gente Domani chiuso tutto in segno di lutto “Attento Ciccio Franco a Sbarre!” E alla mattina c’era la paura E il corteo non riusciva a partire Ma gli operai di Reggio Sono andati in testa E il corteo si è mosso improvvisamente È partito a punta come un grosso serpente Con la testa corazzata I cartelli schierati lateralmente L’avevano tutto fasciato Volavano sassi e provocazioni Ma nessuno s’è neppure voltato Gli operai dell’Emilia Romagna Guardavano con occhi stupiti I metalmeccanici di Torino e Milano Puntavano in avanti tenendosi per mano Le voci rompevano il silenzio E nelle pause si sentiva il mare E il silenzio di quelli fermi Che stavano a guardare O ogni tanto dalle vie laterali Si vedevano i sassi volare E alla sera Reggio era trasformata Pareva una giornata di mercato Quanti ab[1]bracci e quanta commozione Il Nord è arrivato nel meridione E alla sera Reggio era trasformata Pareva una giornata di mercato Quanti abbracci e quanta commozione Gli operai hanno dato una dimostrazione.

Dopo la manifestazione le Confederazioni proclamarono uno sciopero generale di protesta contro gli attentati fascisti. La riuscita di quella mobilitazione per l’unità dei lavoratori del Nord e del Sud e a presidio della democrazia consentì ai partiti e ai sindacati, a Reggio come in tutta la Calabria, di riconquistare l’agibilità democratica e fece notevolmente aumentare la considerazione del movimento sindacale nella vita politica del Paese. Per il rinnovo del Contratto gli scioperi iniziarono a novembre ’72 e il 22 del mese, a Milano, si svolse una imponente manifestazione alla quale, provenendo da tutta Italia, parteciparono 200 mila metalmeccanici.

* L’intervento, con alcuni adattamenti, è tratto da “Il Lavoro come Valore – Quando c’era la F.L.M. Gli anni delle lotte sociali, delle tensioni, dei diritti e dell’unità (1968-1980)”, edito da “Falsopiano”, aprile 2022

Alessandria, 24 ottobre 2022

Spread the love

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *