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Penna: “IL MIO RICORDO DI FAUSTO VIGEVANI”

IL MIO RICORDO DI FAUSTO VIGEVANI

di Renzo Penna – 10 marzo 2021

Chi per primo mi ha parlato di Fausto Vigevani è stato, nei primissimi anni ’80, Guglielmo Cavalli, Segretario responsabile della Camera del Lavoro di Alessandria, socialista, la persona che più si è adoperata per favorire il mio impegno, a tempo pieno, nel sindacato.

Cavalli di Vigevani apprezzava, in particolare, le sue declinazioni del tema dell’unità: l’unità interna alla CGIL, quella dei soggetti presenti nel mondo del lavoro, l’unità sindacale e quella della sinistra. Fausto, quando nel novembre ’81 entra a far parte della segreteria Confederale, ha alle spalle otto anni nella categoria dei chimici, di cui gli ultimi quattro da Segretario generale.

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Bolognesi: “Matteotti, un riformista rivoluzionario”

Giacomo Matteotti, un riformista rivoluzionario

di Antonio Bolognesi

“Ho scoperto chi era veramente Giacomo Matteotti più di vent’anni fa per caso. A Ferrara su una bancarella fra i libri di storia mi attirò un titolo “Per Matteotti” e soprattutto l’autore Piero Gobetti. Di Matteotti allora avevo una conoscenza superficiale: il martire dell’antifascismo, il riformista turatiano. Ma la parola riformista anche allora non era tanto di moda nella sinistra e non solo fra i comunisti. Mi ricordo che Riccardo Lombardi, in una delle sue assemblee alla Galleria d’Arte Moderna di Torino, negli anni ’70 ci spiegò che lui non si considerava un riformista ma un riformatore. Come dire non c’entro niente con Turati e Matteotti e da lombardiano di ferro non potevo che condividere. Ma tornando alla bancarella non mi risultavano collegamenti fra i due grandi antifascisti e incuriosito lo comprai. Era un piccolo libro dal costo di 10.000 lire, che gelosamente conservo, e la cui lettura mi coinvolse fin dall’inizio.

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Tronti: “La questione salariale”

Di Leonello Tronti* – 17 gennaio 2021

“È dal primo gennaio 1991, quando entrò in vigore la seconda e definitiva disdetta della scala mobile da parte di Confindustria (presidente Sergio Pininfarina), che il potere d’acquisto delle retribuzioni dei lavoratori italiani è entrato in un tunnel di stagnazione di cui ancora oggi, ventotto anni dopo, non si intravede la fine. Quando nel luglio 1993 venne varato l’impianto di contrattazione delle retribuzioni a due livelli tuttora in vigore, la scala mobile fu definitivamente sostituita dal contratto nazionale di categoria (primo livello), che prevedeva una politica salariale d’anticipo basata sull’aggancio dei minimi contrattuali per qualifica a obiettivi di inflazione condivisi tra governo e parti sociali (dal 2009 su livelli di inflazione previsti, prima dall’Isae e ora dall’Istat). La possibilità che il potere d’acquisto dei salari crescesse veniva affidata alla contrattazione decentrata (secondo livello), che non è mai stata disponibile a più del 20-25% dei lavoratori delle imprese.

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Ferrari: “Innovazione tecnologica e Paolo Sylos Labini”

Quello che segue è il racconto di Sergio Ferrari sul suo rapporto con Paolo Sylos Labini e la discussione con lui avuta sull’innovazione tecnologica. L’intervento è stato pubblicato dall’Associazione dedicata a Sylos Labini (www.syloslabini.info) in occasione del centenario della nascita.

“Nel 1974 mi capitò, nel corso della mia attività all’ENEA, di essere incaricato di “mettere assieme” una serie di laboratori di natura scientifica completamente diversa – dalla chimica analitica, alla strumentazione elettronica, dai nuovi materiali al calcolo scientifico, alla robotica, ecc, ecc. Un totale di circa 800 persone, escluse quelle dedicate alla fusione nucleare, che inizialmente erano state inserite in quella operazione, ma che ben presto – e giustamente –  vennero staccate e rese autonome. Non sto a spiegare le motivazioni di un tale provvedimento, certamente non da me auspicato. Fatto stà che sin dall’inizio la domanda su che cosa avrei dovuto fare mi si pose con grande evidenza ma anche senza un precedente o un qualche riferimento a cui ispirarmi.

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Cofferati: “Il lavoro al tempo del Covid”

 

 

 

 

Intervista di Alessandro Mauriello a Sergio Cofferati da “tempi moderni” – 12 novembre 2020

La crisi da Covid sta cambiando il lavoro, con quale modalità e in quale direzione sta andando a suo avviso questo mutamento? Cosa dobbiamo aspettarci a breve per ciò che riguarda il mondo del lavoro?

Domanda molto difficile ma proviamo a rispondere analizzando il quadro d’insieme, e poi avendo come focus alcune dimensioni fondamentali per il sistema produttivo, per il carattere di interdipendenza dei fattori.

Ma andiamo con ordine, la crisi sarà credo dal punto di vista sistemico irreversibile, e non sappiamo quanto durerà, non possiamo fare previsioni; ma, ripeto, possiamo fare un ragionamento di sistema sul contesto in essere:

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Penna: “LA SANITA’ PUBBLICA: UN INVESTIMENTO, NON UN COSTO”

di Renzo Penna, 7 novembre 2020

Con l’impetuosa e, nelle dimensioni, imprevista ripresa del contagio sono numerosi i commentatori che, nel denunciare i ritardi, chiedono per quale ragione nei mesi estivi il Governo e, aggiungo, le Regioni non abbiano adottato tutti i provvedimenti necessari a mettere il Sistema Sanitario nelle condizioni di affrontare con minore affanno le conseguenze della pandemia.

L’impressione, però, è che molti trascurino ciò che è successo negli ultimi vent’anni, quando la Sanità pubblica nazionale è stata oggetto di un sistematico smantellamento perseguito con radicali tagli negli investimenti e nella progressiva riduzione del personale, sia medico che infermieristico. E a parlare sono i numeri: in Italia il rapporto tra spesa sanitaria e Prodotto interno lordo (Pil) è al 6,6%, tra i più bassi d’Europa. Tre punti meno di Germania (9,6%) e Francia (9,5%) e molto meno di Svezia (9,1), Olanda (8,2%) e Regno Unito (7,6). Solo Spagna e Grecia hanno una spesa inferiore alla nostra (rispettivamente 6.3% e 5,1%), insieme a diversi Paesi dell’Est. Persino nazioni come la Svizzera, con un sistema sanitario che in prevalenza si basa sul finanziamento privato, spendono per la sanità pubblica parecchio più di noi (7,7%).[1]

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Agostini: “La sconfitta alla Fiat”

Marcia dei 40mila, la sconfitta
alla Fiat non fu colpa di Lama

di Luigi Agostini 

Elias Canetti sostiene che quando le grandi forze non hanno qualcosa da dire, ricorrono alla celebrazione di qualche anniversario. Il grande scontro degli anni 80 tra Sindacato e Fiat non appartiene a questa serie di eventi celebrativi, sia per la fase che chiude che per la fase che apre. Da parte sindacale lo scontro è condotto dalla FLM, che ne uscirà ferita a morte: la FLM è stata il prototipo di una forma sindacale originale, il sindacato dei consigli; è stata l’esperienza di massa più ricca della storia d’Italia, tra il sindacalismo cristiano ed il sindacalismo di formazione diciamo marxista, almeno  nella parte più consapevole; è stata infine l’anima e la struttura del grande incontro tra le masse operaie e studentesche che, a partire dall’autunno caldo, ha sorretto il movimento sociale di più lunga durata del Paese.

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Giudice: “IL RIFORMISMO RIVOLUZIONARIO DI LOMBARDI”

di Giuseppe Giudice, 19 settembre 2020

Nell’anniversario della scomparsa di Riccardo Lombardi (18 settembre 1984).

“Diverse volte ho scritto sull’argomento. Oggi lo riprendo. Gaetano Arfè scriveva che Turati, Treves e soprattutto Matteotti, rifiutarono sempre l’attribuzione della pubblicistica rivolta a loro di essere riformisti. Pochi sanno che questi tre esponenti importanti del socialismo italiano, furono critici con il “revisionismo” di Bernstein . Non so neanche se Bernstein si definisse o meno riformista, ma questo è un altro discorso. In realtà la pubblicistica confondeva il riformismo con il gradualismo. Vale a dire l’ipotesi del superamento graduale del capitalismo verso il socialismo.

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Davide Vanicelli: “La povertà educativa”

Il quotidiano “Libertà” di Piacenza ha pubblicato questo intervento di Davide Vanicelli, presidente dell’Associazione “Labour Fausto Vigevani”  

“Tra le drammatiche conseguenze della crisi economica e sociale innescata dall’emergenza COVID vi è la tragedia della povertà educativa che priva numerosi bambini delle risorse fondamentali in termini di istruzione e nega loro un futuro di piena cittadinanza attiva e consapevole all’interno della comunità in cui vivono.
Per affrontare adeguatamente questo problema sarebbe sufficiente ricordare che l’ISTAT e molti altri istituti di ricerca stimano un raddoppio dell’incidenza di questo fenomeno a causa dell’emergenza COVID.

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Valdo Spini: “Perché i Rosselli parlano ancora a questa Italia”

A 83 anni dall’assassinio dei fratelli Rosselli, Valdo Spini ha pubblicato un’interessante riflessione sull’attualità del loro pensiero.*

“Il socialismo liberale è una dottrina politica elaborata da Carlo Rosselli. Una conciliazione impossibile tra due sistemi di pensiero apparentemente incompatibili? No, perché una conciliazione è avvenuta, per esempio, con il governo laburista britannico del 1945-1951, dove un partito socialista aveva sussunto nella sua azione di governo le proposte di due liberali, in senso anglosassone naturalmente, come Keynes e Beveridge. Una vicenda, peraltro, descritta eloquentemente nel film di Ken Loach, The spirit of 1945.Ma anche nell’Italia del centro-sinistra degli anni Sessanta ha agito una corrente socialista-liberale, intesa come sintesi tra il filone socialista di Riccardo Lombardi, quello cattolico di Pasquale Saraceno e quello laico di Ugo La Malfa.

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